Un allarme grave e senza precedenti arriva dal Movimento 5 Stelle, che accusa apertamente la Commissione parlamentare Antimafia di non svolgere più il suo ruolo istituzionale. A innescare la polemica è stata l’audizione del generale Mario Mori, ex comandante del ROS dei Carabinieri, figura centrale in molte inchieste sulla trattativa Stato-mafia, che si è svolta nei giorni scorsi all’interno dei lavori della Commissione.
Durante l’audizione, la maggioranza di centrodestra ha lasciato ampio spazio alle tesi difensive di Mori, già condannato in primo grado e poi assolto in via definitiva nel processo sulla trattativa, senza però controbilanciare con altre testimonianze o acquisizioni documentali su stragi e contesti mafiosi diversi da quello preso in esame. Secondo le opposizioni, e in particolare il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico, il clima è diventato sempre più teso, con una gestione della Commissione orientata a una narrazione unilaterale e, di fatto, revisionista rispetto alla storia giudiziaria delle stragi mafiose degli anni Novanta.
In una conferenza stampa convocata nella sede del Movimento, il presidente del M5S Giuseppe Conte ha lanciato un duro attacco, affermando che “la Commissione Antimafia, a partire dal presidente Colosimo, non vuole svolgere la sua funzione pubblica”. Secondo Conte, l’organismo parlamentare starebbe di fatto agendo con l’intento di coprire o indirizzare la lettura dei fatti.
“Possiamo parlare di depistaggio istituzionale”, ha aggiunto l’ex premier, riferendosi al fatto che “si sta indagando su una sola strage” di mafia, mentre “invece sono molte di più”. Un’accusa pesante che si collega direttamente all’impostazione dei lavori della Commissione, che sembrerebbe voler circoscrivere l’attenzione sulla sola strage di via D’Amelio del 1992, tralasciando altre stragi e contesti fondamentali per comprendere l’intera stagione di sangue di quegli anni.
Il timore espresso dal M5S è che si stia arrivando a una conclusione preconfezionata: “Si sta addirittura imboccando verso una relazione finale focalizzata su una sola pista che stravolge la verità dei fatti”. Parole che richiamano una netta rottura con il lavoro che la Commissione dovrebbe svolgere, ovvero indagare e fornire chiarezza su tutti i fenomeni mafiosi, senza orientamenti politici o ideologici.
“Lanciamo questo allarme istituzionale”, ha proseguito Conte, indicando che quanto sta avvenendo è una questione “da segnalare ai presidenti di Camera e Senato”. Infine, l’appello al Capo dello Stato: “Senza volerlo tirare per la giacchetta, chiediamo a Mattarella di prestare attenzione”.
Il contesto si inserisce in una più ampia battaglia politica e culturale sull’interpretazione delle vicende mafiose e del ruolo dello Stato in quegli anni. Per le opposizioni, la destra starebbe tentando di riscrivere la storia giudiziaria di una stagione drammatica del Paese, minimizzando le responsabilità istituzionali e delegittimando il lavoro di magistrati e inquirenti che per anni hanno cercato la verità su mandanti e connivenze.
Intanto, la presidente della Commissione, Chiara Colosimo (FdI), non ha replicato direttamente, ma il clima interno alla Commissione Antimafia resta sempre più teso, tra accuse incrociate e il rischio concreto che il lavoro dell’organismo venga snaturato o, peggio, paralizzato.
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