“Questa è una piccola storia ignobile”. Titola bene l’amico Gaetano che racconta su Facebook quanto è accaduto a Licata, in Sicilia. Andiamo alla storia:
C’è un uomo di una quarantina d’anni che usa starsene sempre tra la gente, ama circondarsi di folla, di voci, di visi.
Capita pure che lo vedano davanti alle scuole. Sempre così, da anni. Poi un giorno c’è chi pensa bene di usare i social per “denunciare” la cosa con un messaggio che allarma e che lancia un’accusa pesante. È una donna, scrive che l’uomo ha come “bersaglio i bambini”. Esattamente così. E per rendere più pesante l’allarme, aggiunge che l’uomo ha “un materasso dentro l’auto”.
Posta anche una immagine e un video in cui l’uomo è riconoscibile, è messo nel mirino, più che alla gogna. Basta e avanza per scatenare l’allarme, si sa quanto poco basta oggi perché un messaggio invada i social vestendo presto di verità. Quanto questa “verità” si ingigantisca da un rimbalzo all’altro. “Sui social – scrive l’amico Gaetano – è presto una canea social fatta di istigazione all’odio e al linciaggio. Qualcuno chiama la polizia”. Nell’attesa, il video continua a girare sui social assai più velocemente dei “Wanted” del Far West inchiodati agli alberi. Un pò Far West, ma tanto Inquisizione, tempi nei quali per una “voce” si finiva sul rogo.
Torniamo alla “piccola storia ignobile”. Arrivano i gendarmi, perquisiscono l’uomo, gli chiedono di aprire lo zaino. L’uomo lo apre, stenta ad aprirlo, alla fine – nervoso e spazientito – lo mostra all’agente: “Veda un pò cosa riesce a trovarci di pericoloso”. Non c’è nulla, la polizia non potrebbe mai trovarci nulla di riconfucibile ad un mostro. “Ma il danno è fatto – scrive l’amico che ha denunciato la pericolosa gogna – In poche ore, il post ottiene centinaia di condivisioni. Fortuna che ci sono anche commenti di segno opposto a quelli avanzati con la denuncia: “Prima di accusare, ci vogliono prove”, “Ma di cosa è accusato?”. Qualcuno chiede alla solerte signora che ha postato la “notizia” se conosce l’uomo, se sa qualcosa in più. Ma la signora ora tace, non risponde. Nelle ore successive, sul social è il tempo degli avvistamenti, qualcuno scrive di averlo intercettato in un posto “qualche minuto fa”, qualcun altro, a distanza di ore, lo ha visto lontano dai luoghi del “crimine”.
Ma in questa “storia ignobile”, lo scandalo, quello vero, arriva quando non sono passate 48 ore dalla dissennata segnalazione del “mostro”: sono i giornali locali ad informare che “il questore ha firmato nei confronti del soggetto il foglio di via obbligatorio, e in virtù del provvedimento, per un anno non potrà tornare in territorio di Licata senza essere autorizzato”.
Scrive l’amico Gaetano: “Naturalmente non so in base a quali elementi è stato emesso il provvedimento, ma si dà il caso che conosca quell’uomo. È stato un mio alunno. Non lo vedo da oltre vent’anni. Era un ragazzo silenzioso e molto appartato. Ma, a suo modo, con molta misura, partecipe della vita di classe. Una meravigliosa classe di liceo – racconta Gaetano – piena di intelligenza, di energia e di umorismo. Accolse il ragazzo al quarto anno cogliendone la particolarità e rispettandola. Quando i suoi compagni e le sue compagne ci davano dentro con gli scherzi e le battute, erano così travolgenti che pure lui finiva, a mezza bocca, col ridacchiare. E, se rideva lui, la classe coglieva che lo sketch era particolarmente riuscito e ridevano ancora di più. E pure i professori.
Era assolutamente innocuo – testimonia chi ne fu professore – e se una impressione dava era quella di una solitudine sofferente e pressoché inaggirabile. I suoi compagni se lo ricordano. Ogni tanto qualcuno lo incontra al lido di San Leone o al Centro commerciale di Agrigento. Gli fa festa. Lui, coi suoi modi misurati, ricambia e saluta anche i figlioletti dei suoi ex compagni”.
Un racconto che rende ancora più ignobile quanto accaduto, ignobile quell’allontanamento forzato, di polizia. “Assisto, insieme ai suoi compagni di tanti anni fa, con un misto di sconcerto e di rabbia, a questa bullizzazione di massa – scrive il prof dell’uomo messo all’indice – vittima di un meccanismo ben noto, quello di equiparare la solitudine al sospetto e il sospetto in accusa”. “Quell’uomo è un uomo solo e mi verrebbe da dire è solo un uomo”. Un uomo che voleva affondare la sua solitudine nell’umanità che gli stava attorno.
La cercava come per respirare, nella folla gioiosa di un lido, in quella disattenta di un centro commerciale, nella chiassosa attesa dei genitori, ai cancelli della scuola. “Perché non pensare che cerchi nell’allegria dei bambini che escono da scuola una allegria che fa fatica a vivere? Non so cosa possa avere fatto per meritarsi il foglio di via e di questi tempi di allarmismi potrebbe bastare poco, ma è certo quello che la canea social gli ha fatto”, conclude l’amico Gaetano. Ora quelli che furono i suoi compagni e le sue compagne stanno cercando di contattare l’uomo solo, messo in fuga dall’odio, dalla nostra insofferenza verso il diverso, il disagio, chi dalla vita e da noi tutti è stato reso solo. “Qualcosa bisognerà fare… Forza Calogero, siamo con te! È il tuo prof che ti parla”.