Esiste la possibilità di ricondurre il caos mondiale attuale a qualcosa di conosciuto, di noto, un paradigma politico, etico, ideologico che possa spiegare, se non giustificare quello che accade in Ucraina, nella striscia di Gaza e in Medio Oriente?
In realtà non ci sono soltanto le guerre combattute, ma anche i conflitti di tipo economico come il protezionismo trumpiano, che generano ulteriori motivi di instabilità e di squilibrio, e si aggiungono alle ingiustizie strutturali del mondo post novecentesco.
E allora per comprendere, ma anche per tentare di trovare delle soluzioni è necessario rimettere in gioco il metodo storico e genealogico, per individuare le radici culturali dello scatenamento incontrollato della forza della guerra e del conflitto esasperato.
Occorre partire da un dato di fatto. Non esiste più un ordine mondiale e l’Onu, che avrebbe dovuto impedire che i conflitti tra gli Stati potessero degenerare in guerre aperte, ha smesso di esercitare questa funzione ed è ridotto a strumento di pura retorica, inascoltato dai governi e senza alcun potere reale. Senza la mediazione della Parola e del dialogo, la politica mondiale è guidata dalla Forza che assume i caratteri dell’arbitrio e della prepotenza.
I valori che erano il fondamento delle Nazioni Unite non hanno più diritto di cittadinanza nel mondo attuale: la pace, la sicurezza internazionale, la cooperazione in tutti gli ambiti e la difesa dei diritti umani non sono più garantiti in nessuna parte del pianeta. Neppure la Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, che viene sottoscritta da quasi tutti Paesi, nel novembre del 1945, è realmente praticata e applicata. I principi dell’Onu non sono Leggi, ma linee guida che dovrebbero ispirare i comportamenti degli Stati, i quali possono essere sanzionati con una condanna formale, nel caso in cui non li rispettino; per rendere più efficace il rispetto dei principi di uguaglianza fra gli esseri umani, di rispetto dell’indipendenza e dell’integrità degli Stati, l’Onu si era persino dotato di una forza militare che avrebbe dovuto disinnescare eventuali conflitti e neutralizzare future guerre.
Per buona parte del ‘900 l’Onu è stata operativa ed ha avuto un ruolo importante e significativo nelle varie crisi regionali, mentre nel XXI secolo la situazione è drammaticamente mutata.
A che cosa dobbiamo questo ribaltamento, così gravido di pericolose derive distruttive?
Vediamo in che modo la filosofia può venire in aiuto.
La crisi dell’Onu è il risultato della diffusione di un paradigma di pensiero che risale alla scuola dei Sofisti nell’Atene del IV secolo. Nel Primo Libro della Repubblica Platone introduce Trasimaco un filosofo della scuola sofista, che espone la sua provocatoria tesi. Alla domanda su cosa sia la Giustizia, Trasimaco risponde che è l’utile del più forte. Detto in altri termini, non esiste una Giustizia assoluta ed eterna, perché la Giustizia coincide con la Legge, la quale è emanata da chi ha il potere, la forza. Il più forte, colui che comanda, il Tiranno per esempio, crea le Leggi, che sono funzionali alla conservazione del suo potere, e questo vale per tutte le Costituzioni, ma nel caso della tirannide ciò risulta ancora più evidente. Il giusto e l’ingiusto, quindi non esistono prima della Legge, che è creata da chi detiene il potere. Questa posizione viene ulteriormente sviluppata da Callicle, altro sofista, che nel Gorgia, un’altra opera di Platone, sostiene che la tirannide è la forma migliore di governo, perché è quella più vicina allo stato di natura, dove il più forte domina e comanda sul più debole.
Tra le opinioni dei Sofisti e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo non c’è mediazione possibile, come non c’è tra la legge di natura e la legge positiva, civile. Se la Legge della città si conforma alla legge di natura è il caos, la guerra di tutti contro tutti, il più forte stabilisce il proprio diritto di fare ciò che vuole, ed è esattamente ciò che accade in Ucraina ed in Medio Oriente, dove una potenza militare che si considera superiore, la Russia e Israele, stabilisce ciò che è giusto, anche se in difformità dalle leggi internazionali, che non hanno alcun valore di fronte al potere della forza, che letteralmente detta la legge. È lo stato di natura dove nessuno è al sicuro, non ci sono garanzie e ciascuno è costretto a proteggersi dalle aggressioni ingiustificate che possono provenire da nemici, ed è anche il mondo attuale, dove i deboli soccombono di fronte alla prepotenza dei forti. È la forza che giustifica il Diritto, quindi anche la Legge, direbbe Trasimaco, e Callicle aggiungerebbe che è giusto che il più forte comandi sul più debole. È sempre stato così, continuerebbe Trasimaco, perché tutte le Leggi sono l’utile del potere e non esiste la Giustizia prima delle Leggi, perché sono le Leggi che creano la Giustizia.
In questo universo relativistico il rischio è quello di smarrirsi, di perdere il senso dei valori condivisi, per appiattirsi soltanto sulla forza, anche se alcune osservazioni possono incrinare l’apparente solidità di queste tesi. Se è vero che vale sempre l’anatema “Guai ai vinti!”, si potrebbe obiettare, che, a causa del relativismo delle vicende umane è possibile che i forti di oggi siano i deboli di domani, e potrebbe darsi che ai forti di oggi dovesse risultare molto sfavorevole far parte di un mondo in cui il forte decide ciò che è giusto. Dal momento che nella storia umana le parti in commedia mutano repentinamente sarebbe conveniente che un futuro ordine mondiale si regolasse sul velo d’ignoranza di cui scriveva Rawls, quando trattava del contratto che è all’origine della società civile, secondo cui ciascuno degli attori contraenti dovrebbe firmare un patto, senza conoscere la propria condizione sociale, economica, razziale e religiosa. In questa condizione sarebbe molto pericoloso sottoscrivere un contratto che privilegi la classe dei più forti, alla quale potrebbe non appartenere. Ogni filosofia che teorizzi l’uso della forza e della guerra come unica soluzione alle controversie umane deve tenere conto dell’elemento storico, che modifica e spesso capovolge i rapporti, quindi è utile per deboli come per i forti che le norme che regolano i rapporti politici siano dettate dalla ragione, che a differenza della Potenza degli istinti è in grado di garantire equilibrio e armonia, elementi fondamentali della pace.
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