Così nonostante l'emergenza Covid crescono in maniera indecente le spese militari

Crescono nonostante la perdita di posti di lavoro e un sistema di protezione sociale che non regge più l’urto della crisi pandemica.

Così nonostante l'emergenza Covid crescono in maniera indecente le spese militari
Spese militari
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Novembre 2021 - 13.47


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Cresce senza soluzione di continuità. Cresce nonostante un’emergenza Covid tutt’altro che superata. Cresce nonostante la perdita di posti di lavoro e un sistema di protezione sociale che non regge più l’urto della crisi pandemica. Cresce la spesa militare

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Crescita indecente

“Dall’analisi dei bilanci previsionali ministeriali allegati al disegno di legge di bilancio 2022 di Difesa, MiSE (che sovvenziona i programmi nazionali di riarmo) e MEF (che finanzia le missioni all’estero) emerge che la spesa militare complessiva per l’Italia continua a crescere, soprattutto per l’acquisto di nuoviarmamenti”.
Lo rende noto l’Osservatorio Milex sulle spese militari italiane. 
“Secondo la nostra metodologia di calcolo, che segue lo standard Sipri, il prossimo anno la spesa militare italiana sfiorerà i 26 miliardi di euro, con un aumento del 3,4% rispetto al 2021 e un balzo di quasi il 20% in tre anni. A trainare la crescita, un miliardo in più destinato all’acquisto di nuovi armamenti: 8,3 miliardi complessivi – record storico – in aumento di quasi il 14% rispetto all’anno scorso e con un salto di quasi il 74% negli ultimi tre anni. Questo ultimo dato – spiega l’Osservatorio Milex – è conseguente alla quantità senza precedenti di nuovi programmi di riarmo che il Ministero della Difesa sta sottoponendo al Parlamento a ritmo serrato e che quindi saranno avviati il prossimo anno”.

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L’aumento per l’anno 2022 ancora una volta netto e rilevante viene trainato dal bilancio proprio del Ministero della Difesa che sfiora complessivamente i 26 miliardi di euro(25.935 milioni per la precisione) con una crescita di 1.352 milioni di euro (+5,4% rispetto al 2021). Ancora più del solito si tratta, come già accennato, di un aumento derivante da decisioni prese in passato: già il bilancio a legislazione vigente prevedeva per il Ministero della Difesa un totale complessivo di 25.904 milioni dunque solamente ritoccato per circa 31 milioni dalle decisioni in discussione in manovra (Sezione I della Legge di Bilancio).

La nuova metodologia dell’Osservatorio Mil€x sulla spesa militare, aggiornata e migliorata nel 2021, prevede inoltre altre considerazioni (quota parte costo basi Usa, ammortamenti mutui su spesa armamenti MISE, impatto delle pensioni militari) portando ad una valutazione tendenziale della spesa militare complessiva “diretta” per il 2022 di circa 25,82 miliardi di euro(che diventano 26,49 miliardi con ulteriori costi indiretti). Ciò significa un aumento di 849 milioni rispetto alle medesime valutazioni effettuate sul 2021 con una crescita percentuale del 3,4% rispetto all’anno precedente e di addirittura dell’11,7% sul 2020 e del 19,6% sul 2019.

Sui capitoli specificamente legati all’investimento troviamo poco oltre i 5,39 miliardi di euro (in crescita di ben 1,3 miliardi) allocati nel Bilancio del Ministero della Difesa e 2,89 miliardi complessivi (- 350 milioni rispetto allo scorso anno) in quello del Ministero per lo SviluppoEconomico, che comprendono tra gli altri fondi anche 105 milioni per gli interessi sui mutui accesi dallo Stato per conferire in anticipo alle aziende le cifre stanziate per specifici progetti d’arma pluriennale. Ciò porta dunque ad unnuovo record di fondi destinati all’acquisto di nuove armi che arrivano ad un totale di 8,27 miliardi, superiore di un miliardo (+13,8%) alla cifra complessiva del 2021 (che a sua volta costituiva un massimo storico)e con un salto del 73,6% negli ultimi tre anni (+3,512 miliardi rispetto ai 4,767 miliardi del 2019). Questo ultimo dato è conseguente alla quantità senza precedenti di nuovi programmi di riarmo che il Ministero della Difesa sta sottoponendo al Parlamento a ritmo serrato e che quindi saranno avviati il prossimo anno.
 Le voci interne del Bilancio della Difesa vedono aumenti tra i 150 e i 200 milioni di euro per Marina Militare e Carabinieri, unaflessione di 90 milioni per l’Aeronautica Militare e una sostanzialeconferma del budget per l’Esercito. Ben più robusto l’aumento di stanziamento per i capitoli complessivamente afferenti a Stato Maggiore e Segretariato Generale della Difesa(insieme agli uffici politici e di bilancio): circa unmiliardo e duecento milioni di euro in crescita determinati soprattutto, come vedremo, da stanziamenti per il procurement di nuovi sistemi d’armamento. Come da sempre sottolineiamo – prosegue il rapporto –  l’importototale del Bilancio della Difesa è solo il punto di partenza per valutare la spesa militare italiana complessiva, che deve registrare in più cifre iscritte presso altri ministeri (principalmente il fondo per le Missioni militari all’estero che viene istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e i fondi che il Ministero per lo Sviluppo Economico mette a disposizione per acquisizione e sviluppo di sistemi d’arma) e deve invece vedere sottratta per coerenza di destinazione e tipologia di utilizzo la grande maggioranza del bilancio dell’Arma dei Carabinieri (per lo specifico ruolo che gioca tale struttura, in particolare la parte forestale) che viene considerata solo per la componente legata alle missioni all’estero.

