L'Ultimatum di Pontida. Cronaca di un nonnulla annunciato
Top

L'Ultimatum di Pontida. Cronaca di un nonnulla annunciato

La trepidante attesa del discorso sullo stato della nazione padana ha tenuto l'Italia tutta in agitazione, fin dall'esito dei referendum dello scorso 12 giugno.

Umberto Bossi
Umberto Bossi
Preroll

Desk Modifica articolo

20 Giugno 2011 - 19.06


ATF

La trepidante attesa del discorso sullo stato della nazione padana ha tenuto l’Italia tutta in agitazione, fin dall’esito dei referendum dello scorso 12 giugno. La sconfitta del governo sui quesiti referendari, così schiacciante per quorum e per risultato di voto, è stata la proverbiale goccia. E il vaso, in effetti, traboccava da tempo: lo strappo politico tra Arcore e Via Bellerio era una scena in loop che proseguiva, con qualche piccola variante, da lunghi mesi. E dai e dai, quelli che ce l’hanno duro per antonomasia, si sono stancati di stare appresso ai giochini perditempo alla bungabunga, alla minacciosa morsa fiscale di Roma ladrona e ai clandestini che con la scusa di una guerra o di una dittatura in casa loro se ne scappano per venire a rifocillarsi a Lampedusa.

Con pugno di ferro, hanno deciso e deliberato che d’ora in poi, se non vedono attuato il loro programma pari pari nel programma di governo, tireranno un bello scherzo al premier balzando giù di scatto dal carro del perdente. E’ giunta l’ora.

E siccome il momento è storico e la svolta epocale, un passaggio di tale importanza va prima annunciato in pompa magna, poi ornato di una degna scenografia e infine comunicato ufficialmente dal grande capo.

Tre elementi dello spettacolo leghista, sapientemente miscelati e messi in campo per ottenere il giusto triplice effetto: suspence nel paese Italia, panico tra i berluscones e una puntura ricostituente di eccitazione nel proprio elettorato sfiduciato.

Ma andiamo con ordine: il proclama del Carroccio arrivava lunedì scorso e suonava minaccioso: “Siamo stufi di prendere sberle”. Il seguito era sottinteso: “D’ora in poi saremo noi a darle”. E dunque, era chiaro l’ultimatum rivolto al capo del governo. Su tutti i media che contano si è scatenato l’infernale meccanismo del domandone ossessivo: “Cosa avrà voluto dire?” .
Riecheggiava tra tutti i principali giornali, tg e talk show. E tutti i giornalisti, opinionisti, analisti e qualunquisti interpellati hanno cripticamente risposto cose del tipo “Chi vuol capir capisca” e “A buon intenditor poche parole”. In mezzo a questo alone di mistero cresceva una suspence creando un clima da Avvento che ci rendeva molto più speranzosi per il futuro del paese: si aprirà la crisi?

Intanto, nel favoloso mondo di Padania, il glorioso popolo celtico si dava un gran da fare ad allestire la storica location di Pontida per l’evento clou di domenica 19 giugno. Tutto dovrà essere perfetto, come a Disneyland. Una giostra immensa con colori, sapori e musiche rigorosamente padani. Il verde a campeggiare su tutto; in sottofondo continuo il va’ pensiero, opera verdiana, a intasare le orecchie dei convenuti; e polenta a go go, che è gialla ma col verde si intona bene.

Qua e la, per dare un risalto storico-culturale, qualche figurante con armatura, scudo e spada, intratterrà il pubblico e si lascerà scattare foto con i turisti autoctoni (che è una contraddizione però a Pontida non sono ammessi cittadini nati oltrepò).

E così viene la domenica, il gran giorno. Il sole delle alpi splende fiero sulla genia celtica raccolta numerosa sotto il grande palco. I tempi scenici impongono un po’ d’attesa per scaldare la platea, incitata da un vocalist esaltato al grido solenne di “Libertà”.

Finalmente, in un tripudio di cori da stadio e applausi scroscianti, sale sul palco il grande capo. Prende il microfono e senza perder tempo dà subito una tirata d’orecchi ai giornalisti lecchini di Roma ladrona. Il gesto del dito medio cede il posto al pollice verso (che dev’essere il passaggio dal linguaggio del corpo tradizionale all’influenza sui codici della politica bossiana della comunicazione di facebook). Per la serie: si parla di Berlusconi, non mi piace quest’elemento.

E poi, eccoci al momento cruciale. Annunciazione, annunciazione!

Il grande capo tira fuori un foglietto e legge:

“Caro babbo natale,

la tua premiership è in discussione.

Ti ho scritto qua una lista dei regali che vogliamo. Se non ce li darai, vedi tu.

Alle prossime elezioni non è mica detto che.

Elenco:

-Non ci puoi togliere i trattori. É’ inutile piangere sul latte versato e perciò noi le multe non le paghiamo.

-Perché le toghe rosse sì e le toghe verdi no? Noi ci apriamo il nostro istituto professionale per magistrati a Bergamo e ci facciamo le nostre toghe verdi.

-A Monza, mica può esserci solo l’autodromo. C’è spazio pure per i ministeri.

Allora, questo è un ultimatum.
Poi oggi è domenica, magari ne riparliamo il 22 che è un martedì.
Però ti dico: Noi tra poco ci arrabbiamo eh!
Io conto fino a tre.
Uno.”

Native

Articoli correlati