Le donne anziane italiane, tra solitudine, fragilità e risorse invisibili: una medicina più equa per loro

Un convegno a Roma evidenzia il ruolo insostituibile delle donne anziane e l’urgenza di una medicina genere-specifica per tutelarle meglio.

Le donne anziane italiane, tra solitudine, fragilità e risorse invisibili: una medicina più equa per loro
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27 Giugno 2025 - 11.48


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di Antonio Salvati

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In Italia le donne rappresentano il 60% della popolazione over 65. Sulla vita delle donne anziane, il 23 giugno scorso si è tenuto un incontro L’Età grande delle donne a Roma presso il Palazzo di San Callisto, organizzato dalla Fondazione Atena con la società scientifica Giseg (Gruppo italiano salute e genere), in collaborazione con la Fondazione Età grande, presieduta dal monsignor Vincenzo Paglia, ottantenne e fiero membro del pianeta anziani. L’obiettivo dichiarato dell’evento era sottolineare l’importanza di una medicina specifica per genere, con riferimento in particolare alle donne in età avanzata. La medicina di genere o, meglio, la medicina genere-specifica è una dimensione trasversale della medicina che studia l’influenza del sesso e del genere su fisiologia, fisiopatologia e patologia umana, come ha precisato una delle relatrici, Giovannella Baggio, pioniera della Medicina di Genere in Italia ed ex Titolare della prima e unica cattedra di Medicina di Genere nel nostro Paese. Nasce dall’osservazione che molti studi hanno descritto le malattie (epidemiologia, fisiopatologia, clinica, terapia), concentrandosi prevalentemente o talora esclusivamente su casistiche di un solo sesso.  Medicina di genere non significa medicina delle donne. Si tratta di un approccio e di un’applicazione necessaria per garantire a ogni persona l’appropriatezza terapeutica, riconoscendo e accogliendo le differenze di ciascuno: biologiche, sessuali, ma anche quelle di carattere sociale, economico, culturali… In altri termini, le differenze non scaturiscono solo dalla biologia. È, pertanto, necessario rivedere i metodi di cura e gli stili di vita, anche rispetto al mondo degli anziani.

Le donne anziane – ha ricordato Paglia – sono protagoniste in Italia della longevità. Mediamente più degli uomini. Tuttavia, «dopo questa età sono quasi due terzi gli anni passati con limitazioni funzionali. La solitudine è un tratto distintivo della condizione femminile anziana, proprio come conseguenza della maggior longevità: quasi la metà di loro oltre i 75 anni vive da sola in una condizione di solitudine ed isolamento sociale che le espone a demenze, malattie cardiovascolari e, ovviamente ad una vita poco “aiutata” da altri». In questa fascia di età sono quasi 2,8 i milioni gli anziani che vivono a casa con problemi importanti nelle attività della vita quotidiana, con serie difficoltà motorie e con una media di patologie pari 3. Le donne sono di gran lunga la maggioranza: spesso sole, con redditi più bassi dei loro coetanei, in circa la metà dei casi senza aiuto alcuno familiare, privato o dei servizi pubblici. Alla dipendenza dovuta alla disabilità si aggiunge spesso quella economica. Le donne – aggiunge Paglia – subiscono una doppia discriminazione: per età e genere. Per loro meno accessi alle cure, alle occasioni sociali ed al limitato mercato del lavoro riservato agli over 65. Le conseguenze sono tante.  Per fare un esempio tristemente attuale, nel 2021, il 35% delle donne uccise aveva più di 65 anni. Nel 2022, 46 donne vittime di omicidio avevano più di 65 anni e 20 di loro più di 80 anni, confermando che il fenomeno riguarda una fascia d’età spesso invisibile nel dibattito pubblico.

