Mafia a Ostia: “Devo sistemà il presidente”
Top

Mafia a Ostia: “Devo sistemà il presidente”

Le intercettazioni telefoniche testimoniano il potere dei clan nell’ex amministrazione del Municipio XIII, oggi X.

Mafia a Ostia: “Devo sistemà il presidente”
Preroll

redazione Modifica articolo

4 Novembre 2014 - 19.07


ATF
di Stefano Marzetti

Mafia a Ostia. Non è una novità. Triste realtà. Oggi nove arresti. In manette anche l’ex dirigente dell’ex XIII (periodo che va dal 2011 ad aprile del 2013), Aldo Papalini. Le accuse: abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti, falsità ideologica, concussione e corruzione. Oltre a una serie di reati finanziari. Intercettazioni telefoniche contenute nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice delle indagini preliminari, Alessandra Boffi. Una conversazione tra lo stesso Papalini e Amerigo Olive, ex assessore ai lavori pubblici. Il giudice la definisce “particolarmente interessante”.

Le intercettazioni. Nell’ordinanza si legge – come riportato dall’Asca – che i due al telefono “accennano in modo estremamente cauto a probabili fatti di corruzione e ripartizione dei compensi”. Nello stralcio della chiacchierata Papalini chiede: “È poca roba? Tre o quattro mozzarelle? No, meno…”. Più avanti aggiunge: “Non è possibile parlare con Recchia, perché Recchia il prosciutto… Li ha dati! Che cazzo je vado a di’, mo?”. Olive a quel punto risponde: “Io lì devo sistemà il presidente”. E più avanti rileva: “Ma er culo dell’assessorato è sempre er mio… eh… Io capisco”. Ancora nell’ordinanza del giudice si è posto l’accento su “l’intollerabile contrasto” tra i comportamenti individuati, di corruzione, e la funzione svolta a servizio di una pubblica amministrazione.

Leggi anche:  Pio La Torre e Rosario Di Salvo: la memorie preziosa delle vittime di mafia

La vicenda. Al centro della vicenda l’affidamento di uno stabilimento molto noto a Ostia, l’Orsa Maggiore. Per molto tempo del Cral delle Poste e poi affidato in men che non si dica a un’azienda costituita ad arte. Gli inquirenti, che contestano anche l’aggravante del metodo mafioso, ritengono che gli indagati finiti in carcere o ai domiciliari hanno realizzato le loro condotte criminose “per agevolare il clan Spada, federato ai Fasciani, ed egemone nel territorio di Ostia”.

Gli arrestati. In carcere, grazie a un’operazione congiunta polizia-carabinieri, sono finiti: come suddetto Aldo Papalini, 66 anni, già direttore dell’ufficio tecnico e dell’unità operativa Ambiente dell’ex XIII municipio; Armando Spada, 47 anni, ritenuto punto di riferimento del clan e chiamato ‘capo mafia’ in alcune intercettazioni. In carcere anche Cosimo Appeso, 49 anni, luogotenente della Marina militare. In regime di arresti domiciliari sono stati messi: Giovanni Recchia, 49 anni; Antonio Amore, 81; Damiano Falcioni, 30; Ferdinando Colloca, 48; Matilde Magni, 56; Angelo Salzano, 53. Gli investigatori ricordano come il boss Carmine Spada sia stato arrestato nel luglio 2013 durante l’operazione ‘Nuova Alba’.

Leggi anche:  "Meglio in carcere che a casa con mia moglie": torna in cella un 33enne evaso dai domiciliari

Parla il pentito. Quanto scritto dal gip non lascia dubbi: Gli Spada e i Fasciani “gestiscono gli appalti di Ostia”. A parere di chi indaga in questo modo la mala agrigentina del clan Caruana Cuntrera avrebbe allungato i propri artigli sul territorio del Lazio. A fare chiarezza sulla criminalità organizzata del litorale romano, il pentito di mafia Sebastiano Cassia.. “Ho avuto modo di incontrare due volte i fratelli Cuntrera a casa dei Triassi – ha spiegato Cassia agli investigatori – una volta a casa di Vito, l’altra da Vincenzo, nel 2006-2007 e ho avuto modo di constatare che Cuntrera davano ordini ai Triassi rispetto al traffico di cocaina e all’usura”. Cassia quindi ha aggiunto: “Per due volte, una direttamente e una tramite i Triassi, mi venne chiesto dai Cuntrera di commettere per loro degli omicidi nei confronti dei rappresentanti della famiglia Spada di Ostia dediti in prima persona alle attività dell’estorsione e dell’usura”.

Il presidente del nuovo Municipio. Andrea Tassone, presidente dell’attuale Municipio X, precisa che l’inchiesta riguarda un periodo antecedente l’insediamento della sua amministrazione. E si scaglia contro “quanto riportato da un autorevole quotidiano romano”. Tassone, in sostanza, denuncia la volontà di screditare “chi lavora nel rispetto della legalità e, soprattutto, della cittadinanza. Ho letto di presunte irregolarità nei lavori per i marciapiedi di Centro Giano. Mi sento di chiedere scusa ai miei cittadini, non per quanto è stato scritto, ma perché purtroppo non esistono marciapiedi nel quartiere in cui vivo”.

Leggi anche:  "Sono caduto in un burrone con la moto", ma era una scusa per giustificare l'evasione dai domiciliari: arrestato

Il grazie del sindaco Marino. “Voglio ringraziare la Procura della Repubblica di Roma, la polizia di Stato, i carabinieri, la guardia costiera e la Direzione distrettuale antimafia”, ha detto il sindaco Ignazio Marino. Secondo cui è “estremamente importante far sentire alle forze dell’ordine, impegnate nel Municipio X, tutto l’appoggio e la gratitudine di questa amministrazione nella difficile battaglia per il ripristino della legalità”.

Native

Articoli correlati