Il Teatro La Fenice, icona indiscussa della lirica italiana, è teatro di una vera e propria insurrezione interna. Circa 300 tra musicisti, maestranze e personale amministrativo hanno proclamato lo stato di agitazione permanente, chiedendo a gran voce la revoca della nomina di Beatrice Venezi a direttrice musicale.
La decisione, annunciata la scorsa settimana, ha scatenato un’onda di proteste che va oltre il dissenso professionale: per i lavoratori, si tratta di un’imposizione politica che mina le fondamenta di un’istituzione storica, premiando affinità ideologiche anziché meriti artistici.
La scintilla è partita dall’orchestra, che ha reso pubblica una lettera indirizzata al sovrintendente Nicola Colabianchi:
“Abbiamo appreso esclusivamente tramite la stampa della Sua decisione di nominare il Direttore Beatrice Venezi alla Direzione Musicale del Teatro, in palese contrasto con le Sue dichiarazioni pubbliche e con quanto da Lei riferito negli incontri con le rappresentanze sindacali”, si legge nel documento firmato all’unanimità dai professori d’orchestra.
Le accuse sono pesanti: mancanza di trasparenza nella procedura di selezione e un curriculum “non minimamente paragonabile a quello delle grandi bacchette che, in passato, hanno ricoperto il ruolo di Direttore Musicale di questo Teatro”.
Venezi, 35enne toscana nota per la sua vicinanza al governo Meloni e a Fratelli d’Italia, non ha mai diretto un titolo d’opera o un concerto sinfonico alla Fenice, né figura nei cartelloni dei principali teatri internazionali o festival mondiali.
I musicisti non si limitano a criticare il profilo professionale: denunciano un “tradimento” che ha compromesso la fiducia nell’amministrazione.
“Si tratta di un atto che mina profondamente la fiducia che i professori d’orchestra avevano riposto nella Sua parola e nella sua capacità di guida trasparente dell’istituzione”, prosegue la lettera, che culmina con la richiesta esplicita di revoca.
Le conseguenze sono già tangibili: in meno di 48 ore dall’annuncio, decine di abbonati storici hanno disdetto i loro posti e il teatro ha perso centinaia di follower sui social.
“Riteniamo inaccettabile sacrificare la fiducia di un pubblico fedele, costruita e mantenuta nel tempo anche attraverso difficoltà enormi, per una nomina che non garantisce né qualità artistica né prestigio internazionale”, aggiungono gli orchestrali.
La protesta si è estesa rapidamente all’intera platea dei lavoratori. Venerdì 26 settembre, l’assemblea generale delle maestranze ha espresso “unanime solidarietà” alla posizione dell’orchestra e proclamato lo stato di agitazione, uno strumento sindacale che apre la porta a scioperi, manifestazioni e sit-in.
“Con altrettanta fermezza le maestranze del Teatro La Fenice chiedono l’immediata revoca della nomina a Direttore musicale del M° Beatrice Venezi, avvenuta con modalità e tempistiche che hanno calpestato ogni principio di confronto e trasparenza”, recita il comunicato finale dell’assemblea.
La CGIL e altre rappresentanze sindacali, inclusa quella del Teatro Regio di Torino, hanno espresso solidarietà, denunciando una “deriva autoritaria” nelle nomine delle fondazioni liriche, dove “interventi di questo rilievo e così delicati hanno sempre seguito un percorso di condivisione”.
Al centro del malcontento c’è il sospetto di un’operazione politica. Venezi, che assumerà l’incarico da ottobre 2026 fino a marzo 2030, è stata consigliere per la musica dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano e ha partecipato a eventi di Fratelli d’Italia come Atreju oltre ad aver avuto subito un programma in Rai.
Critici come l’ex sovrintendente Fortunato Ortombina e la deputata Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi e Sinistra) parlano di “nomina sbagliata nel merito e nel metodo”, invocando l’intervento del ministro della Cultura Alessandro Giuli per “ristabilire la necessaria qualità negli incarichi”.
“Una situazione grottesca, gestita con sciatteria, un altro esempio di come il mondo della cultura italiana e i suoi lavoratori siano sempre più umiliati da una modalità di gestione delle nomine che premia gli appoggi politici più che il merito e le competenze”, tuona Piccolotti.
Colabianchi, dal canto suo, ha difeso la scelta in una lettera ai dipendenti, ridimensionando il ruolo di Venezi – che non dirigerà l’opera inaugurale della prossima stagione – e sottolineando come “la stragrande maggioranza delle nostre attività vedrà sul podio, come sempre, direttori di fama internazionale”.
Ha parlato di un “investimento sul futuro” grazie alla visibilità mediatica della giovane direttrice, capace di attrarre sponsor e mecenati. Ma le repliche non hanno placato gli animi:
“Le scuse offerte dal sovrintendente risultano pertanto irricevibili”, ribattono i musicisti.
La situazione alla Fenice, rinata dalle ceneri di incendi e alluvioni, rischia ora di spegnersi in un cortocircuito interno. I lavoratori, uniti in un fronte compatto, avvertono: senza revoca, la protesta potrebbe paralizzare il teatro, con scioperi imminenti che metterebbero a rischio la stagione artistica.
In un paese dove la cultura è già fragile, questa “rivolta” solleva interrogativi profondi: chi dirige davvero le sorti della musica italiana? Il merito, o i fili del potere? Mentre Venezi tace, il podio della Fenice trema.