Sale la tensione nel governo. Il M5s avverte il ministro dell’Economia Giovanni Tria: se non è in grado di garantire nella manovra i fondi per far partire il reddito di cittadinanza già a maggio 2019, i 5 Stelle chiederanno le dimissioni del ministro. Un messaggio che segue le parole pronunciate in diretta tv martedì da Luigi Di Maio sul “grave problema” che si aprirebbe nel governo qualora ci fosse un freno alla misura di bandiera dei pentastellati.
Le turbolenze nel governo hanno avuto subito delle ripercussioni sui mercati. Lo spread, che le rassicurazioni di Tria avevano fatto calare, è tornato a salire a 254 punti. Il ministro dell’Economia, che descrivono molto irritato, ha chiamato il premier Giuseppe Conte e lo stesso Di Maio. “Avanti determinati sul reddito – ha poi detto il vicepremier – ma nessuna richiesta di dimissioni di nessuno”. Almeno per ora.
Secondo alcune fonti parlamentari, non confermate, il ministro avrebbe fatto presente che se continuano gli strappi potrebbe davvero decidere di lasciare. Di sicuro, come ha fatto presente nel weekend da Cernobbio, il ministro ha dalla sua il suo ruolo acclarato nel placare i mercati: “E’ inutile cercare due o tre miliardi nel bilancio dello Stato per finanziare le riforme – ha detto Tria – se ne perdiamo tre o quattro sui mercati finanziari a causa del rialzo dello spread”.
Ma il M5s sembra intenzionato a volersi riprendere la scena, e avvertire anche l’alleato Matteo Salvini e la Lega, con una linea più battagliera, sulla scia del supporto dal Guatemala di Alessandro Di Battista. La freddezza verso il reddito di cittadinanza dei leghisti viene infatti letta dal M5s come un tentativo di frenare l’avvio dell’assegno (780 euro a cinque milioni di poveri) il prossimo anno, e per ostacolare i pentastellati nella campagna elettorale per le europee.
Per questo la controffensiva: il M5s chiede 10 miliardi per far partire centri per l’impiego e pensione di cittadinanza da gennaio, poi da maggio (per le europee si vota il 25) dare il via all’erogazione del reddito. Il costo – secondo i calcoli pentastellati – sarebbe di 5-6 miliardi per gli otto mesi del 2019. Il problema non di poco conto è che tenendo, com’è orientato a fare Tria in accordo con l’Ue, il deficit all’1,6%, per le misure M5s-Lega ci sarebbero 10 miliardi in tutto, da ripartire in parti uguali.
Fonti leghiste sostengono che nel vertice di maggioranza della prima settimana di settembre così si era deciso. E alla fine il punto di caduta, confermano dal M5s, potrebbe essere in effetti di 5 miliardi per il reddito di cittadinanza. Ma nella trattativa che si è aperta con Mef e Lega in vista della manovra, il Movimento sembra volere di più.
Argomenti: giuseppe conte