Genny 'a Carogna superstar: verità sugli ultras
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Genny 'a Carogna superstar: verità sugli ultras

Il capobastone napoletano racconta la sua verità: la maglietta per sostenere una ragazza che chiede la revisione del processo. Nessuna offesa.

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5 Maggio 2014 - 10.48


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Il giorno dopo la notte della vergogna fuori e dentro l’Olimpico, parla Genny ‘a Carogna che ha detto: «Quelle che sono state scritte sono tutte sciocchezze. Hamsik è venuto da noi solo per rassicurarci sulle condizioni del nostro amico, per dirci che stava meglio. Lo stesso messaggio che ci hanno dato le forze dell’ordine. Noi abbiamo parlato con tutti, con calma e rispetto, senza minacce o provocazioni. Non c’è stata alcuna trattativa tra la Digos e la curva partenopea sull’opportunità di giocare o meno la partita. Il resto sono invenzioni dei giornalisti».

L’intervista rilasciata da Genny ‘a Carogna al Mattino, dopo la partita di sabato scorso all’Olimpico. «Quello che è successo – aggiunge – è inaudito, non era mai accaduto che qualcuno sparasse ai tifosi. Di tutto questo sembra non importare niente a nessuno. Ma non abbiamo minacciato nessuno e non abbiamo detto di non giocare. Nè avremmo avuto il potere per farlo. Noi non possiamo decidere nulla». «Subito dopo il primo gol – prosegue – molti di noi sono andati via. Più che del Napoli ci interessava di quel ragazzo in fin di vita. Perciò siamo rimasti tutta la notte in ospedale». Sulla dinamica del ferimento, spiega: «Ci stavamo dirigendo verso la curva Nord dell’Olimpico scortati dalle forze dell’ordine. Poi è successo l’inferno, abbiano sentito i colpi e ci siamo accorti che tre di noi erano rimasti a terra. Una cosa del genere non si era mai vista, pure quando uccisero quel tifoso all’Olimpico, Paparelli: allora non spararono un colpo di pistola, ma un razzo che purtroppo gli finì in un occhio».

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Il caso della maglietta

Sulla maglietta che inneggiava al giovane condannato per la morte dell’agente Raciti negli incidenti al di fuori dello stadio di Catania, Genny spiega che non si tratta di un gesto di sfida: «la maglietta è in onore di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari».

C’è da notare curiosamente, l’analogia tra le spiegazioni della carogna e quelle dell’applauso del Sap. In tutti e due i casi, l’ultrà e i poliziotti, sembrano non accettare le sentenze passate in giudicato, appellandosi a non meglio precisate verità e richieste di revisione dei processi. Segno che, anche se apparentemente stanno da parti opposte della barricata, ogni componente, branco o setta, difende il suo territorio e cerca di tenerlo immune dalle leggi.

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