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Quell’invocazione inascoltata

Scrive su Avvenire Francesco Palmas
“C’erano state le invocazioni del Pontefice e dell’Onu, tutte tese a far tacere le armi, almeno nei momenti più drammatici della pandemia. E alcuni avevano sperato che il mondo post-Covid sarebbe diventato meno bellicoso. Invece il risveglio è stato ancora più duro. Nel 2020, le spese militari mondiali sono aumentate del 2,6% rispetto al 2019, anno record di esborsi, mai così iperbolici dalla fine della guerra fredda. L’anno scorso eserciti e armi hanno fagocitato quasi due trilioni di dollari (1.981 miliardi), a dispetto del crollo della ricchezza mondiale, prevista dal Fmi intorno al -4,4%. 

È lapidario l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri) di Stoccolma: «La pandemia non ha inciso significativamente sulle spese militari mondiali». Il mondo si è fatto policentrico, non solo economicamente, ma anche dal punto di vista strategico. Le grandi potenze militari, Stati Uniti, Cina e Russia in testa, non spiegano da sole le dinamiche in atto. Il campo delle medie potenze è in forte ascesa, se solo si pensa alla Turchia, al Giappone, alla Corea del Sud, agli Emirati Arabi Uniti, all’Iran, a Israele. Tutte, o quasi, reclamano uno spettro d’azione più ampio, hanno una strategia integrale, combinano metodi di soft power, assoldano vassalli e «proxy», investono nel cyber e nello spazio, ordiscono operazioni militari interforze a distanze geografiche impensabili dieci anni fa. Riarmano. La potenza d’urto, brutale, dura, lungi dall’essere scomparsa, come profetizzato da alcuni analisti negli anni ’90, è divenuta la chiave di volta dei conflitti attuali, come si è visto nel Caucaso, nel Donbass e nelle tecno-guerriglie mediorientali e africane. 

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La sfida è immensa. Ci sarebbe da pensare alla pace, agli investimenti colossali del post-pandemia e invece i grandi del pianeta si stanno ri-preparando a scontri fra titani. Non è un caso che Stati Uniti (39%), Cina (13%), India (3,7%), Russia (3,1%) e Regno Unito (3%) concentrino il 62% delle spese militari mondiali

 Per il Sipri, Pechino spende molto più di quanto dichiari: 252 miliardi di dollari anziché 212. Le sue poste di bilancio crescono per il 26° anno consecutivo, obbligando la rivale India ad allungare il passo (72,9 miliardi). Le mire cinesi sullo scacchiere indo-pacifico spingono al rialzo anche gli investimenti giapponesi, sudcoreani e australiani. Potenza bicontinentale, la Russia sborsa sempre di più (+2,5%), costringendo i Paesi europei a rimodulare i loro investimenti (+4%), vuoi per controbattere, vuoi per sottostare agli obblighi con la Nato, vuoi per la ricerca di una maggiore autonomia strategica. Fatto grave, le spese militari tornano a crescere pure in Africa, soprattutto nei paesi più colpiti dalle ribellioni jihadiste, come il Mali (+22%), la Mauritania (+23%), la Nigeria (+29%), il Ciad (+31%) e, caso a parte, l’Uganda (+41%)”.

