Occorre “una chiara presa di distanza” dalla mafia e dalla corruzione ma anche “un cambiamento culturale radicale per chi pensa di governare la città”. Così mons. Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare di Roma Est, commenta la manifestazione di oggi a piazza don Bosco, la stessa piazza che è stata teatro un mese fa del funerale del boss Casamonica.
“Innanzitutto – dice mons. Marciante a Radio Vaticana – bisogna prendere una chiara presa di distanza e togliere ogni possibile rapporto, ogni tolleranza, con le strutture di peccato: la corruzione, la mafia, sono strutture di peccato. Questo significa limpidezza, chiarezza, verità su ciò che opera l’amministrazione, soprattutto, di una città. Il problema è che queste strutture di peccato, chiamiamole mafia, corruzione, non muoiono se non cambiano le strutture consolidate di potere che oggi reggono le nostre società, che reggono il Paese, che a volte reggono delle regioni o reggono le città. Tant’è vero che cambia il potere politico dell’amministrazione della cità, ma la corruzione resta. Questo significa che ci sono strutture di potere ben consolidate. Allora, ci vuole un cambiamento culturale, radicale, soprattutto per chi pensa di governare la città”. Per il vescovo la Chiesa può “dare un apporto educativo molto forte, perché ha una presenza capillare, attraverso le parrocchie, le associazioni, i movimenti, che è straordinaria”. In ogni caso per il rappresentante del Vicariato Roma ha “gli anticorpi” per reagire alle mafie, “ha tante risorse”. Fondamentale è la “lotta alla povertà, perché spesso la povertà è l’ambiente dove viene coltivata, possiamo dire, una certa manovalanza, la vita corrotta. E poi, c’è il tema forte dell’integrazione. L’immigrazione può essere una grande risorsa per la città”.
Con il Giubileo alle porte “noi vogliamo invocare veramente anche una rinascita della città di Roma. Se il Giubileo verrà gestito con intelligenza, io penso che potrà dare risorse anche a quanti operano nel campo dell’accoglienza, nel campo turistico, a diverse nuove categorie di persone”. Ma sugli appalti – avverte il vescovo – “credo che Roma debba vigilare molto”.