Bologna, la vergogna del silenzio: il governo non ha il coraggio di dire “strage fascista”
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Bologna, la vergogna del silenzio: il governo non ha il coraggio di dire “strage fascista”

 E niente, non ci riescono, è più forte di loro, non vogliono rompere quel legame, spegnere quella fiamma. Anche ora che tutte le sentenze sono passate in giudicato, che dopo 45 anni c’è una verità giudiziaria definitiva.

Bologna, la vergogna del silenzio: il governo non ha il coraggio di dire “strage fascista”
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Claudio Visani Modifica articolo

2 Agosto 2025 - 19.17


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 E niente, non ci riescono, è più forte di loro, non vogliono rompere quel legame, spegnere quella fiamma. Anche ora che tutte le sentenze sono passate in giudicato, che dopo 45 anni c’è una verità giudiziaria definitiva. La strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morti, più di duecento feriti), hanno stabilito le sentenze, “fu organizzata dal capo della loggia massonica P2 Licio Gelli e dal suo braccio destro Umberto Ortolani, finanziata con i soldi da loro distratti dal Banco Ambrosiano, coperta e depistata dai Servizi deviati dall’ex capo Ufficio Affari riservati del Viminale Federico Umberto d’Amato e dal giornalista ed ex parlamentare del Movimento sociale Mario Tedeschi, eseguita dai terroristi neri Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini e Paolo Bellini”. Niente, nonostante questo, ancora oggi non riescono a riconoscere la matrice fascista della strage più grave del dopoguerra.

La prima è l’inviata del governo al 45esimo anniversario, la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, che pure è bolognese e nemmeno dei post-fascisti ma di Forza Italia. A Palazzo d’Accursio, di prima mattina, all’incontro con i famigliari, definisce la strage “oscena, di eversione, che i magistrati hanno definito di matrice neofascista”. I magistrati, non lei, il suo governo, la sua presidente del Consiglio. Che poco, con un messaggio, parla di “una delle pagine più buie della storia d’Italia”, ma senza citare la matrice neofascista. Per poi aggiungere: “Il governo continuerà a fare la sua parte per arrivare alla piena verità”. Ed è una frase che oggi non si può più sentire. 

E se la Bernini in Comune se la cava con la contestazione solitaria di un cittadino che grida “il governo non è credibile sul 2 agosto”, applaudito però da quasi tutti i presenti, nella piazza davanti alla stazione dove complice la giornata di sabato e la temperatura mite sono confluite molte migliaia di persone, più del solito, alla premier Meloni e al presidente del Senato La Russa (che si è sprecato con ben sette parole: “2 agosto 1980. Per non dimenticare mai”) arrivano sacrosante bordate di fischi. E per fortuna che a tenere la barra diritta e a salvare l’onore e la dignità della nostra Repubblica c’è, ancora una volta, uno che si chiama Sergio Mattarella, che scrive: “La strage è stata un segno indelebile di disumanità da parte di una spietata strategia eversiva neofascista che mirava a colpire i valori costituzionali, le conquiste sociali e, con essi, la nostra stessa convivenza civile”.

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Per il resto il 45esimo anniversario della strage è soprattutto un lungo, interminabile ringraziamento, scandito da ripetuti applausi, al presidente dell’Associazione famigliari delle vittime, Paolo Bolognesi, che oggi ha pronunciato l’ultimo discorso prima di passare, dopo 29 anni, il testimone alla presidenza al suo attuale vice, Paolo, Lambertini, figlio di Mirella Fornasari, una dipendente della Cigar, la società che gestiva il bar e la ristorazione alla stazione, morte nell’attentato (ma resterà presidente onorario). Un ringraziamento alla tenacia dell’Associazione che non ha mai smesso di lottare per avere verità e giustizia, anche quando sembrava di andare a sbattere contro un muro di gomma come per la strage di Ustica, e al pool di legali (Lisa Baravelli, Alessia Merluzzi, Alessandro Forti) coordinati dall’avvocato Andrea Speranzoni che con grande dedizione e impegno hanno condotto in porto un’impresa processuale che si può definire storica. 

