Migranti: la Geo Barents sfida Piantedosi, il ministro ossessionato dalle Ong
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Migranti: la Geo Barents sfida Piantedosi, il ministro ossessionato dalle Ong

Secondo il ministro Piantedosi la presenza delle Ong fa ripartire i gommoni, non le barche strutturate. Poi ci spiegherà perché il 90% degli arrivi è senza Ong

Migranti: la Geo Barents sfida Piantedosi, il ministro ossessionato dalle Ong
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Gennaio 2023 - 17.49


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“C’è questa coincidenza astrale: la presenza delle navi delle ong, insieme alle condizioni climatiche, fanno ripartire i gommoni dalla Libia, anche le imbarcazioni più fragili. Noi ci lamentiamo di questo, loro si lamentano della lunga percorrenza”.

Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sulla Geo Barents che ieri ha soccorso 69 migranti ed a cui è stato indicato La Spezia come porto di sbarco. “Il naufragio e il salvataggio – sottolinea – sono qualcosa di occasionale non di ricerca sistematica che induce alle partenze. La presenza delle Ong, guarda caso, fa ripartire i gommoni, non le barche strutturate. Questo è il dato fattuale che registriamo”. Dopo le polemiche sull’assegnazione di porti di città governate dal centrosinistra alle navi Ong, ieri il Viminale ha indicato La Spezia, amministrata dal centrodestra, alla Geo Barents. “Ma va lì solo per una questione di rotazione dei porti“, risponde Piantedosi a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto superiore antincendi dei Vigili del fuoco.

Dopo il viaggio a Tunisi della settimana scorsa, Piantedosi andrà presto in Libia per affrontare il tema dei flussi migratori. “Stiamo lavorando a una missione”, ha spiegato il ministro a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico dall’Istituto superiore antincendi dei Vigili del fuoco. Piantedosi è poi in partenza per la Svezia, dove parteciperà ad un Consiglio dei ministri dell’Interno Ue. “Oggi – ha riferito – ho avuto un colloquio preliminare con la ministra della Svezia che presiederà il consiglio Gai, ci sono buone aspettative, la discussione si sta sempre più indirizzando verso la condivisione di una concretezza maggiore, un piano di azione che possa essere più incisivo di rafforzare una dimensione esterna dell’azione dell’Unione europea sui temi migratori”. La presidenza europea, ha aggiunto, “ha manifestato l’auspicio che il proprio semestre possa dare risultati concreti sul piano di azione per il Nordafrica”.

Quella nave salvavite

Ne scrive Daniela Fassini su Avvenire: “Purtroppo è sempre la stessa storia: quando una nave Ong incrocia la cosiddetta guardia costiera libica il rischio è quello di essere minacciati o addirittura attaccati. È quello che successo alla nave Ong Geo Barents di Medici senza frontiere da poche ore in zona Sar libica, lungo la rotta del mediterraneo centrale, a salvare migranti che tentano di fuggire dalle atrocità dei centri di detenzione libici. 

«Il team di Msf a bordo della Geo Barents è stato testimone di un respingimento da parte della Guardia costiera libica di un’imbarcazione in difficoltà in acque internazionali – informa la Ong Medici senza frontiere – Mentre ci avvicinavamo per aiutare le persone e portarle in salvo, hanno minacciato di sparare».

In un tweet i medici volontari condividono un filmato realizzato a bordo della nave di ricerca e soccorso. Nel video viene riportata anche la registrazione della conversazione telefonica tra lo staff della Geo Barents e la Guardia costiera libica, a cui l’interprete riferisce in arabo il fatto che uno dei migranti si è appena “lanciato in acqua”.

Dall’altra parte, gli agenti avrebbero risposto intimando più volte alla nave di “restare alla larga” dall’imbarcazione in difficoltà, affermando che in caso contrario avrebbero “aperto il fuoco”, un monito accompagnato anche da insulti. ​Poche ore dopo un’altra barca in difficoltà è stata avvistata dalla nave Ong. L’operazione di soccorso ha permesso così di mettere in salvo 69 persone: tra loro ci sono 9 donne e 25 minori (di cui due bambine di 5 anni). L’imbarcazione era stata segnalata da Sea Bird2 (l’aereo della Ong Sea Watch, ndr) in acque internazionali vicino alla Libia”. Così Fassini.

“Il nostro team ha assistito oggi all’intercettazione da parte della Guardia Costiera libica di un’imbarcazione in difficoltà in acque internazionali. Mentre ci avvicinavamo per aiutare le persone e portarle in salvo, hanno minacciato di sparare”, denuncia Medici senza frontiere, La Ong ha pubblicato un video sui social in cui si sente lo scambio radio tra la nave di soccorso e la motovedetta libica. “Guardia costiera libica, c’è una persona saltata in mare”, dice l’operatore della Geo Barents. “State lontani figli di p******”, intimano dalla motovedetta. E, ancora, “state lontani dall’area o sarete esposti al fuoco”. “Minacciano di sparare”, osservano quindi dalla nave di Msf.

