Matteo Renzi e i "Rolex d'Arabia": un precedente illuminante. E c'è di peggio.
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Matteo Renzi e i "Rolex d'Arabia": un precedente illuminante. E c'è di peggio.

Ecco riemergere una vicenda avvenuta quando il presidente del Consiglio, quando andò a Riyadh  insieme a una delegazionei. Gli italiani vennero accolti con lussuosi regali. Ma in realtà...

Matteo Renzi in Arabia Saudita
Matteo Renzi in Arabia Saudita
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Marzo 2021 - 16.26


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Nel “neo-Rinascimento” saudita, Matteo Renzi ci sta da dio. E non da oggi. Perché, tra un’autointervista di marzulliana memoria e fantozziane difese dei suoi dipendenti di Italia Viva, ecco riemergere alla memoria una vicenda avvenuta durante il suo mandato come presidente del Consiglio, quando andò a Riyadh  insieme a una delegazione di Palazzo Chigi. In quell’occasione gli italiani vennero accolti con lussuosi regali da parte dei rappresentanti del Paese ospitante.

Bisogna ricordare che i dipendenti pubblici non possono accettare omaggi di valore superiori ai 150 euro, in base alle direttive del governo Monti  del 2012 e alla legge Patroni Griffi del 2013. Il tetto si alza a 300 euro per premier, ministri e familiari. Oltre queste cifre, i preziosi devono essere messi a disposizione del dipartimento competente in materia di risorse strumentali. A Riyadh  la scorta di Matteo Renzi  ricevette diversi orologi di lusso, tra cui dei Rolex da 14 mila euro. Ma tra ritardi nella consegna e verbali spariti, la stampa ha sempre sollevato dubbi sull’effettiva restituzione alle istituzioni italiane di tutti i beni ricevuti.

Rolex, bugie e videotape.

Illuminante a tal proposito è un articolo a firma Thomas Mackinson e Carlo Tecce uscito sul Fatto quotidiano il 5 agosto 2018.  “Alla fine saltano fuori i cronografi sauditi al centro della baruffa tra i componenti della delegazione di Palazzo Chigi in trasferta a Riyadh nel novembre 2015, raccontata a puntate dal Fatto e costata una figuraccia planetaria al governo di Matteo Renzi. Eccoli qui, in foto e video esclusivi del Fatto (tre Yacht Master da 15mila euro, altri cronografi da 4mila in su, ma anche penne d’oro e gioielli finora ignoti. Le immagini arrivano direttamente dalla cassaforte al secondo piano del palazzo di via della Mercede 96, presso il Dipartimento dei beni strumentali (Diprus) della Presidenza del Consiglio, dove restano in attesa di una valutazione e di una destinazione. La domanda ora è: c’è proprio tutto? Intanto si scopre, ad esempio, che il forziere è ben più ricco di quanto si sapesse, degno davvero di un sultano d’Oriente come è re Salman. La lista dei doni riporta 16 preziosi: 6 orologi di marca Mouawad, tre Rolex modello Yacht Master II (circa 15mila euro ciascuno), un Datajust II e due Oyster Swimpruf (3-4mila euro), un cofanetto Girard Perregaux (orologio, penna d’oro Dior, anello, gemelli, collana), analogo cofanetto Hublot (penna marca Aurora, gemelli, collana). Tutti destinati ai componenti della delegazione al seguito di Renzi, al quale ufficialmente andava solo una scultura, inserita nel registro dei doni e restituita: le carte non menzionano alcun orologio per lui, ma più di un testimone oculare ne ha raccontato la consegna presso il palazzo reale a Riyadh. Fonti a lui vicine fanno sapere che Renzi non ha trattenuto alcun Rolex ma che la lite per gli orologi ci fu eccome, tanto che lui stesso pretese la loro riconsegna prima di lasciare Palazzo Chigi. Fece mettere a verbale che tutti, nessuno escluso, avevano riconsegnato i doni. Compreso il suo, mai toccato. Altri lo avevano preso, ma furono costretti a riconsegnarlo…”.

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La questione, sollevata dal Fatto, entra in Parlamento.

