Il clima internazionale resta pessimo nonostante per la prima volta sembri tenere la tregua tra Hamas e gli israeliani. Solo una breve tregua e nulla è prevedibile su quello che accadrà al suo scadere. In Ucraina invece si contrappongono i militari di Kiev con i ribelli separatisti e 20.000 militari russi sono già schierati alla frontiera nella regione di Donetsk. Non si riducono i timori e le gravi preoccupazioni per l’Iraq, la Siria e la Libia, mentre i bellicosi cavalieri del califfato si muovono spregiudicatamente in ogni direzione. Un contesto sempre più complicato e gravido di preoccupazioni ben oltre i rischi per le situazioni delle singole aree, tutte facilmente infiammabili con reazioni a catena come avvenuto per il Libano.
Si prova così quasi fatica ad occuparsi delle vicende italiane che pure sono importanti. Per il Senato la “rottamazione” è quasi fatta, forse prima addirittura del fatidico 8 agosto, che era parso improbabile ad un certo punto allo stesso Renzi. Ma la volontà di velocizzare, fare in fretta perché il Paese non può attendere, hanno spinto i senatori ad andare più veloci del previsto. Fare presto è stata la parola d’ordine del presidente del Consiglio, dei suoi ministri e di tutta la maggioranza. Anche l’approssimarsi del ferragosto avrà avuto il suo peso, senza vantaggi però per la qualità del risultato. Aldo Moro, ricordo bene, alla fretta preferiva la riflessione e la ricerca consapevole del consenso. Magari con qualche giorno in più per favorire l’emersione dei punti d’incontro rispetto ai differenti punti di vista, per ricondurli a sintesi equilibrate ed efficaci. Stagioni remote della nostra vicenda storica su cui non sarebbe male riflettere di tanto in tanto e fare magari memoria intelligente e dinamica. La cavalcata di palazzo Madama è stata caratterizzata soprattutto dalla fretta di chiudere, di portare a casa il risultato. Eppure la posta in gioco era importante e delicatissima : il superamento del bicameralismo paritario e la conseguente rimodulazione degli assetti, delle garanzie, degli equilibri costituzionali. Ma la scelta è apparsa in certi momenti quasi frenetica, con tempi di approvazione inderogabili, la preoccupazione di dare un segno tangibile di cambiamento, quasi a prescindere dalla qualità dello stesso cambiamento, si è preferito procedere al galoppo piuttosto che con passo più riflessivo e meditato.
L’opinione pubblica presa da ben altre urgenze quotidiane di lavoro, pensioni, e borsa della spesa è stata costretta a misurarsi con terminologie dal tono singolare, come canguro e ghigliottina. Ne sono derivate spiacevoli tensioni tra maggioranza e opposizioni, sofferenze anche all’interno degli stessi schieramenti. Fattori peraltro fisiologici di ogni dialettica politica e parlamentare, esasperati però da eccessi,insulti e tumulti che hanno coinvolto anche la presidenza, incapace di ristabilire un confronto civile. L’esuberanza di certi passaggi delicati hanno riguardato lo stesso presidente Grasso. Sempre deplorevole anche se protagonisti sono le opposizioni, con linguaggio colorito e proteste tumultuose come per i 5 Stelle e la Lega. Meno comprensibile da parte del capogruppo Pd Zanda. Tutta materia questa ormai alle spalle che resterà tuttavia nella storia non edificante delle cronache parlamentari. Renzi del resto si è già detto compiaciuto e soddisfatto e ha quasi brindato alla vittoria. Restano tuttavia aperti punti delicati, a cominciare dall’elezione indiretta dei futuri senatori, dell’immunità e dello stesso equilibrio dei poteri. Tutto in ogni caso dovrà seguire la procedura della doppia lettura da parte di Camera e Senato e venire sottoposto a referendum confermativo. Proprio riguardo ai referendum e alle leggi di iniziativa popolare restano ragionevoli dubbi rispetto alla riforma ormai varata dal Senato. Dopo questo primo round paradossalmente comincia per Renzi la parte più difficile. Dovrà incontrare di nuovo Berlusconi,il suo più importante alleato. Soprattutto dovrà rapidamente impostare le scelte di politica economica e sociale in vista della legge di stabilità e della ripresa di settembre. La congiuntura non promette note positive. Gli ammonimenti di Cottarelli, la marcia indietro sulle pensioni e non solo mostrano una condizione non affrontabile spargendo superficiali ottimismi. Non esistono ,è vero, bacchette magiche e nemmeno Renzi le possiede. Comprensibile la preoccupazione per i dati Istat sul secondo trimestre della nostra economia anche se le stesse statistiche utilissime sono uno strumento di conoscenza e di lavoro che esigono però intelligenza e adeguata capacità politica per scelte che aiutino davvero il Paese a rimettersi in marcia.