Lo stipendio dell'onorevole Caro Cicosti

I risultati della Commissione Giovannini. In Italia indennità superiore, ma Francia e Germania pagano di più per i portaborse. Che però da noi non vanno giustificati.

Lo stipendio dell'onorevole Caro Cicosti
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3 Gennaio 2012 - 19.37


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L’Istat si arrende. Se anche l’Istat, l’istituto nazionale di statistica di arrende, vuol dire che è davvero un gran pasticcio. Stiamo parlando di quanto guadagnano i parlamentari italiani a confronto con quelli degli altri grandi paesi dell’UE. Per esempio l’indennità mensile lorda è la più alta d’Europa. Ma il “costo complessivo” del parlamentare in altri paesi, Francia e Germania in particolare, è ben superiore. Difficile, dunque, anzi “impossibile” decidere chi guadagna di più e chi meno. E soprattutto “fare una media”.

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Jungla e trabocchetti.
La relazione della Commissione per il livellamento retributivo dei nostri parlamentari, guidata dal presidente Istat Enrico Giovannini, nelle 37 pagine depositate il 31 dicembre, si limita a fotografare la “giungla” retributiva dei parlamentari nei sette paesi presi in esame: Italia, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Austria e Belgio. Giovannini ha chiesto però una proroga al 31 marzo per completare il lavoro su organi costituzionali e enti pubblici. Ma dove sta la complicazione, si chiede il cittadino comune?


Retribuzione puzzle.
Il trucco, se di questo è lecito parlare, sta nella scomposizione delle diverse voci di reddito. La prima voce di “stipendio”, ad esempio. La cosiddetta “indennità”. 11mila euro, a Berlino e 7mila a Parigi. In nessun paese europeo un parlamentare percepisce un’indennità lorda mensile pari a quella del deputato (11.283 euro) e del senatore (11.550 euro) italiano. Ma la stessa indennità costituisce solo una delle cinque voci che – si legge nella relazione – compongono il “costo” del parlamentare. Scopriamo gli altarini.

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Annessi e connessi.
Le altre “voci” di redditto aggiuntivo di marca italiana: diaria, spese di viaggio e trasporto, spese di segreteria, spese per assistenza sanitaria, assegno vitalizio e di fine mandato. Ed ecco che la voce “indennità” riesce e non spiegare nulla. Esempio della Spagna: l’indennità in senso stretto (2.813 euro) è addirittura quasi quattro volte inferiore. Si avvicinano i Paesi Bassi con 8.503 euro. Tra i grandi paesi, Francia e Germania viaggiano tra i 7.100 e i 7.668. Ma si parla di lordo. In Italia l’indennità netta è di poco superiore ai 5.000 euro.


Gli “ammenicoli”.
Diaria, ad esempio, l’indennità di “residenza” per vivere nella capitale a fare il proprio mestiere di parlamentare. 3500 euro per spese di soggiorno a Roma. Solo in Germania si spende di più. Quindi il budget assegnato al deputato e al senatore per le spese di mantenimento fuori sede non costituisce un record continentale. A ricevere una cifra forfettaria più alta per le spese di soggiorno a Berlino è per esempio il parlamentare tedesco: 3.984 euro. Ma il collega italiano con 3.503 euro segue a ruota.


Trasferta anche sotto casa?
I soliti “furbetti del quartierino”. La “diaria” non fa differenza tra chi soggiorna a Roma per l’attività parlamentare e chi vive e risiede comunque nella capitale. Per moralizzare almeno in parte simile vergogna, da qualche mese, alla Camera e al Senato questa ricca indennità accessoria viene decurtata sulla base delle assenze: non solo quelle nelle sedute d’aula, ma anche nelle sedute di commissione. Ed è il motivo delle recenti polemiche per i frequenti casi di deputati presenti solo per firmare il registro e poi dileguarsi.

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Trasfertisti europei.
In Francia il deputato non percepisce affatto la diaria, ma gode di alloggi a tariffe agevolate in residence di proprietà dell’Assemblea. A Madrid sì, ma ammonta a 1.800 euro, mille in meno poi se il deputato è eletto nella capitale. Trattamento simile nei Paesi Bassi, non prevista in Belgio. Come a dire che la vita romana costa più che in qualsiasi altra capitale europea, salvo eventuali gusti ed esigenze più dispendiose da parte dei nostri eletti. Resta il fatto che per una media di 10-15 presenze mese, e una diaria davvero generosa.


Il volatile “Portaborse”.
La commissione Giovannini le chiama “spese di segreteria e di rappresentanza”. E’ il budget messo a disposizione da Camera e Senato per i parlamentari al fine di consentire a deputati e senatori di avvalersi di collaboratori e di segreterie nei territori di origine e a Roma. Da noi sono 4000 euro: meno che in altri Paesi, ma da noi quella spesa non va giustificata e spesso comprende familiari, amicizie personali da tutelare, o anche nessuno visto appunto che non c’è ricevuta di avvenuto pagamento da presentare.


Benefit a go-go.
Il monte benefit è la vera “babele” che fa del parlamentare italiano un privilegiato. La relazione Giovannini elenca. La “libera circolazione ferroviaria, autostradale, marittima e aerea”, inesistente altrove. In Francia, i deputati dispongono di una carta ferroviaria, più 40 viaggi aerei tra il collegio e Parigi e 6 fuori dal collegio. In Germania, solo tessera ferroviaria e rimborso per i voli domestici con rimborso a piè di lista. In Spagna, è prevista una diaria da 150 euro per ogni giorno di viaggio all’estero e 120 per viaggio interno.

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Paesi e privilegi bassi.
In Olanda treno di prima classe e rimborso chilometrico da 0,37 euro al km ma solo se non esistono mezzi pubblici che consentano al deputato di tornare a casa. Per non parlare delle comunicazioni. Telefoni innanzitutto. Il parlamentare italiano usufruisce anche di 258 euro mensili di rimborso per spese telefoniche, battuto solo dai colleghi francesi con 416 euro. Solita taccagneria nei Paesi Bassi, 33 euro appena, e di 41 euro per dotazione informatica. La Spagna però offre Ipad e telefoni portatili di servizio.


Scandalo vitalizi.
Nell’Ue tutti tutti i parlamentari hanno diritto alla pensione. Ma in Italia c’è un superassegno. Fino al 31 dicembre, usufruivano di vitalizio dopo almeno due legislature, al compimento del cinquantesimo anno. Resta ora come allora l’assegno di fine mandato, ma il vitalizio è stato sostituito dal primo gennaio da una pensione con metodo contributivo e solo al compimento dei 65 anni (60 con almeno due legislature). Un minimo tentativo di moralizzazione di fronte alla stangata sulle pensioni decisa da Monti.


La differenza è il “quantum”.
In Italia, dopo 5 anni di mandato il vitalizio è stato di 2.486 euro mensili, con un versamento pari all’8,6 per cento dell’indennità lorda. In Francia, dopo cinque anni di mandato, il vitalizio minimo è 780 euro a fronte di un versamento del 10,5 per cento dell’indennità, e se ne ha diritto a 60 anni. In Germania, l’età alla quale il deputato matura la pensione è stata innalzata a 67 anni. In Spagna è pari alla differenza tra la pensione che il deputato riesce a maturare e la pensione massima raggiungibile in quel paese.

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