“La vicenda dei costosi orologi Rolex regalati nel novembre scorso ad una delegazione del governo italiano e che da alcuni giorni è al centro di alcune inchieste giornalistiche, approda in Parlamento” Il Gruppo Parlamentare Sinistra Italiana vuole capire di più sulla vicenda: “con un’interrogazione a prima firma dell’onorevole Franco Bordo, esige innanzitutto chiarezza e notizie certe da Palazzo Chigi”.

“Al Presidente del Consiglio dei ministri Renzi, Sinistra Italiana chiede se vero che la delegazione abbia accettato cronografi e orologi Rolex in omaggio dall’Arabia Saudita, responsabile, tra l’altro, di violazione di diritti umani fondamentali – si legge nella nota di Sinistra italiana – a chi sono stati consegnati tali regali; se e’ vero che attualmente sono in capo alla Presidenza del Consiglio; se oggi sono nella disponibilità di Palazzo Chigi, quanti sono i cronografi e quanti gli orologi Rolex e se corrispondono con il numero di regali ricevuti a Riyadh”.

Piazzista d’armi

E qui le cose si fanno maledettamente più serie. Perché dai Rolex si passa alle armi. 

Come spiega l’ottimo report pubblicato da La Stampa a firma Raphaël Zanotti:  “C’è un elemento, in tutta la vicenda dei rapporti tra l’ex premier Matteo Renzi e l’Arabia Saudita, che non è ancora emerso – sottolinea Zanotti -.  Il leader di Italia Viva si è ben guardato dall’affrontarlo nella sua recente auto intervista. Eppure è un elemento dirimente perché, al di là delle note perplessità intorno al governo di Riad, proietta una nuova luce su quei rapporti. È un fatto – sebbene non sia mai stato pubblicizzato dall’ex premier – che durante il governo Renzi l’Italia abbia toccato il picco nelle esportazioni di armi. Un record ottenuto anche grazie alle ricche commesse arrivate proprio da Riad. Nel 2013, l’anno precedente all’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi, l’Italia aveva autorizzato l’esportazione di armi per un valore di 2,1 miliardi di euro. Ma questa cifra, nel corso dei 1024 giorni passati al governo, è cresciuta del 581% arrivando a toccare i 14,6 miliardi di euro come documentato da Giorgio Beretta dell’Opal di Brescia, l’osservatorio permanente sulle armi leggere. Un record che ha fatto impallidire persino Silvio Berlusconi che qualche tempo prima, all’inaugurazione dell’M-346 a Venegono, si era proposto come «commesso viaggiatore» per l’industria bellica italiana.  Negli anni di Renzi il governo di Riad otterrà l’autorizzazione a ricevere oltre 855 milioni di euro in armamenti contro i poco più di 170 milioni del triennio successivo. A spingere verso l’alto la cifra c’è l’autorizzazione alla più massiccia esportazione di bombe che l’Italia abbia mai rilasciato. Si tratta di quasi 20.000 ordigni commissionati alla Rwm Italia per un ammontare di 411 milioni di euro. Il numero Mae dell’operazione è il 45650. È un numero importante perché, essendo progressivo, fornisce un’indicazione temporale: è nel 2014, quindi già con Renzi al governo, che iniziano le trattative per la commessa. L’autorizzazione effettiva arriverà però solo nel 2016 ma anche questa indicazione temporale è importante perché all’epoca le Nazioni Unite avevano già condannato i bombardamenti effettuati dalla Royal Saudi Air Force su centri abitati, ospedali e scuole dello Yemen. Azioni militari, secondo il gruppo di esperti dell’Onu, «possono costituire crimini di guerra».

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A oggi la guerra in Yemen ha prodotto oltre 133 mila vittime, delle quali 12.000 civili, a cui si aggiungono 3,6 milioni di sfollati. Che nel conflitto siano stati utilizzati gli ordigni che l’Italia ha venduto all’Arabia Saudita è documentato. Un rapporto dell’Onu, infatti, certifica il ritrovamento a seguito di due bombardamenti a Sana’a nel settembre 2016, di più di 5 bombe inerti sganciate dall’aviazione saudita e contrassegnate da una sigla riconducibile alla Rwm Italia”.

