Migranti, il lodo Piantedosi: come mascherare col diritto una politica fascista

La trovata del ministro dell’Interno è così sintetizzabile: concedere il porto sicuro per lo sbarco di navi Ong solo dopo che i migranti a bordo chiederanno asilo agli stati di bandiera delle imbarcazioni.

Migranti, il lodo Piantedosi: come mascherare col diritto una politica fascista
Matteo Pientedosi e Matteo Salvini
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

5 Novembre 2022 - 12.30


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Il lodo Piantedosi. Ovvero, come provare a dare una patina, farlocca, tecnico-giuridica ad una politica disumana. Di stampo fascista. La trovata del ministro dell’Interno è così sintetizzabile: concedere il porto sicuro per lo sbarco di navi Ong solo dopo che i migranti a bordo chiederanno asilo agli stati di bandiera delle imbarcazioni.

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Il lodo Piantedosi

“A Humanity 1 che sta entrando nelle acque territoriali davanti a Catania viene imposto di fermarsi in rada e potrà permanere lì per vedere le emergenze di carattere sanitario. Ci faremo carico di tutte le persone che hanno bisogno, come le donne incinte o i bambini. Rispettiamo le persone e le esigenze umanitarie: ma all’esito della verifica le persone che non rientrano dovranno rimanere a bordo e tornare in acque internazionali“. Arriva dopo il Consiglio dei ministri, il primo provvedimento interministeriale sulle navi Ong: a parlare è il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi che ribadisce la necessità che i Paesi di bandiera della navi delle ong si facciano carico di chi è a bordo. Una posizione condivisa dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha sottolineato: “Cerchiamo di fare rispettare quello che, secondo noi, è il diritto internazionale”. Il provvedimento è stato firmato, oltre che dal titolare del Viminale, anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini: “Come sempre garantiremo soccorso e assistenza, ma vietiamo la sosta nelle acque territoriali italiane per le ong straniere”, il commento del leader leghista. E in mattinata è arrivata anche la precisazione della nave dell’ong Sos Humanity, che in una nota ha fatto sapere che “la Humanity 1 non andrà a Catania, non ha mai avuto intenzione di farlo. Non abbiamo ricevuto un luogo sicuro per sbarcare i 179 sopravvissuti a bordo. Siamo infatti entrati nelle acque territoriali ieri per trovare protezione dalle intemperie, dal vento e dalle onde alte. Ma l’abbiamo fatto solo dopo aver ottenuto il permesso dalle autorità del porto di Catania”. In acque italiane c’è anche la Rise Above, dell’altra ong tedesca, la Mission lifeline, diretta a Siracusa con a bordo 95 persone.

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«Il capitano di una nave che soccorre persone in mare – dice Alessandro Porro, presidente di Sos Mediterranée – non è obbligato a identificarle ma a soccorrerle. La prassi prevede che l’idenficazione sia effettuata al momento dello sbarco dalle autorità competenti».

Quella che sembra versare in condizioni peggiori è la Humanity 1 (sono in 179 a bordo tra cui oltre cento minori), nave di Sos Humanity, che chiarisce: “La bandiera non ha nulla a che fare con i diritti o i doveri di asilo”. Anche dalla Geo Barents (572 in attesa da oltre una settimana) i soccorritori di Medici Senza Frontiere puntano allo sbarco delle persone il più presto possibile aldilà delle modalità di accoglienza, escludendo categoricamente anche eventuali ipotesi di identificazione a bordo.

Ma quale diritto…

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“In alto mare non è possibile l’identificazione del richiedente asilo da parte delle autorità statali e quindi effettuare la domanda di asilo, né verso lo Stato di bandiera, né verso lo Stato del porto più vicino. Gli Stati, in altre parole, non possono avviare la procedura per concedere l’asilo mentre i richiedenti si trovano in alto mare”. Così Fiammetta Borgia, professore associato di Diritto internazionale del Dipartimento di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, nonché Membro della Società italiana diritto internazionale (Sidi) e in particolare del Gruppo di interesse sul diritto del mare, interviene con l’Adnkronos sulla possibilità di richiesta di protezione internazionale a bordo delle navi umanitarie, per radicare in capo allo Stato di bandiera la responsabilità di gestire i soccorsi dei naufraghi-migranti. Secondo l’esperta, “è vero che ogni nave è sottoposta alla giurisdizione dello stato di bandiera in alto mare ma questo non vale per la richiesta di asilo, in quanto la giurisdizione dello stato di bandiera, sancita dall’articolo 92 della Convenzione di Montego Bay, riguarda fatti e accadimenti avvenuti all’interno della nave e non con una proiezione esterna. Addirittura al contrario la giurisdizione dello Stato costiero si potrebbe estendere ai fatti e accadimenti avvenuti nella nave, anche quando la nave si trova in acque internazionali ma prossima al mare territoriale, e vi è uno stretto collegamento con la terraferma. E questo avviene ad esempio in caso di illeciti penali, che nulla hanno a che fare con la richiesta d’asilo”.

