Bersani istituzionale, Renzi torna rottamatore
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Bersani istituzionale, Renzi torna rottamatore

6 milioni e mezzo di ascoltatori per il faccia a faccia del centrosinistra. Le ormai improbabili primarie del Pdl, in onda a Porta a Porta interessano a 2 milioni di italiani.

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29 Novembre 2012 - 08.24


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Hanno sparato tutte le loro cartucce, le ultime, e di fronte al grande pubblico di Rai 1, la tv ammiraglia. Che non si era aggiudicata il primo confronto tv tra i cinque partecipanti alle primarie del centrosinistra – guadagnato da Sky – ma ottiene l’ultimo. Quasi che fosse un atto dovuto. E Monica Maggioni, scelta dal Tg1 per condurre il dibattito, lo sottolinea in apertura: “E’ giusto che un dibattito così importante per la democrazia di questo paese si faccia qui”.

Lo studio. Atmosfera molto più “casalinga” rispetto al precedente di Sky, che aveva puntato di più su uno stile “americano”. Anche in Rai i due sfidanti parlano da in piedi (il precedente confronto “storico” tra Berlusconi e Prodi si era svolto da seduti), leggio non rosso ma nero, pubblico in sala meno numeroso e più raccolto. La Rai sceglie una donna, mentre Sky si era affidata a un giornalista. Monica Maggioni è brava, forse un po’ verbosa, e comunque alla fine non manca di farci sapere che lei si è sentita “una cittadina di un paese normale” e quindi ringrazia i candidati per le primarie e il dibattito.

La sfida. Due minuti per ribattere a ogni domanda del primo “slot” studiato dalla redazione, slot delle domande scelte dal web, due domande a testa per i Comitati pro Renzi e pro Bersani collegati da fuori (uno a Milano- Renzi – e uno a Palermo – Bersani) e l’ultimo slot di domande brevi a cui rispondere in trenta secondi. Peccato che, alla fine, gli argomenti sono più o meno sempre quelli: lavoro, diritti civili, pensioni, alleanze.

Renzi fa il rottamatore. La strategia scelta da Renzi è stata quella di addossare a Bersani e al Pd (ovvero, il partito di Renzi) tutte le colpe degli ultimi 20 anni. Lavoretto facilissimo, ovviamente, pure troppo. Renzi ha ritirato fuori il suo spirito da rottamatore, e ha ripetuto continuamente che “bisogna mandare a casa chi non ha saputo fare meglio”. Sottinteso: Bersani. Il Pd ha sbagliato quando non ha fatto (conflitto d’interessi) e quando ha fatto (la legge sul rimborso dei partiti, la lotta all’evasione, le liberalizzazioni che non hanno funzionato, la riforma sulla scuola di Berlinguer che era di sinistra solo a parole). Renzi rinfaccia a Bersani pure l’Ilva “Siete stati al governo e anche voi avete fatto finta di niente”. Gli conta anche i giorni in cui è stato al governo. E Bersani: ce ne hai di pazienza. Renzi: no, basta fare il calcolo col telefonino.

Bersani parla da premier, o almeno da ministro. Il segretario del Pd ha mantenuto la rotta della concretezza, cercando di “fregare” Renzi sul troppo entusiasmo. Il sindaco di Firenze è partito dicendo che una sua prima proposta concreta è di investire 21 miliardi di euro per mettere 100 euro netti in tasca a chi guadagna meno di 2 mila euro al mese (cioè parecchi in Italia). Bersani controbatte dicendo “dico subito che 21 miliardi non li ho”. Le domande sul lavoro, sulla politica industriale, sulle pensioni sono tutte nell’ottica di proporre qualche riforma che “ottimizzi le nostre risorse e coniughi risanamento del debito con l’equità”. Sulla mafia da questo punto di vista Bersani straccia l’avversario, perché elenca le leggi necessarie per bloccarla a partire dall’antiriclaggio, mentre Renzi si sofferma un po’ troppo su una vaga idea di “educazione alla legalità”.

Le scintille.
Non sono molto ma ci sono, anche se soffocate dalla cenere del fair play. La prima è sulla Palestina. Bersani dice che domani l’Italia deve dire sì all’ingresso della Palestina nell’Onu come paese osservatore, unico modo per non far vincere Hamas. Renzi dice che lui ci penserebbe. “Vorrei che nel partito ci fosse un’unica posizione”, osserva il segretario. Le alleanze sono l’altro fronte bollente e in particolare l’Udc. Bersani dice che “non voglio fare ulteriori regali a Berlusconi” e ribadisce che vuole “organizzare i progressisti”. Renzi ripete che con l’Udc non vuole avere a che fare perché “non possono sempre cambiare casacca” e lancia l’affondo a proposito della Sicilia – Bersani aveva detto che Crocetta l’innovatore era appoggiato dall’Udc – e sottolinea “soprattutto l’Udc siciliano”. Sulla legge elettorale Bersani rilancia sul doppio turno di collegio, mentre Bersani rilancia sulla “legge dei sindaci” dicendo che il premier in futuro dovrà essere “il sindaco d’Italia”, ovvero apre al presidenzialismo.

Il perdono In chiusura di dibattito Maggioni domanda: a chi chiedereste perdono? Delusione: entrambi chiedono scusa solo alla propria famiglia per il tempo rubato e Bersani ritira fuori il prete della sua infanzia, perché gli diede un dolore organizzando lo sciopero dei chierichetti. Renzi a suo fratello laureato in Medicina che se ne è andato all’estero perché altrimenti lavorando a Firenze sarebbe stato per sempre “il fratello del sindaco”.



  RENZI vs BERSANI


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