Regeni, Gentiloni: senza svolta reagiremo

In Senato il ministro degli Esteri a poche ore dall'incontro con la delegazione degli inquirenti egiziani: dossier carente. Non lasceremo calpestare la dignità dell'Italia.

Regeni, Gentiloni sull'Egitto: senza svolta reagiremo
Regeni, Gentiloni sull'Egitto: senza svolta reagiremo
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5 Aprile 2016 - 14.02


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E’ slittato al 7 di aprile l’incontro con la delegazione di inquirenti egiziani col pool italiano. Il vertice ci sarà, dunque. Ma l’Italia non sta zitta.
L’Italia “pretende la verità” dall’Egitto sulla vicenda di Giulio Regeni “per ragione di Stato”. Interviene in Senato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, a poche ore dall’incontro con la delegazione degli inquirenti egiziani. Sulla morte di Giulio Regeni “ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo”

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Il discorso, che ha avuto una relica anche alla Camera ha portato il ministro degli Esteri egiziano a [url”rispondere in una nota”]http://www.globalist.es/Detail_News_Display?ID=87254&typeb=0&regeni-l-egitto-replica-alle-parole-di-gentiloni-complicano-la-situazione[/url]: queste parole complicano la situazione.

Le parole di Gentiloni. Il ministro ha fatto il punto della difficile ricerca della verità alla vigilia dell’arrivo in Italia della delegazione di investigatori egiziani da cui gli inquirenti italiani si attendono un dossier contenente “tutto” il materiale raccolto nell’attività investigativa svolta sin qui al Cairo. Incontro, ha affermato Gentiloni, che “potrebbe essere decisivo” per lo sviluppo delle indagini. Se così non fosse l’Italia è pronta ad adottare “misure tempestive e proporzionate” contro l’Egitto.

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“Oggi in Parlamento – le parole del titolare della Farnesina – voglio dire, perché non ci siano dubbi, che se un cambio di marcia non ci sarà il governo è pronto a regire adottando misure appropriate e proporzionate di cui il Parlamento sarà informato. La ragione di Stato in un caso come questo ci impone di difendere fino in fondo e di fronte a chiunque la memoria di Giulio Regeni, sul cui volto la madre ha detto di aver visto tutto il male del mondo. E’ per la ragione di Stato che non ci rassegneremo all’oblio di questa vicenda e non permetteremo che sia calpestata la dignità del nostro Paese”.

L’informativa del ministro in Senato era originariamente prevista per le ore 16, perché era nella mattinata di questo martedì 5 aprile che avrebbe dovuto tenersi il faccia a faccia tra inquirenti italiani ed egiziani a Roma. Poi si sono succeduti nuovi giorni carichi di ambiguità, annunci e smentite, persino voci di un rinvio a data da destinarsi da parte del Cairo. Infine, la conferma dell’arrivo in Italia della delegazione egiziana mercoledì 6 aprile, giunta anche dalla Procura generale del Cairo. La rappresentanza, si legge in una nota citata dal giornale El-Watan, sarà composta da membri della stessa procura e della polizia e sarà guidata dal giudice Soleiman. Il vertice con la controparte italiana si terrà giovedì e venerdì, ha spiegato ancora Gentiloni al Senato. E allora sarà finalmente chiaro, ha aggiunto il ministro, se “la fermezza delle reazioni di governo, magistratura, famiglia e Italia intera potrà riaprire il canale di piena collaborazione” dell’Egitto, “tra l’altro assicurato dal presidente Al Sisi”.

“Canale di piena collaborazione”, ha insistito Gentiloni, “vuol dire acquisire documenti mancanti, non accreditare verità distorte e di comodo, accertare chi sono i responsabili, accettare l’idea che l’attività investigativa possa vedere un ruolo più attivo degli investigatori italiani”.
Il dossier

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Al centro dell’intervento la mancanza di prove credibili fornite dagli egiziani. “Se non ci sarà un cambio di marcia, il governo è pronto a reagire adottando misure immediate e proporzionate”, ha dichiarato Gentiloni. “Per ragioni di Stato non permetteremo che sarà calpestata la dignità dell’Italia”, ha aggiunto precisando che gli incontri di giovedì e venerdì con gli inquirenti egiziani «potrebbero essere decisivi per lo sviluppo delle indagini”.
“L’omicidio di Regeni ha scosso le nostre coscienze e il Paese intero perché è stata stroncata la vita di un italiano esemplare, per il modo in cui è stato atrocemente torturato e ucciso e per la lezioni di compostezza dei genitori», ha detto ancora Gentiloni. “Il dossier inviato in Italia ai primi di marzo dagli investigatori egiziani era carente e mancava di almeno due dei cinque capitoli richiesti dai pm italiani: i dati relativi al traffico del telefono di Regeni e quelli relativi video della metropolitana del Cairo”.

I depistaggi. “Ulteriori difficoltà – ha ricordato il ministro degli Esteri – sono arrivate dall’accavallarsi di notizie, versioni più o meno ufficiali, smentite verità di comodo che in questi ultimi due mesi sono circolate con troppa frequenza, quasi sempre fuori dai canali ufficiali”. Poi si sono susseguite “teorie, come quella dell’azione criminale, alle voci su Giulio Regeni informatore di questa o quella intelligence. Questo non ha contribuito all’efficienza della nostra collaborazione”. La pista della banda criminale è stata “un ulteriore e ancor più grave tentativo di accreditare una verità di comodo, ma l’Italia ha subito chiarito che non l’avrebbe accettata come conclusione delle indagini. Nei giorni successivi diversi membri del governo egiziano hanno chiarito che le indagini sono ancora in corso e di questo abbiamo preso atto”.

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Dopo le prime settimane di “generica e insufficiente” collaborazione da parte delle autorità egiziane, è stato il lavoro del procuratore della Repubblica Pignatone a rimettere il rapporto “sui binari giusti”. E sarà, ha concluso Gentiloni, la Procura della Repubblica a capire se “questo cambio di marcia si delinea”.

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