Giuli mette l’elmetto di Fratelli d’Italia: "A sinistra non ci sono più intellettuali, sono rimasti solo i comici"
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Giuli mette l’elmetto di Fratelli d’Italia: "A sinistra non ci sono più intellettuali, sono rimasti solo i comici"

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, con l'elmetto ben calcato in testa a nome di Fratelli d’Italia, ha approfittato della chiusura della due giorni “Spazio cultura” a Firenze – una sorta di raduno degli “stati generali” della cultura meloniana

Giuli mette l’elmetto di Fratelli d’Italia: "A sinistra non ci sono più intellettuali, sono rimasti solo i comici"
Alessandro Giuli
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11 Maggio 2025 - 11.04


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Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, con l’elmetto ben calcato in testa a nome di Fratelli d’Italia, ha approfittato della chiusura della due giorni “Spazio cultura” a Firenze – una sorta di raduno degli “stati generali” della cultura meloniana – per rispondere in modo piccato alle critiche arrivate dai David di Donatello da parte dell’attore Elio Germano e della comica Geppi Cucciari. Invece di dialogare con il mondo dello spettacolo, Giuli ha scelto di salire in cattedra e lanciare bordate come questa:

“La sinistra pensava che la cultura fosse roba loro”, “avevano intellettuali e li hanno persi, si sono poi affidati agli influencer, ora gli sono rimasti i comici e basta”, mentre “noi abbiamo fatto del Mic il ministero del popolo della Cultura, facendo uscire la cultura dalle stanze polverose dei salotti”.

Parole che suonano come una dichiarazione di guerra, anche se è difficile capire quale sia oggi l’élite intellettuale di destra cui Giuli si riferisca: tra le fila di Fratelli d’Italia non si contano certo filosofi, scrittori o studiosi di peso riconosciuti a livello nazionale o internazionale. Eppure il ministro insiste:

“Stiamo governando la cultura veramente da patrioti”, ha detto Giuli, autoincensandosi, e aggiungendo che
“il 30% degli italiani oggi sono rappresentati, oltre che da un governo solido e con grandi prospettive, da un’identità culturale, quello che fino a pochi anni fa era rubricata a sottocultura antisistema”.

Sottocultura che, a quanto pare, nel giro di pochi anni avrebbe scalato il potere, pur senza produrre veri riferimenti intellettuali. Anzi, il nuovo corso sembra infastidito proprio da chi la cultura la fa davvero, con ironia e pensiero critico. Giuli non ha infatti resistito a tornare su Elio Germano, attaccandolo direttamente:

“C’è una minoranza rumorosa che si impadronisce perfino dei più alti luoghi delle istituzioni italiane, il Quirinale, per cianciare in solitudine, isolati – mi riferisco a Elio Germano”.

E per Cucciari, altra voce libera e ironica, ha riservato una frecciatina:

“Al mondo del cinema stiamo dando una riconfigurazione, scusa Geppi se uso la parola riconfigurazione”.

Giuli ha difeso la riforma del tax credit come risposta a presunte “rendite e privilegi” nel mondo del cinema, pur ammettendo che non è stata un’iniziativa del governo, ma il frutto delle richieste dell’industria culturale:

“La riforma del tax credit mica l’abbiamo voluta noi ma è il frutto di una denuncia dei protagonisti dell’industria culturale del cinema che hanno detto: intervenite, basta con rendite e privilegi”.

Il ministro appare quindi sempre più deciso a trasformare la gestione della cultura in un terreno di battaglia politica, più che in uno spazio di confronto tra visioni e linguaggi. Con una certa permalosità, sembra infastidito da chiunque esprima opinioni diverse, soprattutto se appartiene al mondo dell’arte e della riflessione. Ma senza veri intellettuali al seguito, il “ministero del popolo” rischia di assomigliare più a un megafono ideologico che a una casa per la cultura di tutti.

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