Chissà se lo faranno Santo. Certo è che Bergoglio – così inviso all’ala tradizionalista del cattolicesimo che lo descrive come un eretico – è uno dei pochi se non l’unico personaggio di caratura mondiale che tuona contro la stortura di un sistema economico che ha portato l’1% della popolazione mondiale a possedere le ricchezze del restante 99%.
No alle ricchezze nelle mani di pochi. Papa Francesco, nel corso della catechesi all’udienza generale in piazza San Pietro, prende spunto dalla parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro per denunciare, in tutta la loro evidenza, le contraddizioni del mondo. “La vita di queste due persone sembra scorrere su binari paralleli: le loro condizioni di vita sono opposte e del tutto non comunicanti. Il portone di casa del ricco è sempre chiuso al povero, che giace lì fuori, cercando di mangiare qualche avanzo della mensa del ricco. Questi indossa vesti di lusso, mentre Lazzaro è coperto di piaghe; il ricco ogni giorno banchetta lautamente, mentre Lazzaro muore di fame”, evidenzia il Papa.
“Solo i cani si prendono cura di lui, e vengono a leccare le sue piaghe. Lazzaro – spiega il Pontefice – rappresenta bene il grido silenzioso dei poveri di tutti i tempi e la contraddizione di un mondo in cui immense ricchezze e risorse sono nelle mani di pochi”. Ricchi e poveri, però, avverte Francesco, sono legati dallo stesso destino: “i poveri e i ricchi muoiono, hanno lo stesso destino, tutti noi senza eccezioni”. Il Papa annota quindi un particolare della parabola: “il ricco non ha un nome, mentre quello del povero è ripetuto cinque volte, e ‘Lazzaro’ significa ‘Dio aiuta’. Lazzaro, che giace davanti alla porta, è un richiamo vivente al ricco per ricordarsi di Dio, ma il ricco non accoglie tale richiamo. Sarà condannato pertanto non per le sue ricchezze, ma per essere stato incapace di sentire compassione per Lazzaro e di soccorrerlo”.
Nell’aldilà, ammonisce il Papa, “la situazione si è rovesciata: il povero Lazzaro è portato dagli angeli in cielo presso Abramo, il ricco invece precipita tra i tormenti. Adesso il ricco riconosce Lazzaro e gli chiede aiuto, mentre in vita faceva finta di non vederlo. Prima gli negava pure gli avanzi della sua tavola, e ora – ricorda il Papa – vorrebbe che gli portasse da bere! Crede ancora di poter accampare diritti per la sua precedente condizione sociale. Dichiarando impossibile esaudire la sua richiesta, Abramo in persona offre la chiave di tutto il racconto: egli spiega che beni e mali sono stati distribuiti in modo da compensare l’ingiustizia terrena, e la porta che separava in vita il ricco dal povero, si è trasformata in ‘un grande abisso'”. Finché Lazzaro stava sotto casa sua, per il ricco c’era la possibilità di salvezza, spalancare la porta e aiutare Lazzaro ma ora che entrambi sono morti, la situazione è diventata irreparabile”.
Il Papa racconta la morale della parabola: “la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo; quando manca questa, anche quella non trova spazio nel nostro cuore chiuso, non può entrare. Se io non spalanco la porta del mio cuore al povero quella porta resta chiusa, anche per Dio e questo è terribile! Per convertirci, non dobbiamo aspettare eventi prodigiosi, ma aprire il cuore alla Parola di Dio, che ci chiama ad amare Dio e il prossimo. La Parola di Dio può far rivivere un cuore inaridito e guarirlo dalla sua cecità. Il ricco conosceva la Parola di Dio, ma non l’ha ascoltata, non l’ha accolta nel cuore, perciò è stato incapace di aprire gli occhi e di avere compassione del povero. Nessun messaggero e nessun messaggio potranno sostituire i poveri che incontriamo nel cammino, perché in essi ci viene incontro Gesù stesso”.