Zangrillo ribadisce: "Un positivo non è malato, il virus è meno aggressivo"
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Zangrillo ribadisce: "Un positivo non è malato, il virus è meno aggressivo"

Il direttore dell'Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell'ospedale San Raffaele di Milano: "Se la seconda ondata ci sarà ora abbiamo gli strumenti per arginarla"

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19 Giugno 2020 - 12.18


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Il direttore dell’Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell’ospedale San Raffaele di Milano Alberto Zangrillo, torna sulla questione che tante polemiche aveva sollevato nelle scorse settimane dopo le sue dichiarazioni riguardo al cambiamento osservato dal fronte ospedaliero nel nuovo coronavirus in fase post emergenza: “È ora di ribadire una cosa: un paziente positivo non è malato. E il numero giornaliero dei contagi non ingrossa le fila dei malati. Punto”. 
“L’ultimo paziente entrato nella terapia intensiva del San Raffaele risale al 18 aprile e l’ultimo positivo al virus ricoverato in reparto ordinario, con una sintomatologia semplice, è di 10 giorni fa. I miei dati sono questi. E se li confronto con quelli dei colleghi di altri ospedali, il risultato è identico. Basandomi sull’osservazione, già 2 mesi fa ho avuto la consapevolezza che stesse succedendo qualcosa. Il Covid 19 c’è ancora, non è mutato, ma l’interazione virus-ospite non dà più la malattia. I tamponi più recenti hanno mostrato una carica virale di gran lunga attenuata rispetto ai prelievi di 1-2 mesi fa”.
Quanto alla temuta seconda ondata dell’epidemia, “non è affatto detto che arriverà”, osserva. Ma nel caso arrivasse, “ora abbiamo le cure giuste da mettere in campo. Sappiamo molto del virus. I virologi del San Raffaele diretti da Massimo Clementi hanno accertato che si tratta di un maledetto beta coronavirus, stessa famiglia di Sars e Mers. Però è diventato meno bellicoso. I fattori ambientali giocano inoltre a nostro favore: raggi ultravioletti e temperature alte lo indeboliscono”.
“Nel gruppo San Donato – prosegue Zangrillo – abbiamo sviluppato un approccio sistemico, producendo oltre 200 lavori correlati all’epidemia. Virologi, cardiologi, infettivologi sono entrati nello stesso gruppo, ciascuno sistemando la propria mattonella”.
“Certi aspetti ricorrenti permettono un approccio precoce al virus, che colpisce una determinata fascia della popolazione”. Il riferimento è per esempio alla “correlazione lineare con l’età: è vero che gli anziani sono più a rischio. Così come i cardiopatici o i malati oncologici”, dice l’esperto. “Questa tempestività è decisiva per il trattamento. E sarà utilissima in caso di un’ondata di ritorno”.

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