Il Primo Ministro italiano nel suo ultimo, prestigioso, incontro con Donald Trump, al cospetto del suo importante interlocutore, si è lasciata sfuggire una dichiarazione piuttosto audace: “Facciamo tornare grande l’Occidente”.
Esortazione, invito, proclama, minaccia? Lo slogan di Meloni riprende e allarga il più celebre make America great again, inventato dall’attuale Presidente degli Stati Uniti nella fortunata campagna elettorale che lo ha riportato alla Casa Bianca, ma se la formula magica di Trump è facilmente leggibile in termini geografici, perché tutti sappiamo quali sono i confini del continente americano, è molto più arduo stabilire il perimetro di quella realtà che chiamiamo Occidente, che secondo un’antica versione sarebbe la terra del tramonto, dal momento che occidente deriverebbe da occasum solis. Da qui una serie di teorie filosofiche che sostengono che l’Occidente è la terra del nichilismo, della decadenza, del crepuscolo. Non era questo il senso dell’affermazione meloniana, quanto piuttosto la rivendicazione orgogliosa, identitaria di una tradizione, di una civiltà, piuttosto che di un luogo, di uno spazio culturale e spirituale. Se l’Occidente è una realtà spirituale e valoriale l’impresa di “farlo” ritornare grande risulta problematica, soprattutto per la leader di un governo che ha sposato i valori della Destra.
Ci chiediamo che cos’è che riempie quello spazio spirituale e morale che chiamiamo Occidente? In che rapporto stanno le scelte politiche di Trump sui diritti umani, le libertà personali, il diritto allo studio, la giustizia sociale con la tradizione dell’Occidente? È chiaro che la risposta richiederebbe un lavoro poderoso di ricerca e di analisi, ma proponiamo come spunto di riflessione uno dei modelli dell’Occidente, l’Atene di Pericle, che ha incarnato il paradigma democratico.
Nel 431 a.c. in un discorso tenuto agli ateniesi in commemorazione dei caduti della guerra del Peloponneso Pericle tiene un discorso, riportato da Tucidide, in cui celebra la democrazia, elencandone i pregi e i vantaggi, rispetto a tutte le altre costituzioni politiche.
Quali sono i motivi che rendono Atene migliore rispetto a tutte le altre città? Democrazia è il governo del demo, dei molti sui pochi, è il sistema dove tutti i cittadini sono uguali davanti alle Leggi, che valorizza il merito e non la ricchezza o il ceto, dove tutti possono partecipare alla vita della polis, indipendentemente dalle loro condizioni sociali, è anche il luogo della libertà, intesa come mancanza di impedimenti nelle scelte personali e pubbliche. Questa libertà non deve essere intesa come libero arbitrio e, come la intendono i moderni, occuparsi dei propri affari privati, perché la partecipazione agli affari dello Stato non è soltanto un diritto, ma un dovere, dal momento che un “cittadino che non si interessa dello Stato non lo consideriamo innocuo, ma inutile”. La politica è il luogo del confronto dell’agonè, della contesa, ed è l’essenza della democrazia, come anche la felicità, la virtù più importante per Aristotele, che è possibile soltanto nella democrazia e nella libertà. Infine l’educazione democratica, la paideia, ha il compito di creare un cittadino democratico consapevole, maturo, versatile e perciò capace di vera ospitalità nei confronti degli stranieri, che non sono più considerati invasori, nemici, inquinatori della razza. Sembra questo un punto centrale: una polis democratica crea cittadini forti, liberi dalle paure, dai fanatismi e per questo accoglienti, perché maturi e virtuosi.
Sarebbe molto interessante sottoporre questo manifesto di polis democratica ai difensori dell’Occidente, ai nuovi conservatori, patrioti, che sostengono l’identità europea a americana.
Qualche anno prima, nel 416 a.c., sempre nel corso della guerra del Peloponneso, Atene decide di prendere possesso di Melo, una piccola isola delle Cicladi e invia degli ambasciatori per richiedere la resa. Di fronte alla resistenza opposta dai melii la risposta degli ateniesi è terribile: nelle contese umane il diritto è sempre dalla parte del più forte, anche se ciò può apparire ingiusto. I melii provano a sostenere che sarebbe dannoso anche per gli ateniesi conquistare l’isola con la forza, ma gli ateniesi replicano che se creassero un regime di amicizia con un popolo più debole, i nemici di Atene potrebbero pensare che gli ateniesi sono deboli. È la logica imperiale che vince sulla giustizia. I melii decidono di non arrendersi e di combattere, perché gli Dei e il diritto sono dalla loro parte, ma gli ateniesi vinceranno perché la loro forza navale è nettamente superiore e la legge di natura stabilisce che il più forte comanda.
Che cos’è Occidente? La difesa dei valori democratici, delle libertà individuali, dei diritti personali, della giustizia sociale, oppure l’ideologia della conquista, della sopraffazione del più forte sul più debole, l’imperialismo economico, culturale e politico, che considera inferiori tutti coloro che non appartengono al mondo civile, superiore?
Fin dalla Grecia antica questa dicotomia appare nella sua tragica evidenza. L’Occidente concede diritti, libertà e privilegi a quelli che sono stati estratti dalla roulette demografica, che appartengono al mondo giusto, mentre gli altri, i barbari, che parlano un’altra lingua non esistono in quanto uomini, sono riserve, fondi da sfruttare, come se si trattasse di risorse naturali al servizio della superiore.
Se l’Occidente non sceglie coraggiosamente la via universalistica e continua nella rivendicazione di un’identità che è soltanto oppositiva ed escludente, corre il rischio di ridursi ad una cittadella fortificata, impegnata a respingere gli assalti degli ultimi, che reclamano il diritto di partecipare alla festa della democrazia e della libertà e del benessere.
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