Il 30 aprile una scuola dell’infanzia paritaria di Ponte della Priula, in provincia di Treviso, ha portato tre classi in visita alla Moschea di Susegna. Le immagini dei bambini inchinati a simulare una preghiera islamica hanno provocato il solito infuriare di polemiche mediatiche, in salsa regressivo-identitaria.
La Lega è subito insorta, a partire dall’europarlamentare Anna Maria Cisint che ha parlato di “volontà di catechizzare gli alunni”. Insegnanti e dirigente della scuola hanno difeso la decisione in nome di un progetto educativo ispirato al multiculturalismo. Nonostante l’Autonomia scolastica (legge 59/1997) consenta ad ogni scuola di strutturare il proprio piano dell’offerta formativa in modo indipendente, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha già incaricato l’Ufficio scolastico regionale del Veneto di avviare approfondimenti.
Purtroppo, il vento di estrema destra che spira in Italia (e non solo) in questi ultimi anni contribuisce non poco a irrobustire nell’opinione pubblica l’insensata convinzione che sia in atto uno “scontro di civiltà”, e che sia necessario difendere anche violentemente l’identità cristiana dell’Europa. Il mondo occidentale sarebbe sotto scacco da parte di una sorta di Spectre islamica sovranazionale che aspira alla conversione degli Europei, se non direttamente alla famigerata “sostituzione etnica” con popolazioni di religione musulmana. Lo scopo sarebbe naturalmente quello di vietare la professione cristiana, con annessa abrogazione del Natale e della Pasqua.
Ora, a prescindere dal fatto che le radici cristiane dell’Europa sono un dato storico e andrebbero studiate più che difese, sembra davvero improbabile che organizzazioni terroristiche o servizi segreti al soldo di qualche paese arabo abbiano deciso di ingaggiare le maestre di una scuola dell’infanzia trevigiana per portare avanti il piano della conversione in massa degli Europei all’Islam.
D’altro canto, la colpa indelebile di questa scuola è quella di ispirare il proprio progetto educativo a valori quali la tolleranza, l’integrazione, il rispetto dell’altro. Non sia mai.
Meglio insegnare ai bambini che chi non è cristiano è un nemico da combattere, che l’identità culturale di un paese porta con sé l’avversione verso le altre identità, che esiste un fantomatico pericolo di dover rinunciare al presepe e magari pure a Babbo Natale.
Così le nuove generazioni saranno davvero indottrinate e catechizzate a dovere, con buona pace dell’Illuminismo, della democrazia e dei diritti civili. In effetti, saranno cittadini perfettamente consonanti con l’Europa identitaria e guerrafondaia che le élite europee ci stanno apparecchiando. Tutto torna.
In realtà, a questi intellettuali e filosofi destrorsi che si stracciano le vesti perché bambini cristiani sono entrati in una moschea e hanno imparato un modo di pregare diverso dal loro, sfugge la “ragione sociale” del Cristianesimo, e cioè l’ecumenismo. Il cuore pulsante del cristianesimo, come ci insegna Paolo, l’apostolo dei Gentili, è proprio l’apertura all’altro. Papa Franceso ce lo ha sempre ricordato.
Forse, l’unico appunto da muovere contro il progetto educativo di questa scuola materna, così all’avanguardia nell’Italia meloniana, è che sarebbe il caso di favorire la conoscenza e l’integrazione anche nei confronti di altre fedi religiose oltre all’Islam: dall’Ebraismo all’Induismo, dallo Shintoismo al Buddismo e non solo. Ma è pur vero che da qualche parte si deve iniziare.