L’Unione Europea ha finalmente deciso di rivedere il proprio accordo di associazione con Israele, in seguito alle gravi e documentate violazioni dei diritti umani commesse nella Striscia di Gaza durante l’operazione militare condotta dal governo Netanyahu. A renderlo noto è stata martedì l’Alta rappresentante per la politica estera dell’UE, Kaja Kallas, dopo che la proposta — avanzata dai Paesi Bassi — ha ricevuto un ampio sostegno al Consiglio Affari Esteri.
La decisione arriva con colpevole ritardo, a quasi quindici mesi dall’appello di Irlanda e Spagna, che avevano chiesto alla Commissione Europea di attivare le clausole previste dall’articolo 2 dell’accordo UE-Israele, il quale vincola esplicitamente le parti al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Nel frattempo, a Gaza, le forze armate israeliane hanno raso al suolo interi quartieri, colpito infrastrutture civili, ospedali e campi profughi, causando decine di migliaia di morti, tra cui un numero impressionante di bambini. Una tragedia umanitaria che non può più essere ignorata o minimizzata.
Hanno votato a favore della revisione Stati come Irlanda, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Portogallo, Malta e la stessa Olanda, promotrice della proposta. Italia e Germania si sono invece opposte, scegliendo di sostenere implicitamente la linea del governo Netanyahu nonostante le evidenze crescenti e i ripetuti allarmi delle organizzazioni umanitarie, da Médecins Sans Frontières a Human Rights Watch. Francia e Svezia si sono astenute, adottando una posizione attendista che in questo contesto appare sempre più insostenibile.
Cosa prevede ora il processo?
Non si tratta ancora di una sospensione diretta dell’accordo commerciale, ma l’avvio formale di una revisione — con richiesta alla Commissione di valutare il rispetto dei diritti umani da parte di Israele — rappresenta un passaggio politico cruciale. L’analisi dovrà concludersi con un rapporto ufficiale, che potrebbe portare alla sospensione o alla modifica dell’accordo stesso, condizionando gli scambi economici al rispetto di standard minimi di legalità e umanità.
Un atto dovuto, non più rinviabile
In un momento in cui il governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, è accusato da più parti di crimini di guerra e utilizzo sistematico della fame come arma di guerra, l’Unione Europea non può più permettersi l’ambiguità. Questa revisione rappresenta un primo passo — tardivo ma necessario — verso l’assunzione di responsabilità politica da parte dell’Europa, che fino a oggi ha spesso chiuso gli occhi di fronte a una delle più gravi emergenze umanitarie del nostro tempo.
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