Era mattina presto quando la polizia è arrivata in via Watteau per sgomberare il centro sociale del Leoncavallo. Un luogo di aggregazione, di accoglienza, militanza e cultura che ha resistito per cinquant’anni. Lo sgombero era stato disposto il 15 luglio ed era previsto per il 9 settembre ma le forze dell’ordine hanno anticipato l’azione. “Una delegazione di FdI è andata a Roma per chiedere di farlo prima. – dice la presidente dell’associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, Marina Boer – Sapevamo che poteva succedere, ma speravamo di arrivare a settembre” dice.
Ma cos’era il Leoncavallo? Il Leonka è stato un grande laboratorio politico e culturale. Era nato nel 1975, quando un gruppo di militanti extraparlamentari aveva occupato un’ex area industriale in via Leoncavallo, trasformandola in spazio di aggregazione e servizi culturali e sociali, tra cui una scuola popolare per operai. Nel 1978 era diventato noto a livello nazionale dopo l’omicidio di due giovani militanti del centro, Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, che stavano conducendo un’inchiesta sulla diffusione dell’eroina a Milano. Per il loro assassinio non venne mai condannato nessuno. La loro morte suscitò l’indignazione e la mobilitazione di migliaia e migliaia di persone contro una violenza gratuita e senza scrupoli e portò alla nascita del primo nucleo delle “mamme del Leoncavallo”, realtà attiva nella lotta contro la droga. Dopo anni di conflitti con le istituzioni, la sede originaria venne sgomberata nel 1994 e il centro viene trasferito prima in via Salomone e infine in via Watteau, a Milano nord, dove è rimasto fino allo sfratto del 21 agosto.
L’asilo sociale autogestito, i corsi di italiano per stranieri, il laboratorio di serigrafia, la cucina popolare che ha garantito i pasti anche a chi non poteva dare un contributo, il cinema e Downtown, lo spazio sotterraneo con le locandine degli anni ’80 e ’90 e i murales storici riconosciuti come patrimonio artistico dalla soprintendenza, fino anche all’accoglienza in inverno dei senzatetto che non avevano documenti; il Leoncavallo “è un posto che per 50 anni ha elaborato e proposto alla città dei modi diversi di rapporti sociali fra le persone, di produzione di attività culturale fatta in modi alternativi”, ricorda Boer, che “ha pensato a come dare dei servizi a basso costo e far vedere che è possibile gestire anche uno spazio del genere”. In una società sempre più individualista e capitalista, il Leoncavallo ha mostrato al mondo che questa non è l’unica opzione, che la collettività insieme può costruire.
L’amarezza di vedere il Governo che cerca di distruggere il lavoro di decenni emerge anche dalle parole di Luca Ghezzi, storico militante del centro sociale: “Dopo la demolizione parziale – del 1989, quando gli esponenti del Leonka si opposero e la loro resistenza attiva portò all’interruzione delle azioni di sgombero – siamo rientrati e abbiamo ricostruito tutto, ridando vita al centro in via Leoncavallo, fino al 1994 con lo sgombero definitivo”. Poi, con la sede di via Watteau, nacque un “centro di aggregazione che dà la possibilità anche alle fasce più deboli di socializzare, senza la mercificazione del divertimento, dando la possibilità a tutti di vivere momenti culturali”.
Oggi quelle persone che resistettero con così tanta forza sono morte, come Carmen De Mil, insignita dell’Ambrogino d’oro alla memoria nel 2022, o sono invecchiate e non c’è più quell’energia e unità di azione che ha permesso al Leoncavallo di resistere per tutto questo tempo. Altrettanto da non sottovalutare è il nuovo DL Sicurezza, una pistola carica nelle mani del Governo rivolta contro tutte le realtà di militanza e attivismo politico.
Una tenue speranza è ora riposta nelle trattative con il Comune per l’area di via San Dionigi, nonostante restino le difficoltà legate alle somme ingenti che serviranno per ristrutturare l’edificio. Le prospettive restano però poco incoraggianti, “È sempre più dura trovare uno spazio alternativo e ricominciare da capo” constata Ghezzi ma “quello che abbiamo portato avanti negli anni – conclude Boer – è indipendente dai luoghi fisici dove facevamo le nostre attività e proposte culturali e politiche alla città. E continueremo a farlo”.