D’Alema difende la sua presenza a Pechino, critica l’Occidente e accusa l’Europa di inerzia su Gaza
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D’Alema difende la sua presenza a Pechino, critica l’Occidente e accusa l’Europa di inerzia su Gaza

Massimo D'Alema, intervistato da La Stampa, ha spiegato così la sua scelta di partecipare alla parata militare a Pechino.

D’Alema difende la sua presenza a Pechino, critica l’Occidente e accusa l’Europa di inerzia su Gaza
Massimo D'Alema
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6 Settembre 2025 - 16.42


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“I cinesi, ogni dieci anni, celebrano la loro Liberazione con una parata militare alla quale invitano sempre i governi di tutto il mondo. Questa volta gli europei non c’erano e proprio questa, a mio avviso, è stata la scelta sbagliata”. Massimo D’Alema, intervistato da La Stampa, ha spiegato così la sua scelta di partecipare alla parata militare a Pechino.

Secondo l’ex premier ed ex ministro degli Esteri “siamo dentro una crisi del vecchio ordine mondiale” e “abbiamo bisogno di costruirne uno nuovo che non abbia egemonie di alcun tipo”. L’Occidente, ha osservato, non può permettersi l’errore di “schiacciare una grande potenza come la Cina e metterla alla guida di un grande blocco anti-occidentale” perché “se pensi di isolare il resto del mondo, finisci per isolarti”.

D’Alema ha giudicato sbagliata la scelta dei leader occidentali di disertare l’evento, sottolineando che “la celebrazione non si è ridotta ad una parata militare”. Ha inoltre rimarcato che “un’informazione distorta non ha consentito di evidenziare, tra l’altro, che alla parata la presenza di leader, rappresentanti e personalità provenienti da Paesi democratici era maggioritaria”, aggiungendo che “la vera notizia di queste giornate, che non è stata la presenza di Putin o del dittatore coreano, ma quella di quasi tutti i leader di paesi asiatici, dal primo ministro indonesiano al presidente del parlamento della Corea del Sud”. Ha definito significativo anche il riavvicinamento tra Cina e India, “i due Paesi più popolosi del mondo, che – dice D’Alema in passato hanno avuto scontri anche armati, hanno trovato un terreno di incontro”.

L’ex premier ha poi evidenziato altri momenti ignorati dal racconto mediatico: “E sono stati trascurati anche eventi significativi: una commovente cerimonia in onore dei militari americani che avevano contribuito alla Resistenza cinese, un’altra in onore della Resistenza europea nella quale è stata cantata Bella ciao”.

Sulle polemiche relative alla sua presenza a Pechino, D’Alema ha replicato: “In un Paese normale se c’è una personalità non più impegnata direttamente nell’agone politico che ha un buon rapporto con un partner ineludibile come la Cina dovrebbe essere considerato un fatto positivo per il Paese”. Ha poi rimarcato il peso crescente dell’Asia: “Goldman Sachs ci ha spiegato che da qui a non molti anni la Cina avrà il primo pil del mondo, l’India il secondo, gli Stati Uniti il terzo e l’Indonesia il quarto. Poi ci saranno il Pakistan, il Brasile, la Nigeria, tutta gente che stava lì!”, aggiungendo: “Mentre noi, per isolarli, non ci siamo andati. Stiamo vivendo la fine dell’egemonia occidentale, che è una delle cause del caos del mondo e dobbiamo costruire un nuovo ordine, che non sia l’egemonia di qualcun altro, cosa non desiderabile. Ma sia un ordine multilaterale, sostenibile, di coesistenza tra mondi diversi”.

Ha infine criticato l’Occidente, accusato di difendere “in modo fazioso un mondo che non c’è più, anziché ragionare su come stare in quello che c’è. Quello vero. Quello di oggi”. A suo giudizio, “la Cina è aggressiva sul piano economico e su questo piano dobbiamo trovare un accordo equilibrato che salvaguardi i nostri interessi, ma sul piano geopolitico la Cina rappresenta un elemento di stabilità”.

D’Alema ha rivendicato la sua “assoluta coerenza” ricordando la decisione di intervenire in Kosovo: “Mi sono preso la responsabilità dell’intervento in Kosovo perché allora siamo andati a difendere una popolazione dalla pulizia etnica condotta da un capo di governo accusato di crimini contro l’umanità. Esattamente quello che accade oggi a Gaza. Solo che noi allora agimmo per difendere quella popolazione”. E ha concluso: “Oggi invece l’Europa non fa praticamente nulla per fermare Netanyahu. Io penso di essere stato e di essere assolutamente coerente”.

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