C’è un detto popolare che si addice molto al Casamonica-day: io non fumo, te non fumi, lui non fuma. Ma qui c’è una cicca.
Così, nelle ore successive alla vergognosa celebrazione del padrino scomparso, si è scoperto che Roma Capitale si è divisa in tre categorie. Chi non ha visto; chi non ha sentito; chi non ha parlato. Come le tre scimmiette. Però, mistero dei misteri, alla fine il funerale im pompa magna si è celebrato. E nessuno è responsabile di quella “cicca”.
Io non so se provo più rabbia e indignazione per quello che è accaduto fuori alla chiesa di Don Bosco, a Roma, o per lo scaricabarile che si è scatenato non appena si è accesa la polemica.
Però, in uno stato democratico nel quale le istituizioni funzionano, non può essere un mistero che sia morto un boss; non può essere un mistero l’organizzazione di un funerale sfarzoso, dal carro funebre con i cavalli all’elicottero alle gigantografie; non può essere un mistero lo spostamento in massa delle persone interne o vicine al clan.
Che ci stanno a fare le forze di polizia?
Che ci sta a fare quel ramo dell’intelligence che si occupa di sicurezza interna?
Che ci stanno a fare i vigili urbani che, addirittura, erano presenti e hanno scortato la salma?
Siamo ancora una volta di fronte a uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. E la gigantografia di Vittorio Casamonica che ha campeggiato sulla chiesa di Don Bosco raccontava una tristissima verità: hai conquistato Roma.
Tra complici, ipocriti, ignavi e incapaci, evidentemente, non è stata una impresa così difficile.