La vittoria in Toscana non cambia gli equilibri politici dell’Italia: a sinistra serve un impegno diverso
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La vittoria in Toscana non cambia gli equilibri politici dell’Italia: a sinistra serve un impegno diverso

Serve un impegno diverso, più vicino ai bisogni dell’elettorato, ma anche dirigenti nazionali più incisivi, capaci di imprimere quel salto di qualità necessario per battere le destre.

La vittoria in Toscana non cambia gli equilibri politici dell’Italia: a sinistra serve un impegno diverso
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14 Ottobre 2025 - 20.35


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di Carlo Cotticelli

Ha ragione Andrea Scanzi: queste elezioni non cambieranno lo scenario elettorale né gli equilibri politici dell’Italia. Oltre alla Toscana, andranno al centrosinistra anche Puglia e Campania, mentre per il centrodestra il Veneto si aggiungerà a Calabria e Marche. Un unico dato accomuna tutte le regioni: la bassa affluenza alle urne. È evidente che un cittadino su due non vota per questo tipo di elezioni, un segnale che dovrebbe far riflettere la politica sulla propria credibilità e sulle modalità di voto.

Tuttavia, non si può negare che uno scenario simile porti comunque a vincere “ai punti” il centrodestra, che dopo tre anni di governo non ha subito scosse significative da un’opposizione ancora lontana dall’essere granitica e credibile come forza di governo.

Certo, le mobilitazioni per la Palestina hanno dato vigore alle opposizioni, ma per vincere serve ben altro. In Toscana, per la prima volta, si è affermata una forza di sinistra radicale fino a oggi sconosciuta, che con la sua candidata ha ottenuto il 5%. Un risultato che sembra legato all’impegno su temi come il salario minimo, la solidarietà con la Palestina e il no al riarmo: questioni non sempre condivise all’interno di un centrosinistra sempre più sbilanciato verso il centro.

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I Cinque Stelle, ancora una volta, non sfondano a livello amministrativo, mentre né il PD né Alleanza Verdi e Sinistra riescono a intercettare la sfiducia degli elettori nei confronti del Movimento a livello locale. Serve un impegno diverso, più vicino ai bisogni dell’elettorato, ma anche dirigenti nazionali più incisivi, capaci di imprimere quel salto di qualità necessario per battere le destre.

Un compito reso ancora più difficile da un quadro internazionale tutt’altro che favorevole alle sinistre, come dimostra la recente tregua in Medio Oriente, dove la scena è stata dominata dal capo del sovranismo mondiale: Donald Trump. La battaglia politica, a questo punto, è anche internazionale.

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