“Sono pronto a forti gesti di discontinuità”. Lo ha detto il governatore della Lombardia uscendo da via dell’Umiltà. Il Celeste stamattina è arrivato a Roma per cercare di risolvere il caso della giunta lomabarda, scosso alle radici dagli arresti diieri che hanno scoperchiato il sistema di voti di scambio con la ‘ndrangheta di uno degli assessori. A Via dell’Umiltà si è svolto un vertice a tre tra Formigoni, il segretario del Pdl Angelino Alfano e il segretario della Lega Roberto Maroni. Le principali incomprensioni, infatti, sono proprio con la Lega che ieri aveva chiamato al voto anticipato, e oggi ha fatto dietrofront chiedendo di “azzerare”. A quanto pare così sarà: ci si attende un forte rimpasto della giunta della regione Lombardia. Pare chiaro, inoltre, che Formigoni non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro. Come la Lega, e molti altri anche dentro al Pdl, avrebbero gradito. Ma Formigoni non si scanza. Il vertice riprenderà tra due ore: “Ora devo andare a incontrare gli altri presidenti di regione al Quirinale”, ha detto il governatore all’uscita da via dell’Umiltà.
Stavolta il “Celeste” sente davvero arrivare l’ora della fine, ma resiste. Anche se lui stesso – ed è la prima volta, nonostante gli avvisi di garanzia per corruzione e vari altri reati consegnati sia a lui che a ben 12 membri di giunta e consiglio regionale – che l’arresto di ieri dell’assessore alla Casa Domenico Zambetti è stato un colpo duro. Durissimo.
Zambetti spergiuro“O è un abbaglio della magistratura, ma non mi sembra, o Zambetti è uno spergiuro che ha tradito non solo gli elettori, ma anche me e il suo partito”, ha detto oggi alla trasmissione di Belpietro su Canale 5. Da parte di uno che finora ha negato qualsiasi ombra sulla propria inquisitissima parte politica, è uno straziante passo avanti. Ma da qui a dimettersi, ce ne corre. Anche se in queste ore si sta svolgendo una tenzone in punta di spada tra il governatore, sempre più isolato, e tutto lo stato maggiore della Lega nord.
Zambetti è stato tratto in arresto con la grave accusa di aver comprato voti alla ‘ndrangheta. E di essere stato eletto grazie a quelli. 50 euro l’uno: ne ha presi 400. Per la Lega questo è troppo. Dopo lo scandalo del “magna magna”, l’ex partito più pulito dell’arco parlamentare – anche grazie alla giovane storia – sta cercando di rifarsi una verginità, da mesi. E la questione ‘ndrangheta è da sempre un punto d’onore. Vi ricordate la querelle tra l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni e lo scrittore Roberto Saviano? Saviano osò parlare in televisione di alcune indagini della magistratura sulla ‘ndrangheta che lambivano personaggi della Lega. Apriti cielo. Caso nazionale. Il ministro pretese una replica in tv.
La Lega e la verginità sulla ‘ndranghetaSu questo, la Lega con Formigoni non è mai andata d’accordo. Formigoni è uno che nega anche l’evidenza, e dopo l’arresto di Zambetti sono stati in molti – ieri – a rinfacciargli tutte le sue dichiarazioni contro l’ipotesi che la mafia si fosse infiltrata a Milano – cosa piuttosto nota all’universo mondo, tranne a lui e al prefetto di Milano Gian Velerio Lombardi.
Maroni e SavianoLa Lega ha tenuto finora fermo il punto sul fatto che se la mafia c’è, la Lega la combatte. Dunque da ieri, il partito padano è davanti a una scelta piuttosto stringente: la ‘ndrangheta c’è, e sedie in giunta regionale. Che fa la Lega? “Di fronte alla ‘ndrangheta tutto va in secondo piano, anche la buona aministrazione. Per noi bisogna azzerare tutto, rifare la giunta da cima a fondo. Se Formigoni vuole fare un passo indietro sta a lui decidere”, le parole non troppo amichevoli di Matteo Salvini di stamattina. In realtà si tratta di un mezzo passo indietro rispetto a ieri, quando Salvini aveva parlato esplicitamente di “voto anticipato”.
Formigoni non mollaIpotesi che aveva subito messo in allarme Formigoni. Il quale anche se sta annaspando, anche se non ce la fa più, non vuole mollare. Le ragioni sono tante: di interessi (arriva l’Expo), ma anche personali (come insegna Berlusconi, se hai guai con la magistratura, meglio essere in prima linea in politica). Ma anche più strettamente politici: Formigoni è il Ras della Lombardia, una specie di Chavez meneghino, ha i suoi rapporti la sua “onorabilità”. Lasciare adesso significherebbe sparire infagato, per l’eternità.
“Cadranno anche Veneto e Piemonte”
Dunque, alla minaccia della Lega Formigoni ha risposto sfacciatamente: “Si ricordino che se cade la Lombardia cadono anche Veneto e Piemonte”. Salvini si Facebook stamattina ha risposto: “Il governatore si preoccupi della nostra Lombardia, e lasci stare Veneto e Piemonte che non hanno bisogno di padrini”. Ma Formigoni è tornato sull’argomento senza vergogna, da Belpietro: “”Non è un ricatto – ha spiegato candidamente Formigoni – ma il frutto di un accordo politico per le elezioni del
2010 con cui si stabilì che due regioni andavano alla Lega e la
Lombardia al Pdl”. ”Su questo – ha aggiunto –
vi sono parole chiarissime di Berlusconi ed Alfano”. A Salvini non è restato che rispondere: “Non abbiamo paura di nulla, andremo fino in fondo. E se si torna a votare prenderemo il doppio dei voti”.
Insomma, siamo quasi alla guerra. Ma le munizioni da entrambe le parti sono piuttosto potenti. Elezioni anticipate? Più probabile un rimpasto completo. Fino al prossimo avviso di garanzia.
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