Calenda all’attacco

Carlo Calenda, leader di Azione intervistato sulla questione Renzi in Arabia Saudita dalla trasmissione L’Aria che Tira su La7:, non fa sconti. E “spara” ad alzo zero:  “E’ gravissimo sotto il profilo etico il caso di Renzi, non c’è un caso di parlamentari in carica che sono stati pagati da governi stranieri. Nessuno può essere pagato da altri quando prendi soldi dai cittadini italiani. Non solo per l’Arabia Saudita, anche fosse la Germania è lo stesso. Non è illecito e c’è un buco normativo. I partiti politici non possono essere finanziati da stranieri, società o governi stranieri, ma io potrei essere pagato dall’Arabia Saudita, questo non va bene ed è grave. C’è un buco normativo. Non ci devono essere conflitti di interesse”, incalza. 

Scrive Lorenzo Giannotti nel suo Blog sul fattoquotidiano.it:Non mi rivolgo al senatore Renzi, il quale se avesse voluto chiarire questa surreale faccenda lo avrebbe già fatto,  ma a tutte quelle persone che, insieme, formano il suo elettorato: esiguo, benché flebilmente ancora in vita. Persone che hanno sempre conferito ai diritti civili un’importanza primaria: penso alla parità di genere, all’attenzione rivolta alla comunità Lgbtq, alle unioni civili. Ecco, come fate a rimanere in silenzio davanti agli elogi del vostro capo politico nei confronti di un paese che perseguita gli omosessuali, che opprime pressoché tutti i più elementari diritti delle donne? Cosa ne pensano le donne della comunità di Italia Viva? Per voi, è normale che un senatore della Repubblica italiana si rechi in Arabia Saudita (per altro nel bel mezzo di una crisi di governo da lui stesso provocata) blandendo ed elogiando un regime chiaramente e marcatamente illiberale? Cosa dicono i tesserati del partito renziano, di un senatore della Repubblica italiana che viene remunerato da un esponente di uno stato estero coinvolto in un efferato e sporco omicidio politico? Loro non stanno aspettando come tutti noi la promessa conferenza stampa su quanto è accaduto a Riyad? È possibile che non si interroghino e non si indignino per la squallida presenza del loro leader al cospetto di un personaggio di siffatta risma come bin Salman? Un elettorato da sempre così sensibile alle battaglie sui diritti civili e politici (giustamente, dico io!) non è in grado di pungolare il proprio rappresentante massimo affinché fornisca delle spiegazioni? Capisco (si fa per dire) la condotta fideistica dei dirigenti italovivi – dove figurano molte donne e omosessuali – ma un libero elettore non dovrebbe avere reticenze nel pretendere spiegazioni in merito a questioni che sembravano (a questo punto) stargli a cuore…”. Per concludere: “Diritti sì, ma solo per gli italiani, e vi girate dall’altra parte quando un senatore della nostra Repubblica riceve denaro da chi quei tanto amati diritti li calpesta? Eh no: così è troppo facile, è troppo scorretto, è ipocrita e paraculo. C’è una frase di Nicolas Boileau che fa così: ‘Uno sciocco trova sempre uno più sciocco che lo ammira’. Bene, siete ancora in tempo per non farmi credere che si addica anche a voi”.

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Per quanto riguarda noi di Globalist, non lasceremo che questa vicenda a dir poco vergognosa finisca nel dimenticatoio. Mentre scriviamo, nel neo rinascimentale regno di MbS le prigioni sono piene di attivisti per i diritti umani, molti dei quali rischiano la fustigazione, oltre che il carcere a vita, e alcuni, non pochi, la decapitazione. I lavoratori stranieri vengono sfruttati in modo disumano disumano, le donne vessate e trattate come esseri inferiori. E’ la sharia che si è fatta Stato. 

Ad oggi il leader di Italia Viva non ha restituito il denaro ricevuto dai sauditi, non ha fatto un minimo di autocritica, e non si è dimesso da senatore. Far cadere tutto nel dimenticatoio, significa divenire complici. Magari con un Rolex al polso. 

 

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