Open Arms, l'Ong vuole essere parte civile al processo a Salvini: "No pasaran"

Il capo della missione Anabel Montes Mier: "Mi presenterò come parte civile". I vertici della Ong presenti a Palermo

Salvini e Open Arms
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9 Gennaio 2021 - 09.32


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Il primo agosto 2019, il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio mise fine a quei drammatici e scandalosi 20 giorni bloccati in mare davanti a Lampedusa con 151 migranti a bordo.

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Anabel Montes Mier, che di quella missione era il capo, aspetta da mesi questo momento: vedere Matteo Salvini, allora ministro dell’interno, sul banco degli imputati.

Ancora accusato di sequestro di persona aggravato e abuso d’ufficio, questa volta davanti al giudice dell’udienza preliminare di Palermo.

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“Mi presenterò come parte civile. Non passeranno (no pasaran)”, dice Anabel arrivata a Palermo insieme ai vertici della Ong spagnola Oscar Camps e Riccardo Gatti e a un nutrito gruppo di volontari per l’udienza preliminare.

Altri sono rimasti bloccati a Porto Empedocle in quarantena forzata dopo l’ultimo sbarco di migranti autorizzato dal Viminale.

“Tutti negativi i tamponi dell’equipaggio – dice la Ong – e nonostante questo l’Italia ci obbliga a fare quarantena”.

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A Palermo anche il fondatore della Ong Oscar Camps. “L’ex Ministro Salvini – dice Camps – ha causato dolore e sofferenza a 151 persone solo ed esclusivamente per portare avanti la propria campagna elettorale. Tutto questo ha un prezzo ed è giusto che venga fatta giustizia. Siamo a Palermo a nome di tutte le persone che vedono la loro vita e i loro diritti violati mentre cercano di attraversare il mare”.

A rappresentare in aula la Ong, che in quei giorni di agosto ricevette anche a bordo la visita di solidarietà dell’attore Richard Gere, l’avvocato Alessandro Gamberini.

E’ proprio dei legali di Open Arms l’iniziativa che costituisce uno degli assi della manica dell’accusa contro Salvini, quel ricorso presentato e vinto al tar del Lazio a fine luglio 2019 che – per la prima volta – portò all’annullamento del decreto di interdizione all’ingresso in acque italiane che Salvini aveva firmato in base ai suoi decreti sicurezza.

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Annullato dal Tar che riconobbe la legittimità dell’intervento della Ong per salvare vite umane e il suo diritto a portare subito a terra i migranti soccorsi come prescrivono tutte le norme internazionali.

In seguito al verdetto del Tar, l’Open Arms potè entrare in acque italiane ed avvicinarsi a Lampedusa ma venne bloccata nuovamente da Salvini che si rifiutò di autorizzare l’ingresso in porto sostenendo che dovesse farsene carico il governo spagnolo.

Dopo quella sentenza, gli allora ministri dei Trasporti Toninelli e della Difesa Trenta si rifiutarono di firmare il nuovo decreto di interdizione alle acque italiane che Salvini voleva riproporre.

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