Si intitola “Lezioni di Mafie” il nuovo programma in quattro puntate in onda su La 7 a partire da mercoledì 17 settembre che vede la partecipazione del celebre procuratore di Napoli Nicola Gratteri. L’intenzione – ha spiegato il magistrato – è quella di mostrare come opera oggi la criminalità organizzata, fra dark web, alta finanza e infiltrazioni politiche. In un paese civile, Gratteri e il suo indefesso impegno civile contro le grandi organizzazioni criminali dovrebbero essere considerati un vanto nazionale.
E invece no.
Il viceministro della giustizia, il berlusconiano Francesco Paolo Sisto, lo ha pubblicamente criticato, definendo “inopportuno” il nuovo programma. Il sottotesto delle affermazioni di Sisto evoca implicitamente una sorta di “vanità mediatica” che avrebbe indotto il magistrato a distrarsi dal suo lavoro, attratto dalle luci della ribalta. Ma non basta. Forza Italia, in spregio al senso del ridicolo, ha perfino prodotto un’interrogazione parlamentare in proposito.
Che un procuratore con il curriculum di Gratteri, peraltro a fine carriera, abbia bisogno di presenziare in un programma televisivo per lusingare l’ego è veramente un’enormità. D’altra parte, parlar male di un programma contro le mafie senza perdere del tutto dignità e credibilità non deve essere un’impresa semplice.
Dove sia la sconvenienza di spiegare ai telespettatori come lavorano le mafie nell’epoca dell’intelligenza artificiale, non è dato sapersi. A pensar male, si potrebbe ipotizzare che il governo voglia tenere i cittadini all’oscuro per far loro credere che le riforme del ministro Nordio abbiano come scopo l’instancabile lotta contro le organizzazioni criminali.
In realtà, anche senza il programma di Gratteri, i cittadini hanno probabilmente già compreso che avvisare l’indagato cinque giorni prima di arrestarlo, limitare le intercettazioni telefoniche a quarantacinque giorni e rendere gran parte dei reati procedibili solo su querela di parte sono misure che, invece di combattere il crimine, lo agevolano. Ma almeno nessuno li ha aiutati, si sono dovuti sforzare da soli. Ora possono capire tutto più in fretta, solo guardando la televisione dopo cena. È troppo facile.
E poi c’è quel dettaglio della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati, che viene attualmente spacciata come una battaglia garantista contro i giudici forcaioli. Non sia mai Gratteri ribadisse in prima serata che si tratta di un’iniziativa finalizzata a sottoporre la magistratura al controllo dell’esecutivo, poi c’è il rischio che le persone si facciano prendere dai dubbi.
In aggiunta, c’è un’onorata tradizione berlusconiana che non si può tradire, se non altro per riconoscenza. E su questo non si può eccepire nulla al viceministro Sisto.
Ci si sarebbe forse aspettati una levata di scudi in difesa di Gratteri da parte di Fratelli d’Italia, dal momento che la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha sempre rivendicato una vocazione politica legalitaria (al netto della sua lunga militanza berlusconiana e dei continui attacchi alla magistratura perpetrati in questi tre anni di governo. Ma non stiamo a sottilizzare).
Eppure, tutto tace.
A questo punto, non ci resta che guardare “Lezioni di mafie” e augurarci che abbia un ottimo share.