È del tutto fuorviante”, dichiara a Antonia Ferri de Il Foglio Christopher Hein, insegnante alla Luiss e fondatore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir). Il diritto dell’Unione europea non permette che un migrante possa fare richiesta di asilo sulla nave di soccorso: “Secondo le direttive sulle procedure d’asilo, i luoghi possibili per la richiesta sono solo tre: alla frontiera, all’interno del paese o in acque territoriali”. Per rientrare in queste categorie l’Italia potrebbe indicare come territorio nazionale la nave stessa, ma Hein – scrive Ferri – smentisce questa prospettiva: “Ci sono poche eccezioni per cui si può considerare una nave parte del territorio di un paese, una è che si compia un reato sulla nave”. Il diritto del mare, però, obbliga qualsiasi nave – commerciale o ong che sia – a soccorrere i naufraghi. Dunque, ipotizzare il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina come pretesto per permettere le richieste di asilo a bordo “comporterebbe l’intervento della Corte di giustizia europea”, precisa Hein. 

Anche le linee guida delle Nazioni Unite confliggono con l’ipotesi sul tavolo del Viminale. Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato ed esperto di immigrazione, chiarisce questo punto: “Secondo l’Unhcr, il comandante della nave umanitaria, di fronte a un richiedente asilo o a una persona che dica di essere vittima di persecuzioni, ha il dovere di far presente che lui non ha nemmeno l’autorità di ascoltare una richiesta di asilo“. Oltre a questo, il diritto internazionale sancisce che ogni persona può richiedere l’asilo in un luogo sicuro “e le navi sono luoghi sicuri, ma temporanei”, sottolinea Paleologo. 

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Annota Alessandra Ziniti, tra i giornalisti più documentati e attenti sul fronte migranti, su Repubblica del 4 novembre:  : “È nelle regole del diritto d’asilo che il tecnicissimo ministro dell’Interno del governo Meloni Matteo Piantedosi sta cercando la via di fuga per uscire, tenendo il punto, dall’impasse che – è solo questione di giorni – si presenterà: con le tre navi  a ridosso delle acque territoriali italiane che cercano riparo dal maltempo, i quasi 1.000 migranti in forte sofferenza, le condizioni sanitarie che precipitano, i rischi per la tenuta della sicurezza a bordo che potrebbero giustificare la dichiarazione d’emergenza da parte di qualche comandante per forzare la mano. Piantedosi sa di non potersi permettere di perdere il suo primo braccio di ferro con le Ong, ‘navi pirata’  le ha definite Giorgia Meloni. E sta lavorando per blindarsi dal rischio di vedersi costretto (come sempre è accaduto con Salvini ministro dell’Interno), magari da un magistrato, a far entrare le navi. Sarebbe uno smacco insopportabile per Giorgia Meloni che ancora ieri a Bruxelles, nel suo primo incontro europeo, ha annunciato ‘un cambio della posizione dell’Italia, per cui la priorità diventa una priorità già prevista nelle normative europee, che è la difesa dei confini esterni. E ho trovato orecchie disponibili all’ascolto’…”.

Un articolo da incorniciare

E’ quello a firma Karima Moual su La Stampa. Incorniciarlo a partire dal titolo Migranti, l’eterna propaganda di Giorgia. 

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“Ci risiamo. Sono passate appena due settimane dal giuramento del governo più di destra che abbia conosciuto la nostra Repubblica, che già si ripropone l’evocazione del vecchio nemico e cavallo di battaglia, l’immigrazione attraverso gli sbarchi, con altrettanto fallimentari propositi per affrontarlo. Ed eccoci di nuovo a sentir parlare di invasione, chiusura dei porti e difesa dei confini, la criminalizzazione delle navi Ong ( navi pirata, l’ultima della presidente Meloni), e l’Europa che ci lascia soli. 

Intanto, alle nostre coste mille persone continuano ad attendere a bordo delle navi di Ong. Con loro molti minori salvati in mare ma bloccati da giorni senza la possibilità di sbarcare, con una situazione a bordo in continuo peggioramento ma a favore di una cronaca e un dibattito utile, secondo la solita e consumata strategia della Lega e ora Fratelli d’Italia, utile a gonfiare l’ennesima sceneggiatura, di un fronte politico che vuole far credere al suo elettorato come solo lui abbia il pugno duro sul blocco dei migranti. 

E non importa se i numeri ci indicano come il ruolo delle Ong nel recupero di vite umane sia una percentuale esigua (16%), rispetto a quello della Guardia costiera italiana o ai dei barchini che riescono comunque ad arrivare in autonomia sulle nostre coste. Dall’insediamento del governo Meloni sono sbarcati oltre 9 mila migranti. Solo 985 sono stati soccorsi dalle navi umanitarie sulle quali si punta il dito sino a fare il muro contro muro con la Germania, invitandola a farsene carico perché c’è di mezzo una nave batte bandiera tedesca. 

