Il dottor Massimo Girardis, direttore del centro di terapia intensiva Covid-19 del Policlinico di Modena, nonché responsabile della formazione di «Siaarti», la società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, parla a Il Corriere della Sera.
“Qualsiasi rianimatore desidererebbe idealmente vivere in un’Italia chiusa. È drammatico assistere alla morte di tante persone. Nella terapia intensiva di questo ospedale da febbraio 2020 al 6 marzo sono passate 351 persone con polmonite grave. Il 30% non ce l’hanno fatta. È un dolore che si rinnova. Ma non si può ragionare da rianimatore perché l’economia non deve fermarsi del tutto”.
“Osserviamo un fenomeno diverso. Sicuramente i nostri reparti in alcune Regioni sono in fortissima pressione, altrove invece l’attività viene gestita senza problemi particolari. Qualche esempio. Molti ospedali di Veneto, Lazio e, in parte, della Campania sono abbastanza tranquilli”
La spiegazione potrebbe rintracciarsi, secondo il professore, in fenomeni epidemici molto localizzati.
“Legati probabilmente all’incidenza delle varianti del virus, alle abitudini della popolazione, alle caratteristiche occupazionali della zona. Tra Modena e Bologna c’è un’alta concentrazione di fabbriche, la gente si sposta anche da fuori provincia ed ecco che i contagi sono più probabili. Nel mio policlinico stiamo assistendo al veloce aumento di ricoveri”
Poi conclude:
“Non ho mai smesso di avere paura. L’unica fase di relativa tranquillità è stata tra metà maggio e fine settembre dello scorso anno. Per il resto io e tutti i colleghi abbiamo vissuto sempre in trincea, senza mai mollare la presa, consapevoli che i periodi di bonaccia sono passeggeri”.
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