Casini non commenta il caso Toti ma rilancia il finanziamento pubblico ai partiti: "Toglierlo è stato un errore"
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Casini non commenta il caso Toti ma rilancia il finanziamento pubblico ai partiti: "Toglierlo è stato un errore"

Caso Toti, Casini torna sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti: "E’ stato un errore, che mi vanto di non aver fatto: sono stato uno dei pochi che hanno votato contro".

Casini non commenta il caso Toti ma rilancia il finanziamento pubblico ai partiti: "Toglierlo è stato un errore"
Pierferdinando Casini
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9 Maggio 2024 - 09.51


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Intervistato da La Stampa, Pierferdinando Casini ha parlato del caso degli arresti in Liguria per corruzione, tra cui quello del presidente della regione Giovanni Toti. Senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria, l’ex presidente della Camera ha però messo in campo la questione del finanziamento pubblico ai partiti.

«Indipendentemente da un caso giudiziario o un altro: il tema in democrazia si pone a prescindere. Caduta la Prima Repubblica, i partiti come li conoscevamo sono stati sostituiti da partiti personali, la formazione politica non esiste più, così come il radicamento territoriale. La classe dirigente ha subito una metamorfosi: in Parlamento non va più chi ha i voti, ma chi è amico del leader. E in questa situazione di maggiore permeabilità, abbiamo tolto il finanziamento pubblico!».  

Casini ha sempre criticato l’abolizione del finanziamento pubblico voluta dal governo Letta nel 2014: «E’ stato un errore, che mi vanto di non aver fatto: sono stato uno dei pochi che hanno votato contro. Sarebbe stato un errore anche in presenza di bontà e onestà generalizzate. è sempre un errore pagare un prezzo legislativo all’antipolitica, sperando così di placarla. Il risultato è che non hai battuto l’antipolitica e hai fatto una cosa sbagliata. E non è stato l’unico episodio». 

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Casini cita ad esempio la riduzione del numero dei parlamentari, «che ha reso meno efficiente il lavoro del Parlamento e privato interi territori di una rappresentanza: anche in quel caso votai contro». 

All’abolizione del finanziamento però si arrivò dopo un referendum che la chiedeva col 90 per cento dei sì e dopo che la politica aveva dato troppe volte pessima prova di sé. «Io sono stato eletto la prima volta nel 1983. Già allora bisognava dichiarare tutti i finanziamenti superiori ai cinque milioni di lire: ebbene, su 630 deputati, a fare questa dichiarazione eravamo pochissimi. Le leggi c’erano, e chi voleva seguirle le ha seguite. Ma c’era, diciamo così, una `disattenzione´ all’applicazione della legge. Cosa che è stata pagata cara quando, dopo la caduta del Muro e l’indebolimento della politica, arrivò Mani Pulite. E’ ovvio che la cattiva politica è la più grande alleata dell’antipolitica! Ma, ripeto, per quanto l’abolizione del finanziamento pubblico possa essere stata fatta con le migliori intenzioni, è stato un errore. Perché la democrazia ha dei costi».

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Il Movimento cinque stelle risponde a questa obiezione dicendo che si può sopravvivere di microdonazioni: «Si possono mettere dei tetti di massimale alle donazioni, ma io più che sull’entità, mi concentrerei sulla trasparenza. Anche perché le microdonazioni si possono aggirare». Anche le Fondazioni sono spesso guardate con sospetto: «Ce ne sono usate per i migliori scopi, come la Fondazione Sturzo o la Fondazione De Gasperi, ma non metterei la mano sul fuoco per tutte».

«Servono tre provvedimenti. Il primo: una riforma che restituisca all’elettore la possibilità di scelta. Le preferenze hanno delle controindicazioni, ma non si è inventato un meccanismo migliore». Gli altri due provvedimenti: «Bisogna applicare l’articolo 49 della Costituzione: ci vuole un controllo democratico sulla vita dei partiti. E poi bisogna ripristinare il finanziamento pubblico: in questo modo non dico che avremo sconfitto il malaffare, ma almeno toglieremo l’alibi di dire che è colpa della politica o delle elezioni».

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