La Geo Barents, ha deviato la sua rotta – nonostante avesse già un porto assegnato – dopo aver ricevuto un’allerta su un’imbarcazione di migranti in difficoltà. Una sfida al decreto Piantedosi, la prima da quando il governo Meloni ha varato il nuovo codice di condotta delle ong che si occupano di operazioni soccorso e salvataggio nel Mediterraneo. Non solo: cercando la nave in difficoltà, la Geo Barents – che aveva come porto assegnato La Spezia dopo aver soccorso 69 persone in acque internazionali – si è imbattuta in una terza imbarcazione in difficoltà in zona Sar Libia e ha tratto in salvo altri 61 migranti, tra cui 13 donne e 24 minori. A bordo della nave di Medici senza frontiere sono quindi in 130.

“Le autorità italiane sono state avvertite ma al momento non abbiamo ricevuto nessuna risposta”, hanno spiegato da Msf. Dopo questo secondo salvataggio, la Geo Barents “ha continuato a navigare verso la prima segnalazione che aveva ricevuto, in conformità con il diritto internazionale marittimo”. L’aver cambiato la propria rotta andando a soccorrere altri migranti, come raccontato da Msf, sarebbe una violazione delle norme stabilite dal decreto Piantedosi.

Dopo aver soccorso 61 persone da un gommone in difficoltà, la Geo Barents sta facendo rotta verso la posizione indicata da Alarm Phone in cui si trova un’altra imbarcazione. “La Geo Barents – fanno sapere da Medici senza Frontiere – ha continuato a navigare verso la prima segnalazione che aveva ricevuto, in conformità con il diritto internazionale marittimo”. In questo momento a bordo della nave della Ong ci sono 237 persone tra cui 27 donne e 87 minori. 

Quel codice securista

“Il codice di condotta approvato a fine dicembre – ricostruisce il Post – prevede che le navi delle Ong si dirigano «senza ritardo» verso il porto assegnato loro dopo una operazione di soccorso. Nelle ultime settimane il governo sta assegnando loro un porto dove sbarcare dopo una sola operazione, di fatto costringendole a non fare altre operazioni di soccorso. Nel codice di condotta non c’è un divieto esplicito di compiere più operazioni di soccorso: si dice però che le attività di una nave non devono «impedire di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco».

Il codice di condotta prevede in effetti delle eccezioni per operazioni di soccorso «effettuate nel rispetto delle indicazioni delle predette autorità», quindi sul tragitto e con l’assenso del governo italiano. In un’intervista di qualche giorno fa a Piazzapulita il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha esplicitamente ammesso che le Ong possono soccorrere persone «lungo la traiettoria del percorso che gli viene assegnato». Il decreto però parla anche di «indicazioni» da parte del «centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo». Il soccorso effettuato mercoledì da Medici Senza Frontiere è stato compiuto nella zona di competenza della Libia, che però per diverse ragioni non riesce a garantirne la copertura. Medici Senza Frontiere ha quindi avvertito l’Italia: dall’Italia però non è arrivata alcuna indicazione, né dalle sue autorità marittime né dal governo.

Martedì sera il governo italiano guidato da Giorgia Meloni aveva dato indicazione alla Geo Barents di sbarcare i 69 migranti soccorsi in mare nel porto della Spezia, a cinque giorni di navigazione da dove si trovava la nave in quel momento. Ricevuta l’indicazione, Geo Barents si era subito mossa verso La Spezia.

Mercoledì mattina però si è trovata a poca distanza da un’imbarcazione in difficoltà, e ha ritenuto di dover rispettare l’articolo 2.1.10 della convenzione sulla ricerca e il salvataggio marittimo dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), firmata nel 1979, che impone di dare assistenza «a ogni persona in difficoltà in acqua».

La strategia del governo
Con l’applicazione del codice di condotta il governo Meloni sta continuando, insomma, a ostacolare le operazioni delle Ong nel Mediterraneo, imponendo loro una sola operazione di soccorso e indicando loro di sbarcare nei porti del Nord Italia, anziché del Sud come successo sempre negli ultimi anni. Di fatto sta cercando di rendere le operazioni più complesse e costose, scoraggiandole.

Nelle scorse settimane il governo aveva indicato alle navi delle Ong come porti di sbarco diverse città del Centro e Nord Italia, fra cui Livorno, Ravenna, e Ancona. Il porto più a nord in cui erano state mandate era quello di Ravenna, in Emilia-Romagna, poco più a nord di quello di La Spezia. La pratica di mandare nei porti del Nord le navi delle Ong prolunga le sofferenze delle persone soccorse, già provate da giorni di navigazione e da traumi subiti durante il naufragio o la permanenza nei centri di detenzione in Libia”.

Il monito del cardinale

Così il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, nell’introduzione ai lavori della sessione invernale del Consiglio episcopale permanente: ”Accogliere è parola decisiva nella nostra visione della vita orientata al futuro”. Parlando dei migranti ammonisce: “È importante come accogliamo: non facciamo vivere umiliazione, tempi lunghi di attesa, viaggi infiniti, anticamere senza senso, marginalizzazione. Siamo consapevoli come queste e tante altre problematiche italiane non possano essere affrontate senza guardare all’Europa”.

Qualcuno lo dica al ministro Piantedosi. 

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