“Sono sicuro che chi ha organizzato ed eseguito la strage – dice il presidente della Regione, Michele De Pascale – non poteva immaginare che noi oggi saremmo stati qui con la verità in mano. Se è accaduto è per la forza solidale e la determinazione di questa terra, vittima come poche altre e odiata dal terrorismo politico proprio perché ama la verità, la giustizia e la libertà” (e si dovrebbe aggiungere perché è rossa). “Abbiamo resistito come gli alberi che mutano le foglie ma lasciano intatte le radici”, aggiungerà poi Bolognesi dal palco.

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Il momento più commovente è, come sempre, il minuto di silenzio, quest’anno scattato con tre minuti di ritardo, alle 10.28, con il triplice fischio della locomotiva e la folla muta in ricordo delle vittime della strage. Due gli interventi dal palco, quello di Bolognesi e quello del sindaco Matteo Lepore. Bolognese si leva gli ultimi sassolini dalle scarpe. “Condannare la strage senza riconoscerne e condannarne la matrice fascista – dice rivolto a Meloni – è come condannare il frutto di una pianta velenosa continuando ad annaffiarne le radici”. E per essere ancora più chiaro aggiunge: “Tutti gli stragisti sono passati per il Movimento sociale”. Una stoccata a cui replica a margine la Bernini: “Respingo senza se e senza ma qualunque collegamento della strage con l’attuale governo”. 

Bolognesi sostiene inoltre che “dall’esito dei processi sulla strage di Bologna escono nuovi scenari che possono riscrivere parte della storia d’Italia”, in particolare per quel “filo nero che lega mafia e Servizi segreti” ma su cui il governo non vuole approfondire, come dimostra – accusa – la nomina a presidente dell’Antimafia della sorella d’Italia Chiara Colosimo, una che si faceva fotografare con uno degli esecutori della strage, Luigi Ciavardini. E come dimostrerebbe anche la separazione delle carriere, “che era uno degli obiettivi della P2”. Bolognesi critica, infine, una direttiva del direttore degli Archivi di stato che renderebbe difficile la consultazione delle sentenze sulla bomba alla stazione (“l’ennesimo ostacolo alla verità”) e alla Bernini che promette il suo impegno sulla materia e anche per completare finalmente la legge sui risarcimenti alle vittime, replica: “Bene, ma siamo stanchi di pacche sulle spalle, vogliamo fatti”. 

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Alla manifestazione è intervenuta anche Elly Schlein, che invita tutti, a cominciare dal governo, “a leggere le sentenze che confermano ciò che dicono i familiari” (la verità giudiziaria che è anche verità storica) e sostiene la richiesta dell’Associazione a renderle pubbliche. Mentre dall’omelia per le vittime nella cattedrale parte dal cardinale della città e presidente della Cei, Matteo Zuppi, un appello agli assassini affinché aiutino a raggiungere la completa verità. “Per non restare solo assassini – queste le sue parole – è sempre possibile, e direi un dovere, chiedere perdono e aiutare a fare verità per chiudere con la violenza e le sue cause”. 

Infine il sindaco Lepore. Nel suo discorso, prima si rivolge teatralmente a Bolognesi chiedendogli di poterlo abbracciare “come vorrebbe fare tutta la piazza” (e lo fa), poi annuncia l’intitolazione di una piazza al magistrato Mario Amato, ucciso dagli stessi fascisti della strage alla stazione “perché stava indagando sul terrorismo nero”, e la realizzazione di un grande progetto per fare di Bologna “il coordinamento nazionale dei famigliari di tutte le stragi” e per realizzare nell’ex scalo ferroviario del Ravone, accanto alla stazione, “un Parco della Memoria, verde come la speranza, rosso come la memoria, contro l’oblio, affinché tutti possano conoscere, non dimenticare e contribuire alla rinascita morale e civile del nostro Paese”.

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