Il paese delle nipoti e delle zie di Mubarak
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Il paese delle nipoti e delle zie di Mubarak

I difensori eccellenti della Cancellieri de-ligrestizzano la vicenda, riconducendola a un puro atto di umanità verso una detenuta qualunque. Così funziona il potere.

Il paese delle nipoti e delle zie di Mubarak
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Antonio Cipriani Modifica articolo

4 Novembre 2013 - 16.31


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Se ho capito bene la posizione di molti difensori del ministro sul caso Ligresti-Cancellieri: un atto di giustizia (ad personam) nel mare dell’ingiustizia è comunque un atto umanitario. E non conta niente la persona scelta dal caso, o per il fatto che si tratti di un’amicizia altolocata che pone il ministro all’interno di un complesso intreccio di affari personali, affari di famiglia, interessi privati e la sua evidente declinazione istituzionale di tutto questo. Un atto buono, dicono. E sottolineano tutti il confine sacro tra garantismo e giustizialismo. Come se aiutare la figlia di un amico dei salotti bene fosse garantismo. E invece pretendere dalle istituzioni rispetto per tutti e non un esercizio arrogante del potere fosse giustizialismo.

No, non ci sto. Mai giustizialista, ritengo che peggio dei forcaioli ottusi siano i garantisti a singhiozzo. Quelli che sentono forte il peso della giustizia sociale solo quando colpisce uno di loro, uno della Casta, un amico o un amico degli amici. Ne abbiamo viste di queste situazioni, talvolta a insaputa dei potenti stessi, altre volte talmente sfrenate da renderci ridicoli nel mondo. Nel caso di Ruby, per esempio, feroci cacciatori di extracomunitari, estensori di leggi razziste e fasciste, diventarono di colpo garantisti per difendere l’indifendibile Capo assoluto in doppiopetto (la ricchezza e l’eleganza fanno la differenza). Ma quella telefonata da repubblica delle banane di Berlusconi in questura metteva in evidenza un elemento: Ruby era la nipote di Mubarak, capito? Quindi nella filosofia d’uso corrente del potere, non era come le altre. Doveva avere un trattamento da “nipote di Mubarak” (dato per altro passivamente accertato e accettato dal Palamento).

Quello che è importante notare è che il sistema di potere segue sempre il solito canovaccio. Una è la figlia di Ligresti, l’altra la nipote di Mubarak. Una definizione spontanea di livelli di intoccabilità. D’altra parte al telefono, dopo aver chiamato lei la moglie di Ligresti, la Cancellieri dice riferendosi agli arresti: non è giusto, non è giusto, è la fine del mondo… Non è giusto? Ma che cosa non sarebbe giusto per un ministro Guardasigilli? Che la magistratura faccia il suo dovere? Anche in questo caso, il giudizio al telefono cela l’idea che l’impunità, invece, sia giusta. Come fosse la zia di Mubarak (battuta di Alberto Capece Minutolo).

Ma i difensori del ministro quando ne parlano sbianchettano il nome Ligresti (con intrecci, interessi di famiglia e questioni di lobby), fanno finta che non siano mai state dette le baggianate assurde della Cancellieri al telefono. Discutono solamente dell’interessamento umanitario per una detenuta. Qualcuno mi fa notare che si tratta di difensori eccellenti. Io rispondo che il sistema di potere vero funziona così: gli indiscutibili garantiscono per i notabili discutibili.

Che cosa ci mostra questa storia? Lo scenario di un Paese orrido e senza dignità, diviso tra figli e figliastri. In una crisi prima ancora che economica, culturale. Una crisi di accettazione rabbiosa di questa ingiustizia che ogni volta salta agli occhi. Ogni volta che come cittadini ci accorgiamo che questi banditi hanno costruito, nell’alleanza cementata tra politica, capitale e media, un sistema in cui i diritti sono per chi ha conoscenze giuste. Che vuol dire questo? Che nel senso comune di questo Paese si sta radicando la certezza che i diritti siano asimmetrici: che la ricchezza, la posizione di potere e privilegio, costituiscono un dato di fatto indiscutibile. Mentre i senza diritti, i poveracci, quelli che sono fuori da tutto, i figliastri, dovranno elemosinare una briciola di potere dagli ammanicati, raccomandazioni, aiutini, favori al posto dei diritti. Pietendo invece di organizzarsi e battersi. Subendo e accumulando rabbia, covando risentimento (Quando potranno sceglieranno l’antipolitica, lo slogan truculento, il leader carismatico di destra o di sinistra, il populismo, l’astensionismo, il razzismo). Come è evidente il successo culturale berlusconiano, la mentalità che ha iniettato nel Paese e che ormai scorre nelle vene.

Per questo mi irrita la difesa del gesto nobile, da salotto buono. E l’atteggiamento arrogante di chi non vuole essere messo in discussione mi irrita ancora di più. Faccia un passo indietro e dia le dimissioni. Non perché ha scelto una su tanti, o cento su tanti. Per il tono della telefonata con la moglie di Salvatore Ligresti. Per aver comunque messo in difficoltà il Dap e i giudici (visto che avevano già tutte le carte in mano per decidere autonomamente e non credo mancassero ai Ligresti gli avvocati). Per non aver tenuto presente il fatto che i rapporti con i Ligresti sono noti e antichi. Cito da Gianni Barbacetto: “Bipartisan in politica, Ligresti non dimentica le istituzioni. Ha sempre avuto molti amici, per esempio, alla prefettura di Milano. Strettissimo il rapporto con Anna Maria Cancellieri, negli anni Ottanta viceprefetto. Nel 1987 riceve addirittura un cronista del Giornale chiamato a rapporto dai Ligresti: l’attuale ministro della Giustizia, mentre è capo ufficio stampa della prefettura, fa le pr per un personaggio che in quel momento è sotto inchiesta per abusi edilizi e corruzione, ma è anche oggetto di una indagine per mafia (aperta da Franco Ionta, proseguita da Piercamillo Davigo e poi archiviata). In rapporti d’amicizia con don Salvatore anche il prefetto Enzo Vicari e due suoi successori, Bruno Ferrante e Gian Valerio Lombardi. Vicari diventa in seguito presidente di una delle cliniche dei Ligresti, l’Istituto ortopedico Galeazzi, Ferrante passa al vertice di una società controllata da Impregilo, la Fibe”.

Quanto bianchetto ci vorrà per ricondurre una vicenda del genere nell’ambito di una disputa tra garantisti (con a cuore i detenuti) e forcaioli?

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