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Ecco, fermiamoci un attimo anche nell’interesse del nostro stesso Paese, perché un conto è la propaganda da campagna elettorale o di opposizione e un altro è la narrazione di un governo appena nato che non ha capito come la fantasia – per non dire cialtroneria – può scontrarsi con la realtà dei numeri e dei fatti che potranno solo travolgerci nei prossimi anni, se non si cambia registro. Perché può essere definito solo come dilettantismo politico quello che ha visto Giorgia Meloni puntare il dito contro due partner europei come Germania e Francia sulla questione della condivisione dei rifugiati, approfittando del fatto che ci sia una Ong che batte bandiera tedesca. E ci sono almeno due motivi per spiegarlo. Il primo, anche per sfatare un po’ la leggenda che siamo solo noi a subire il fenomeno migratorio: nel 2021 il Paese europeo che ha accolto di più è la Germania con ben 191 mila richieste di asilo, quasi un terzo del totale, seguita dalla Francia con 121 mila, la Spagna con 65 mila, mentre l’Italia è solo quarta con 53 mila.  Il secondo motivo è che l’ostacolo alla condivisione di questa tragedia umanitaria che i nostri sovranisti e patrioti declinano con sbarchi di clandestini e fantomatici blocchi navali, sono soprattutto i loro stessi amici con i quali condividono la stessa politica di chiusura, da Le Pen in Francia a Vox in Spagna. Per non parlare del gruppo Visegrad unito e forte contro il nostro interesse nazionale di far convergere più cancellerie europee a pensare a una politica europea di condivisione di un fenomeno globale, anche perché le coste italiane non sono quelle della Germania, che di certo non si affaccia sul Mediterraneo. 

Ecco, ci conviene davvero questa ennesima sceneggiata, che non solo tortura ulteriormente persone già provate con vite lacerare lasciate alle loro spalle, ma ci allontana anche emotivamente da chi invece ci è stato vicino in questi anni? L’Italia è un Paese geograficamente esposto a quanto accade a sud del Mediterraneo. Non sarebbe utile e urgente farsi promotori di un’iniziativa speciale con i Paesi del Mediterraneo, come è altrettanto impellente, che chi ci governa attualmente metta da parte l’armamentario propagandistico della campagna elettorale per entrare finalmente nel mondo della realtà? Provando magari a mettere al centro l’interesse nazionale, studiando l’impossibile per convincere proprio quei Paesi e quei movimenti politici amici ideologici, più scettici, che su questo tema sono invece i nostri peggiori nemici”.

Così Moual.

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La denuncia dell’Asgi 

L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione sottolinea in una nota “l’erroneità, in punto di diritto, delle affermazioni del ministro dell’Interno del Governo italiano, Matteo Piantedosi, in relazione alle attività di Search & Rescue (Sar) ad opera di organizzazioni umanitarie”. Il neo ministro dell’Interno, che – ricorda l’associazione – è fra gli autori del decreto “Sicurezza-bis” nel 2019, torna a descrivere le attività di salvataggio delle Ong in mare attraverso la lente del contrasto alla migrazione irregolare, “violando dal nostro punto di vista quanto prescritto dal diritto internazionale del mare e sui diritti umani in tema di soccorso marittimo”. Secondo l’Asgi, il ministro distingue in “modo artificiale e illegittimo” le operazioni di primo soccorso in mare dalla fase dello sbarco in un “luogo sicuro” (Pos, place of safety). “Egli considera l’ingresso nei porti europei a seguito di operazioni di soccorso avvenute fuori dalla Sar italiana, alla stregua di un’attività che viola le norme sull’immigrazione e non invece come l’ultima (e necessaria) fase che conclude un evento Sar”. Un soccorso è “un’operazione per recuperare persone in pericolo, provvedere alle loro prime necessità mediche o di altro tipo e portarle in un luogo sicuro” in base al paragrafo 1.3.2 della Convenzione Sar. La stessa Convenzione obbliga gli Stati a cooperare per garantire che “i sopravvissuti assistiti siano sbarcati dalla nave che li ha assistiti e condotti in un luogo sicuro (par. 3.1)”.
Le preannunciate azioni limitative delle operatività delle navi “Ocean Viking” della ong Sos Mediterranee e “Humanity 1” della Ong Sos Humanity, indicate nella Direttiva del ministero dell’Interno e nelle note verbali del Maeci alla Ambasciata del Regno di Norvegia ed alla Ambasciata della Repubblica di Germania, si basano dunque su “errati presupposti normativi e concettuali fatti propri dal Governo italiano, di cui quelli su indicati sono un minimo indice”.

La conclusione di Globalist: lodo Piantedosi, ovvero come usare il diritto per mascherare una politica fascista.

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