Ilaria Salis: la Commissione giuridica del Parlamento europeo ha respinto 13 a 12 la revoca dell'immunità

Il verdetto espresso a Bruxelles non è ancora definitivo, ma rappresenta un segnale politico rilevante: secondo la prassi, infatti, l'assemblea plenaria tende a confermare le indicazioni della Commissione.

Ilaria Salis: la Commissione giuridica del Parlamento europeo ha respinto 13 a 12 la revoca dell'immunità
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23 Settembre 2025 - 11.52


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La Commissione giuridica del Parlamento europeo ha respinto 13 a 12, a voto segreto, la richiesta avanzata dall’Ungheria per la revoca dell’immunità parlamentare all’eurodeputata italiana Ilaria Salis, eletta con Alleanza Verdi e Sinistra. Il verdetto, espresso a Bruxelles nella giornata di martedì, non è ancora definitivo, ma rappresenta un segnale politico rilevante: secondo la prassi, infatti, l’assemblea plenaria tende a confermare le indicazioni della Commissione. La votazione finale è attesa per il 7 ottobre a Strasburgo.

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La vicenda si inserisce in un contesto ben più ampio che riguarda lo stato di diritto in Ungheria e la natura stessa del regime di Viktor Orbán, sempre più simile a quella di un vero e proprio dittatore che manipola istituzioni, magistratura e media a suo piacimento. È evidente che, se l’immunità di Salis venisse revocata, l’eurodeputata italiana verrebbe consegnata alle grinfie di un sistema giudiziario asservito al potere politico, dove le garanzie democratiche non esistono e dove il processo sarebbe già scritto.

Lo stesso relatore del dossier, lo spagnolo Adrián Vázquez Lázara, esponente del Partito Popolare Europeo, aveva suggerito in una relazione riservata di non ravvisare “fumus persecutionis”, ossia l’ipotesi di un intento politico dietro la richiesta ungherese. Una formula giuridica che di fatto fotografa la realtà: quella di una persecuzione politica orchestrata da Budapest contro chi non si piega all’autoritarismo del premier ungherese.

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Il voto di JURI non è vincolante, ma di grande peso politico. Come confermano fonti interne al Parlamento europeo, la plenaria tende quasi sempre ad allinearsi alla decisione della Commissione giuridica. Per questo la scelta del 7 ottobre sarà cruciale: da essa dipende il destino non solo di Salis ma anche la credibilità dell’Eurocamera, chiamata a dimostrare che non è disposta a farsi intimidire da governi che calpestano i principi dello stato di diritto.

” Oggi la Commissione Juri ha deciso di difendere la mia immunità e l’indipendenza del Parlamento, e di respingere la richiesta di revoca avanzata dal regime ungherese. È un segnale importante e positivo. Ho piena fiducia che il Parlamento confermerà questa scelta nella plenaria di ottobre, affermando la centralità dello stato di diritto e delle garanzie democratiche”. Così ha commentato Salis a caldo, ribadendo come l’attacco nei suoi confronti non abbia nulla a che vedere con la giustizia, ma con la volontà politica di Orbán di trasformarla in un trofeo da esibire in patria.

Nelle sue interviste, Salis è stata chiarissima: “La mia intenzione non è mai stata quella di sottrarmi a un processo. Ma in Ungheria questo non è evidentemente possibile”. Parole che suonano come un grido d’allarme verso le istituzioni italiane ed europee, perché sottoporre una parlamentare europea al sistema carcerario ungherese equivarrebbe a condannarla in partenza, come lei stessa ha sottolineato: “una condanna già scritta”, in un Paese dove “la magistratura non è indipendente” e le condizioni carcerarie sarebbero “disumane”.

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La parlamentare ha poi rilanciato la sua proposta: “Processatemi in Italia. Fatelo ora”. E qui sta il nodo politico e giuridico. Secondo il protocollo n. 7 sull’immunità dei parlamentari europei, infatti, l’Italia potrebbe farsi carico del procedimento, consentendo così un processo equo, lontano dalle pressioni di un sistema autoritario. “La legge italiana consente l’apertura di un’indagine anche su fatti commessi all’estero. Spetta alla procura o al ministro della Giustizia attivarsi”, ha aggiunto.

Non è un caso che il caso Salis esploda nel pieno della campagna elettorale ungherese che porterà al voto nell’aprile 2026. Orbán, che governa da anni con metodi sempre più illiberali, intende usare il caso come strumento di propaganda interna, mentre nello stesso Parlamento europeo è in corso anche la valutazione della revoca dell’immunità di Péter Magyar, esponente del PPE ungherese e rivale politico dello stesso premier. La coincidenza mostra quanto le richieste di Budapest abbiano una valenza puramente politica e non certo giudiziaria.

Da Bruxelles intanto non mancano gli appelli. La vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno ha dichiarato che “Opporsi alla revoca dell’immunità significa difendere l’autonomia delle istituzioni europee”. È un richiamo diretto ai parlamentari di Strasburgo, che con il voto del 7 ottobre decideranno se cedere alle pressioni di un dittatore o se ribadire l’indipendenza della democrazia europea.

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Il destino di Ilaria Salis, dunque, non riguarda solo la sua vicenda personale ma tocca la credibilità stessa dell’Unione europea. Permettere che una cittadina italiana e deputata europea venga consegnata al regime di Orbán significherebbe ammettere che in Europa un leader autoritario può usare la giustizia come arma di persecuzione. E questo, se accadesse, segnerebbe una sconfitta non soltanto per Salis, ma per la democrazia europea.


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