Violenze di Santa Maria Capua Vetere, oggi la prima udienza: chiesto il patteggiamento per 32 persone

Il caso delle violenze di Santa Maria Capua Vetere fa riferimento alle immagini della videocamera di sorveglianza che riprende quella che il gip Sergio Enea ha definito “un’orribile mattanza”

Violenze di Santa Maria Capua Vetere, oggi la prima udienza: chiesto il patteggiamento per 32 persone
Santa Maria Capua Vetere
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3 Febbraio 2022 - 18.39


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È iniziata oggi un’udienza per le violenze avvenute lo scorso aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta): il gup Pasquale D’Angelo ha ammesso  la costituzione parte civile del ministero della Giustizia, del garante nazionale dei detenuti e del garante dei detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello, dalle cui denunce è partita l’inchiesta della procura samaritana.

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Tanto perché ci si era spesi per dimostrare l’innocenza degli agenti responsabili, oggi il garante ha fatto sapere che il pm ha fatto richiesta di patteggiamento per 32 persone. Entro la prossima udienza, che si terrà martedì 8 febbraio, vi è tempo, sia per i garanti che per le associazioni ammesse quali parte civile, per chiedere la citazione del ministro della Giustizia nella qualità di responsabile civile.

Il caso delle violenze di Santa Maria Capua Vetere fa riferimento alle immagini della videocamera di sorveglianza che riprende quella che il gip Sergio Enea ha definito “un’orribile mattanza”: i detenuti venivano costretti  a passare in un corridoio formato da agenti penitenziari con manganelli e caschi, subendo calci, pugni e manganellate; anche un detenuto sulla sedia a rotelle fu colpito mentre altri furono letteralmente trascinati per le scale e presi a calci. 

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Ci fu anche un morto: l’algerino Lakimi Hamine, morto il 4 maggio 2020, nel pieno della prima ondata di Covid-19,  dopo essere stato tenuto in isolamento dal giorno delle violenze; per la morte di Hamine sono indagati in dodici, tra cui l’allora comandante della Polizia Penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere Gaetano Manganelli, l’ex provveditore Antonio Fullone, due medici e quegli agenti che erano nel reparto di isolamento.

Ci furono numerosi tentativi di depistaggio: certificati medici falsificati per dimostrare che gli agenti avevano subito violenze dai detenuti e gli indagati provarono invano anche a manomettere le telecamere. 

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