Italicum prima fiducia, 38 Pd non la votano
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Italicum prima fiducia, 38 Pd non la votano

Dopo la prima votazione su una parte del provvedimento Renzi ha la meglio, con 352 sì. Domani se ne voteranno altre due. La minoranza Dem è divisa.

Italicum prima fiducia, 38 Pd non la votano
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29 Aprile 2015 - 17.04


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Il governo ha incassato la prima fiducia alla Camera posta sull’articolo 1 della riforma elettorale. I sì sono stati 352, i no 207, gli astenuti uno. Domani si voteranno le altre due parti del provvedimento. La prima prova, quindi, è andata a favore di Renzi, nonostante i malumori sia interni al Pd che nelle opposizioni.



“Almeno cinquanta deputati di Area riformista voteranno sì alla fiducia sulla legge elettorale”. Lo aveva annunciato Matteo Mauri, con un documento in cui si dice che la fiducia è stata un “errore” ma “se non passa il governo cade e sarebbe da irresponsabili non votarla”. A non seguire Bersani e Speranza nel non voto sarebbero stati 40 su 70 di Area riformista.




“Sulla legge elettorale sono giorni di polemica e discussione. Rispetto le posizioni di tutti e di ciascuno. Fa male sentirsi dire che siamo arroganti e prepotenti: stiamo solo facendo il nostro dovere. Siamo qui per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà”.



La minoranza Dem è scossa dalla situazione e diversi big hanno annunciato che non voteranno la fiducia tra cui Enrico Letta e Pier Luigi Bersani. Uno strappo pesante che in qualche modo sembra evocare fantasmi di scissione. “Questo non è più il mio partito”, dice l’ex segretario in colloqui con diversi quotidiani. I voti di fiducia saranno sugli articoli 1, 2 e 4 dell’Italicum. L’articolo 3 non si vota perché in copia conforme al testo del Senato. Non è stata ancora decisa la data del voto finale sul testo che presumibilmente slitterà a maggio.





Il premier. Mettere la fiducia sulla legge elettorale è un gesto di serietà verso i cittadini. Il premier Renzi la decisione sull’ Italicum. “Dopo aver fatto modifiche, mediato, discusso, concertato, o si decide o si ritorna al punto di partenza. Se un Parlamento decide, se un governo decide, questa è democrazia, non dittatura”. Se l’Italicum non passa – ha ribadito – il governo va a casa. Renzi si dice pronto a discutere sul Senato, ma adesso basta con la melina. E rimarca che se la legge elettorale viene approvata vuol dire che il Parlamento vuole continuare le riforme.




COMMENTI



Lega, al voto? Non vediamo l’ora – “Andare al voto? Non vediamo l’ora. La sfida di Renzi alla sua minoranza e’ il nostro auspicio”. Cosi’ il deputato leghista Cristian Invernizzi nella sua dichiarazione in aula, annunciando il voto contrario del Carroccio.

“Andare al voto? Lo auspichiamo. Ci piacerebbe che, dopo tre presidenti del consiglio non eletti, ai cittadini venisse restituita la possibilita’ di scegliere. A quel punto, magari, la Lega Nord potra’ andare al governo con quelle stesse regole imposte da una parte del Pd”.

“Renzi ha sostituito il parlamento con la direzione provinciale del partito e ha spazzato via il confronto e il dibattito parlamentare, ce ne ricorderemo quando, grazie al ballottaggio e al premio di maggioranza dell’Italicum, potremo ottenere 340 deputati, spazzando via il Pd, uno strano partito che si ricorda dei valori della Costituzione e della Resistenza solo quando e’ in minoranza o all’opposizione”.



Bindi: non c’era fretta, elezioni forse più vicine. “Elezioni più vicine? Qualcuno lo dice e forse non ha torto, perche’ non c’era proprio la fretta di avere una legge elettorale prima tra l’altro che si siano completate le riforme della Costituzione”. Così risponde, durante la trasmissione ‘Effetto Notte le notizie in 60 minuti’ di Roberta Giordano su Radio 24, la deputata Pd Rosy Bindi, che fa parte dei 38 della minoranza dem che non hanno votato la prima fiducia sull’Italicum.



“L’Italicum è evidentemente un’arma che Renzi vuol tenersi in mano per avere le mani libere” – aggiunge Rosy Bindi, che conferma la sua ferma volonta’ di rimanere comunque nel Pd: “Lavoro perché non avvenga quella mutazione genetica che è in atto di un Pd, partito rigorosamente di centrosinistra e pluralista, che invece va verso il Partito della Nazione, che riproduce al suo interno il consociativismo degli interessi e blocca la democrazia italiana”.







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