Una medaglia del disonore

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Rimarca Alberto Bobbio su L’eco di Bergamo, in un articolo pubblicato il 12 agosto 2021, quando l’Italia si esaltava per le medaglie olimpiche:Abbiamo scalato la classifica dei primi quindici con una spesa di qualità, nonostante la pandemia, con una corsa fantastica all’ultimo miglio – scrive Bobbio -. I dati del Sipri, l’istituto svedese più autorevole del pianeta nel monitoraggio dei supermercati armati, ci inchiodano senza replica e svelano l’inganno dei numeri. Infatti se è vero che la nostra spesa complessiva non raggiunge il 2% del Pil e apparentemente il dato ci tiene al riparo dalle polemiche dei pacifisti, è purtroppo altrettanto vero che siamo quelli che corrono più veloce come a Tokyo 2020 e, soprattutto, abbiamo scelto il nuovo che si offre su un mercato meraviglioso. superando con uno scatto mai avvenuto nella storia della Repubblica la cifra record di sette miliardi di euro per nuovi armamenti. La dottrina del ministro della Difesa Lorenzo Guerini su un esercito più moderno, più efficiente, più «proiettato» sugli scenari internazionali è stata un successo. Il virus ha distratto le opinioni pubbliche e la pioggia di miliardi europei ha autorizzato una sorta di «tana libera tutti» e avviato processi mai accordati precedentemente, quando sulla spesa militare si andava più cauti. Questa volta invece mentre Bruxelles il mese scorso autorizzava la madre di tutti i bonifici, il ministero della Difesa con firma del ministro, pubblicava il Documento programmatico pluriennale della Difesa, 250 pagine nascoste tra un oro olimpico e l’altro, che pongono l’Italia in cima alla classifica della vergogna. Anche il dibattito sulla loro necessità è sparito. Per welfare, salute, lavoro, innovazione, digitale, opere pubbliche e il resto ora i soldi li abbiamo, dunque, senza più disagio e imbarazzo politico, occupiamoci gagliardamente di armi accontentando generali e centri studi strategici, lucidando il rapporto tra Forze armate e industria e sostenendo l’export, che per le armi significa vendere a chi le usa o intende usarle. La dottrina Guerini prevede un migliore coordinamento tra Difesa, Esteri, Sviluppo economico e Finanze. Insomma per produrre e vendere bene occorre «sincronizzare», come ha spiegato il ministro in un report di pochi giorni fa «tutte le componenti del Paese». Ecco giustificati i sette miliardi e più per nuovi armamenti”.

Se per sole 26 ore…

 “Se i governi rinunciassero alle spese militari per sole 26 ore, avremmo 5,5 miliardi di dollari a diposizione per salvare 34 milioni di persone dalla fame nei prossimi mesi in paesi piegati da guerra, pandemia e cambiamenti climatici”. Lo denuncia Oxfam con altre 250 organizzazioni umanitarie, in una lettera aperta, con la quale rivolgono un appello ai leader mondiali per scongiurare la catastrofe umanitaria in Paesi come Yemen, Afghanistan, Etiopia, Sud Sudan, Burkina Faso, Nigeria, a un anno esatto dall’allarme delle Nazioni Unite sull’aumento esponenziale della fame. “Secondo le stime delle Nazioni Unite, già a fine 2020, 270 milioni di persone erano sull’orlo della carestia – rimarcava per l’occasione  Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia -. Ebbene, 174 milioni di persone in 58 Paesi stanno già rischiando di morire di malnutrizione e questo numero potrebbe aumentare nei prossimi mesi, senza un intervento immediato da parte della comunità internazionale. Sono 80 i Paesi su 100 in cui le agenzie delle Nazioni Unite intervengono sono colpiti da conflitti. Bisogna spezzare il nesso mortale guerra-fame e simbolicamente noi chiediamo di farlo, smettendo di vendere armi anche solo per un giorno”.
Oxfam segnala inoltre che, nel primo trimestre del 2021, i grandi donatori internazionali hanno stanziato solo il 6,1% dei 36 miliardi di dollari richiesti dalle Nazioni Unite per fronte alle più gravi emergenze umanitarie in corso, mentre per la lotta alla fame aggravata dalla pandemia hanno destinato appena 415 milioni (il 5,3%) dei 7,8 miliardi di dollari necessari ad evitare milioni di morti. “Anche l’Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, è passata da oltre 108 milioni di aiuti bilaterali per far fronte all’insicurezza alimentare nei paesi poveri nel 2018, a poco più di 66 nel 2019″. “Abbiamo avvertito i donatori più e più volte: la loro inerzia sta portando alla morte e alla disperazione dei bambini, come vediamo ogni giorno nei paesi di tutto il mondo. A inizio marzo, la conferenza per gli aiuti in Yemen non ha raccolto nemmeno la metà dei fondi necessari e ora quel Paese è a un punto critico”, ha commentato Inger Ashing, ceo di Save the Children International.

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L’appello è del 20 aprile scorso. Sette mesi dopo, la situazione è peggiorata.

La denuncia di padre Zanotelli

“I dati dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri) dicono che lo scorso anno la spesa militare nel mondo è stata di 1981 miliardi di dollari, con un aumento del 2,6% rispetto al 2019. Un paese come l’Italia, che non è in guerra con nessuno, ha speso 27 miliardi di euro e si stima che a fine 2021 si toccheranno i 30 miliardi di euro. Con un export che sfiora i 4 miliardi”. Lo scrive su Nigrizia padre Alex Zanotelli, missionario comboniano che negli anni ’80 fu estromesso dalla direzione di questa rivista della sua Congregazione proprio per aver denunciato l’incoerenza del governo italiano in materia. 30 anni dopo l’Italia continua a figurare tra i costruttori e gli esportatori di armi, lasciando che la Costituzione e il Parlamento siano calpestati insieme ai bambini bombardati in Yemen dalle bombe fabbricate in Sardegna, a Domusnovas. “Non possiamo accettare tutto questo. Il sistema deve per forza armarsi perché una minoranza dell’umanità consuma la quasi totalità dei beni. Le armi proteggono privilegi e sfruttamento”, denuncia Zanotelli.

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Ma sono in tanti, in troppi, anche a sinistra, a fare orecchie da mercante.

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