Siamo alle solite. I giornali raccontano i retroscena (Globalist tra questi) perché ci sono decine e decine di parlamentari che non ne possono più di Di Maio ma che, per via dell’inesistente democrazia interna di un Movimento che agisce da setta, molti preferiscono rimanere dietro le quinte e non uscire allo scoperto facendo filtrare il malumore interno.
E puntuale la comunicazione smentisce quella che è la pura verità. Qualche volta aggrappandosi a un virgolettato (magari approssimativo) che però non cambia la sostanza.
E hanno detto i velinari pentastellati: “Smentiamo totalmente l`articolo del Messaggero a firma di Simone Canettieri dal titolo ‘Diktat Di Maio al vertice: vice o perdo il Movimento’. Ogni virgolettato attribuito al capo politico Luigi Di Maio è privo di fondamento e decisamente inventato. Non solo: non è mai stata affrontata la questione incarichi durante la riunione”.
Ma al di là delle tempistiche la sostanza è chiara: Di Maio e i suoi boys, quello che dentro M5s è chiamato il partito dei ministri e dei sottosegretari, fa quadrato intorno a Giggino, non digerisce l’ascesa di Giuseppe Conte e alza l’asticella (vedi l’assurdo ultimatum di Di Maio) per misurare ciò che resta del proprio potere e riscattarsi dopo 14 mesi di vassallaggio a Matteo Salvini.
La realtà è che questa crisi è la crisi di Di Maio. E gli osservatori immaginano che nelle prossime settimane il livello di tensione sarà alto se Giggino dovesse riportare nel governo incompetenti e miracolati umiliando le tante competenze interne o di personalità vicine al movimento.
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