Calenda lancia l’assemblea costituente da 100 membri: "Se non cambiamo, il prossimo sarà un dittatore"
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Calenda lancia l’assemblea costituente da 100 membri: "Se non cambiamo, il prossimo sarà un dittatore"

Carlo Calenda tenta di scardinare lo stallo istituzionale con una proposta che ha il sapore della sfida politica e morale.

Calenda lancia l’assemblea costituente da 100 membri: "Se non cambiamo, il prossimo sarà un dittatore"
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30 Giugno 2025 - 13.23


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Carlo Calenda tenta di scardinare lo stallo istituzionale con una proposta che ha il sapore della sfida politica e morale. “Non si riescono a fare le riforme”, ha dichiarato il leader di Azione nella sala Koch del Senato, presentando un disegno di legge con la Fondazione Einaudi. L’idea è quella di eleggere un’assemblea costituente composta da cento cittadini, incaricata di riscrivere in un anno l’intera seconda parte della Costituzione, quella che regola il funzionamento delle istituzioni repubblicane.

Il tono è drammatico, quasi apocalittico: “Se non riusciamo a fare questo, la prossima volta arriverà un dittatore”. Parole pesanti, rivolte non solo alla stampa, ma soprattutto ai leader di tutti i partiti: da Giorgia Meloni a Elly Schlein, fino a Matteo Salvini, cui ha fatto sapere di aver già inviato formalmente la proposta. “Li sentirò nelle prossime settimane”, ha aggiunto, senza nascondere l’urgenza che percepisce.

Secondo Calenda, la macchina dello Stato è paralizzata, bloccata da meccanismi parlamentari che non funzionano più: decreti omnibus, voti di fiducia a raffica, compromessi infiniti che sterilizzano ogni tentativo di innovazione. Il Parlamento, sostiene, non è più in grado di approvare vere riforme strutturali, e la revisione dell’assetto costituzionale – compresa la discussa riforma del premierato – non può essere affidata agli equilibri asfittici dell’aula.

Per questo propone un’assemblea elettiva, formata da cittadini scelti con metodo proporzionale e vincolati da un mandato breve ma intenso: 18 mesi per completare il lavoro, dopodiché l’organismo si scioglierebbe automaticamente. Non si tratterebbe, insiste Calenda, di una “camera alternativa”, né di un attacco all’esecutivo in carica. “Non è un’azione contro Meloni o Salvini. È un tentativo di restituire al Paese una via d’uscita democratica”.

La Fondazione Einaudi, co-proponente del disegno di legge, ha presentato un sondaggio secondo cui il 36% degli italiani pensa che la democrazia stia fallendo, percentuale che sale al 52% tra i giovani. Dati che, secondo Calenda, testimoniano un malessere profondo, una disaffezione per la politica che potrebbe presto trasformarsi in rigetto del sistema democratico. “O diamo una risposta seria, oppure qualcuno la darà al posto nostro”, ha avvertito.

Durante l’incontro, Calenda ha citato anche la stagione costituente del dopoguerra, quando De Gasperi e Togliatti seppero mettere da parte le rivalità per scrivere la Carta fondamentale. “Se lo hanno fatto loro nel 1946, possiamo farlo anche noi oggi. Ma dobbiamo avere il coraggio di tentare”.

Il progetto, naturalmente, è ambizioso e già oggetto di perplessità da parte di diversi osservatori. In un contesto politico sempre più polarizzato, l’ipotesi di affidare la revisione costituzionale a un’assemblea separata – sia pure eletta – rischia di essere letta come una forzatura o una scorciatoia. E resta da vedere se i partiti saranno disposti a cedere parte del loro ruolo a un organismo estraneo alla dialettica parlamentare.

Ma per Calenda, la posta in gioco è troppo alta per restare fermi: “Non si tratta di rafforzare il centro, ma di salvare la Repubblica da sé stessa. E di farlo con uno strumento democratico, limpido, trasparente”.

In attesa delle risposte dei leader politici, il testo del disegno di legge verrà depositato nei prossimi giorni. E il dibattito è solo all’inizio.

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