"Il figlio di una ladra sta meglio in carcere": la frase del senatore meloniano Berrino che infiamma il Senato
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"Il figlio di una ladra sta meglio in carcere": la frase del senatore meloniano Berrino che infiamma il Senato

Durante la discussione generale sul disegno di legge Sicurezza, il Senato ha vissuto momenti di forte tensione a causa delle parole pronunciate dal senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino

"Il figlio di una ladra sta meglio in carcere": la frase del senatore meloniano Berrino che infiamma il Senato
Il senatore di Fdi Gianni Berrino
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4 Giugno 2025 - 12.25


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Durante la discussione generale sul disegno di legge Sicurezza, il Senato ha vissuto momenti di forte tensione a causa delle parole pronunciate dal senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino. “Le donne che fanno figli per poter rubare, non sono degne di farlo”, ha affermato il parlamentare, scatenando la reazione indignata dell’opposizione, in particolare dai banchi del Partito Democratico.

A generare ulteriore scontro è stato un altro passaggio dell’intervento, nel quale Berrino ha sostenuto che “un bambino sta più sicuro in carcere che a casa con genitori che lo concepiscono per andare a delinquere”.

Una frase che ha acceso un dibattito teso in Aula e sollevato accuse di disumanità da parte delle minoranze. Il vicepresidente di turno del Senato, Gian Marco Centinaio, è intervenuto per riportare l’ordine, intimando ai senatori: “Vi chiedo di non fare lo stadio, altrimenti vi butto fuori”.

Nel tentativo di chiarire le sue affermazioni, Berrino ha poi precisato che la permanenza in carcere delle madri che hanno commesso reati con i figli non è automatica, ma sottoposta alla valutazione di un giudice. Tuttavia, il richiamo a una presunta “maggiore sicurezza” dei bambini in carcere rispetto alla loro casa di origine ha lasciato irrisolto il nodo di fondo: l’utilizzo di argomenti che stigmatizzano la povertà e criminalizzano la maternità in contesti di disagio sociale.

A intervenire con durezza è stato il senatore dem Filippo Sensi, che su X ha scritto: “Raramente ho sentito parole più crudeli. Spero sia solo una livida propaganda, e che non lo pensi davvero”.

Le dichiarazioni di Berrino, per quanto successivamente precisate, non sono un caso isolato. Si inseriscono in una crescente tendenza comunicativa, sempre più presente in settori dell’estrema destra europea, a descrivere i fenomeni di marginalità e devianza attraverso categorie morali e biologiche. È il linguaggio che riduce le persone a minacce, le madri a strumenti di crimine, i figli a potenziali delinquenti.

Un linguaggio che tradisce l’influenza di quel paradigma politico-culturale che, con l’era Trump, ha trovato legittimità nel parlare “senza filtri” e nell’offrire soluzioni drastiche a problemi complessi. L’estensione di questa retorica – fondata su slogan, colpevolizzazione dei vulnerabili e delegittimazione delle garanzie costituzionali – sta progressivamente ridisegnando i confini del discorso pubblico, anche in Italia.

Nel merito, le norme in discussione dovrebbero occuparsi della sicurezza pubblica. Ma i toni e i contenuti che emergono in aula mostrano come, sempre più spesso, l’obiettivo sembri spostarsi dal diritto alla punizione, dalla giustizia alla vendetta simbolica. E nel farlo, si colpiscono le figure più fragili: donne e bambini.

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