Dalle baracche alla tendopoli: Cosenza sgombera il suo storico campo rom
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Dalle baracche alla tendopoli: Cosenza sgombera il suo storico campo rom

L’insediamento fatiscente sul fiume Crati, nato 10 anni fa, sarebbe popolato da 600 persone, ma le tende previste sono per ora in grado di ospitarne 200.

Dalle baracche alla tendopoli: Cosenza sgombera il suo storico campo rom
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5 Giugno 2015 - 15.34


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“Saranno tutti sgomberati, nel giro di dieci giorni”. Sono le previsioni dell’amministrazione comunale di Cosenza sul futuro della comunità rom che vive nella baraccopoli, sulle sponde del fiume Crati. Insieme a loro saranno sfrattati anche gli ottanta ospiti del Ferrotel, edificio requisito dal Comune per dare un tetto agli sfollati, evacuati dopo l’incendio di una parte del campo. L’amministrazione guidata da Occhiuto, per la prima volta a Cosenza, decide di affrontare di petto la spinosa questione dello storico campo rom. “Ciò consentirà di mettere fine ad una situazione vergognosa e non più tollerabile, sia per la sicurezza degli stessi nomadi che per la sicurezza sociale della città, per la legalità e per il decoro urbano”, si legge in una nota del comune di Cosenza.

Il campo. La baraccopoli sulle sponde del fiume Crati, nella periferia della città, ospita da dieci anni una comunità composta in gran parte da rom romeni. Ma ci sono anche rom di origini bulgare e montenegrine. Di anno in anno la presenza degli abitanti nel campo è cambiata. Alcuni sono andati via. Altri sono arrivati e si sono stabilizzati nelle baracche rimaste vuote, con le loro famiglie. “Sebbene un vero e proprio censimento non ci sia stato, gli abitanti del campo si aggirano intorno alle seicento persone. I bambini sono circa duecento”, afferma Luigi Bevilacqua, rom cosentino attivo nelll’associazione “Lav Romanò”. Insieme alla comunità rom, da quattro anni, vivono anche tre missionarie. Una presenza discreta, che ha il compito di portare sostegno agli abitanti della baraccopoli.

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L’emergenza. Il campo, proprio per la sua ubicazione sulle sponde del fiume Crati, è a forte rischio idrogeologico. L’area è stata classificata “R4”. Una piena potrebbe spazzare via le baracche e mietere vittime, in qualsiasi momento. La situazione igienico-sanitaria dell’insediamento, inoltre, è disastrosa. Cumuli di rifiuti accatastati sul ciglio della strada e continua combustione di gomme e spazzatura rendono la permanenza difficile. Ma questa non è la sola ragione che ha spinto il comune di Cosenza ad affrontare la difficile questione dell’insediamento. “Il nostro è un intervento d’emergenza”, afferma l’ingegnere Marcello Falbo, membro dello staff del sindaco. “Ma bisogna anche contare gli abitanti. Capire quanti sono. L’ultimo censimento fatto dai vigili parla di 280 persone. Questo sgombero è anche un modo per entrare nel campo e vedere cosa c’è, in maniera seria. Spesso viene ritrovata della refurtiva e ci sono situazioni di criminalità, mai affrontate realmente”.

La tendopoli. Da tre giorni sono cominciati i lavori di allestimento del campo attrezzato, nello spiazzale che si affaccia sulla stazione ferroviaria di Vaglio Lise. E sui social network non mancano i parallelismi con il “modello Odevaine”, protagonista dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”. “La nostra è un’operazione concertata con le associazioni di volontariato e le forze dell’ordine” continua l’ingegnere Falbo. “Abbiamo previsto una tendopoli composta da 20 tende doppie, che si dividono in due scomparti. Ce ne sarà una per i volontari e una, molto grande, per le attività svolte dalla comunità. Abbiamo calcolato una capienza di circa 200 persone, ma si può ingrandire. Ci saranno dieci bagni, dei lavatoi, delle docce. E’ un campo standard della protezione civile”.

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L’intento dell’amministrazione è quello di sgomberare le persone dal campo. Per poi capire quante persone avrebbero diritto all’accoglienza. “Non tutti potranno accedere alla tendopoli. Chi ha precedenti penali, fogli di via e non è regolare, sarà affidato alle autorità competenti”. Sperando che qualcuno degli sfollati vada altrove, spontaneamente. Il campo sarà controllato h24. Ed è previsto al suo interno un presidio medico per i suoi abitanti. Alle proteste di associazioni e movimenti cosentini, contrari alla soluzione delle tende, l’ingegnere Falbo risponde: “La tendopoli non è certo una situazione peggiore di quella in cui i rom si trovano oggi”.

Il futuro. Che le tende non siano viste di buon occhio da associazioni e rom non sembra scalfire i progetti dell’amministrazione. Ad oggi non è stato ancora programmato un dopo-tendopoli. Gli unici progetti riguardano la messa in sicurezza delle sponde del fiume Crati. L’area in cui oggi sorge la baraccopoli sarà riqualificata. “Il centro storico di Cosenza cade a pezzi”, conclude l’ingegnere Falbo. “Non ci sono solo i rom. Molte famiglie cosentine hanno bisogno di nuove soluzioni abitative. E il comune non riesce a dare risposte a tutti i richiedenti. Dare una casa alle famiglie rom sgomberate, per il momento, non è possibile”.

Tende inumane. La reazione di Bevilacquaè esplicita: “Umanamente! Parliamo da esseri umani. 15 persone in una tenda, con una cucina comune, quattro docce e dieci bagni. Tutto questo per più di duecento persone. Vi sembra possibile?”. E spiega come le molte associazioni che orbitano intorno al campo rom di Cosenza si siano invece attivate per fare le proprie proposte al comune, in alternative alle tende. “Abbiamo proposto di ospitare i rom che saranno sgomberati dal ferrotel e dal campo in alcuni edifici disabitati, di proprietà del comune. Possibilmente non mettendo solo i rom, ma anche immigrati e famiglie cosentine in difficoltà. E, subito dopo, attuare dei progetti di community welfare, azionando politiche abitative incisive che prevedono anche l’auto-recupero”.

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Ma il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, non ha risposto. “Abbiamo chiamato in causa il senatore Manconi, presidente della commissione dei diritti umani, perché prenda una posizione sull’allestimento della tendopoli, Ci sono 200 minori che vanno tutelati”.

Disorientati. Girando per il campo sulle sponde del Crati i rom sembrano disorientati. “Nessuno del comune è venuto a parlare con noi. Non sappiamo nulla” ci dicono. “Abbiamo sentito delle voci sullo sgombero di una ventina di famiglie, ma noi non siamo stati avvertiti. Non vogliamo andare via, vogliamo rimanere qui”.

Che le condizioni igienico sanitarie del campo siano al limite e che quel luogo, sulle sponde di un fiume, non sia idoneo ad ospitare un insediamento umano, è incontestabile. Tuttavia, le modalità con cui il comune di Cosenza sta procedendo, suscitano perplessità. La scelta di allestire una tendopoli sull’asfalto, nello scorcio di periferia più degradato della città di Telesio, potrebbe creare ulteriori tensioni sociali e rendere impossibile il percorso d’integrazione che, invece, viene auspicato a più voci da anni. (Giulia Zanfino)

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