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Perché la nostra società sarebbe molto peggiore senza queste povere donne sole, disabili, povere e discriminate. Malgrado questi limiti, le anziane sono le mamme e le nonne che si prendono cura dei loro padri, dei figli e dei nipoti, rappresentando una presenza formidabile nelle famiglie italiane. In Italia, il lavoro di cura non retribuito svolto dalle donne (per il 75% anziane e adulte) ammonta a oltre 23 miliardi di ore all’anno, per un valore economico stimato di circa 50 miliardi di euro. Il contributo delle donne anziane non si limita all’assistenza diretta: il 92,8% delle nonne aiuta economicamente le famiglie dei figli e 3 su 4 accudiscono i nipoti. Per più di una su quattro questo significa privarsi di una grossa fetta della pensione: il 27,2% di loro, infatti, aiuta figli e nipoti con più di 250 euro ogni mese, che diventano almeno 500 euro per il 12,2%. Un aiuto economico che è servito per pagare il mutuo o l’affitto di casa, fare la spesa, pagare le bollette, pagare le tasse, comprare vestiti e libri per i nipoti. In altri termini, una risorsa fragile, ma pur sempre una risorsa «che diventa per tutti noi una lezione memorabile: anziane, malate, sole, povere, ma un vero baluardo in tante famiglie, per figli, nipoti e familiari invalidi». Sono le mamme e le nonne che danno una stabilità affettiva e una sicurezza ai nostri figli e nipoti, «siete quelle – sottolinea energicamente Paglia – a cui si ricorre sempre nel momento del bisogno e ci siete sempre, non mancate mai i vostri appuntamenti. Io vorrei che tra voi nascesse un movimento di riscatto e di consapevolezza, una rivolta morale al pregiudizio di chi vi vuole scarto e peso, ma anche un ulteriore passo di generosità e difesa verso chi, anziano, non può difendersi. Prendiamo in mano il nostro destino, aiutiamo i giovani ad appropriarsi di questa eredità di bene che abbiamo vissuto, anzi, non disprezziamola noi per primi! Care nonne, portate con orgoglio il vostro posto nella società, aiutate le altre meno fortunate di voi a portarlo, fatevi rispettare e soprattutto, fatevi lodare ed aiutare per la ricchezza umana che in grande silenzio, giorno dopo giorno porgete ai vostri cari. Io e noi della Fondazione saremo sempre al vostro fianco».

L’invecchiamento è un processo demografico, non è – sottolinea la Baggio – una malattia sociale. È la conclusione naturale dell’evoluzione della popolazione che abbiamo desiderato e determinato. Oggi sappiamo con maggior chiarezza cosa ha favorito l’aumento della speranza di vita alla nascita: Stato sociale (cultura, organizzazione, igiene, ricchezza…); organizzazione sanitaria e progressi della medicina; diminuzione mortalità alla nascita; diminuzione mortalità infantile; comprensione, diagnosi e cura delle malattie; l’ingreso di alcuni farmaci (antibiotici, vaccini…). Ma soprattutto la diminuzione della mortalità degli anziani! Com’è noto le donne vivono più a lungo. Un dato tra i tanti: nel 2024 in Italia si contavano oltre 22.000, di cui 18708 donne e 3844 maschi. Il vantaggio di sopravvivenza delle donne nella fase post riproduttiva è un fenomeno relativamente recente, osservato

 solo nelle coorti nate alla fine del 19° secolo, sia in Italia che nel mondo, e coincide anche con il declino della fertilità. Il declino della fertilità sembra contribuire a far emergere il vantaggio di sopravvivenza delle donne nell’età avanzata. Di conseguenza la mortalità è correlata al numero di figli che le donne hanno avuto nel corso della vita. Nelle età avanzate (95-99 anni) la fertilità da sola

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può spiegare circa tre quarti della varianza complessiva della Sopravvivenza relativa delle donne. La prof.ssa Baggio, insieme alla collega Anna Maria Moretti, si sono soffermate sull’inflammaging. L’invecchiamento è un processo fisiologico delicato e influenzato da molti fattori, alcuni esterni come lo stile di vita e l’alimentazione, altri interni come i processi infiammatori. I fattori interni agiscono attaccando le cellule del nostro organismo e determinandone il deterioramento. Uno di questi fattori, come accennato, è l’infiammazione, vero e proprio biomarker dell’invecchiamento. Il rapporto tra infiammazione e invecchiamento è talmente stretto che è stato coniato il termine inflammaging (“inflammation” + “aging”), per indicare l’infiammazione cronica che fa invecchiare l’organismo più velocemente. L’infiammazione è un meccanismo di difesa fisiologico del nostro organismo, attuato nei confronti di agenti patogeni esterni o di eventi traumatici. Una volta fatto fronte al pericolo, l’infiammazione dovrebbe passare rapidamente senza lasciare traccia. Se questo non avviene, il nostro corpo permane in uno stato di infiammazione cronica costante, che può danneggiare cellule e tessuti. L’infiammazione favorisce l’invecchiamento precoce dell’organismo. Per evitare il cronicizzarsi dei processi infiammatori occorre munirsi di “armi” nella lotta all’inflammaging. Lotta che si conduce a diversi livelli, come l’utilizzo di nutraceutici antiossidanti e il rafforzamento di alcune abitudini salutari, tra le quali l’attività fisica regolare, la riduzione di fonti esterne di stress e l’eliminazione del fumo. Secondo studi recenti, il fumo modifica le nostre risposte immunitarie, aumentando e sostenendo i processi infiammatori.

Infine, la Baggio ha sostenuto che la longevità è una nuova opportunità oltre all’effetto dell’evoluzione sociosanitaria. La longevità è fragile e va custodita. E soprattutto è un dono. Non poteva ascoltare di meglio Paglia che ha aggiunto come la longevità non è uno scarto. Fondamentale per longevità è la dimensione familiare, il prendersi cura. Ha infine ricordato quanto recita il Libro della Genesi: «Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”». 

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