Mattarella: "Non vogliamo arrenderci alla prospettiva di una società dominata da oligarchi e da privilegiati"

Il discorso di Mattarella nel corso della visita ufficiale di Leona XIV al Quirinale

Mattarella: "Non vogliamo arrenderci alla prospettiva di una società dominata da oligarchi e da privilegiati"
Leone XIV e Mattarella
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14 Ottobre 2025 - 13.19


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Il testo integrale dell’intervento di Mattarella durante la visita di Leone XIV

Beatissimo Padre,

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è un privilegio e motivo di grande emozione accoglierLa al Quirinale.

Un Palazzo che è testimone di una parte importante della storia del Papato e dell’Italia e che la Repubblica custodisce come “casa” di tutti gli italiani.  

Questa cerimonia vuol suggellare, anche oggi, il legame imprescindibile tra Santa Sede e Italia e rappresenta un gesto di omaggio nei Suoi confronti da parte dell’intera Italia, a nome della quale – assieme alle istituzioni della Repubblica qui presenti – desidero esprimere sentimenti di affettuosi auguri per l’Alto Magistero che il Conclave Le ha affidato.

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Lo scorso aprile il popolo italiano si è stretto nel cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco, che ha lasciato in tutti – credenti e non credenti – un ricordo indelebile.

Al contempo, sin dal giorno della Sua elezione, Vostra Santità ha potuto constatare l’ampiezza delle manifestazioni di vicinanza del popolo italiano, che ritrova nella Sua azione, in favore della centralità della persona umana, della pace e del dialogo, valori condivisi e fondanti, che sono anche alla base della nostra Costituzione.

In questo Anno Santo dedicato alla speranza, sono in gran numero le persone di buona volontà, in Italia e all’estero, che guardano all’autorità morale della Santa Sede, trovando nella Sua azione, e nel Suo incessante impegno in favore dell’umanità intera, motivi per mantenere viva la speranza.

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Viviamo tempi di grande difficoltà.

Il Secondo dopoguerra aveva saputo puntare a un mondo costruito sul multilateralismo, su di un sistema che prevedeva il dialogo per la risoluzione delle controversie. Un sistema che oggi sembra progressivamente accantonato.

Le istituzioni allora sorte appaiono indebolite – talvolta strumentalmente, e irresponsabilmente, delegittimate – e non in grado di incidere con la necessaria efficacia sulle crisi attuali.

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Preoccupa il venir meno di meccanismi che costruiscono fiducia tra gli Stati.

In questo scenario, la logica del più forte, la tentazione di fare ricorso alle armi per risolvere una disputa, sembrano talvolta prevalere.

Dignità e diritti di singoli, di gruppi, di popoli sono sovente calpestati.

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L’aggressione russa su larga scala in Ucraina, a distanza di quasi quattro anni, continua a mietere vittime civili innumerevoli, a seminare morte e distruzione, a gettare una inquietante ombra di insicurezza sull’intero continente europeo.

In Medio Oriente, alla ferita atroce dell’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, ha fatto seguito una reazione che ha superato non soltanto criteri di proporzionalità, ma anche i confini di umanità.

Oggi c’è “una scintilla di speranza” – come Vostra Santità ha rimarcato – che va sostenuta con convinzione.

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La liberazione degli ostaggi rimasti in vita è di grande valore e coinvolge quanti hanno a cuore civiltà e dignità delle persone, rivolgendo un pensiero a quanti sono morti in quella crudele condizione di prigionia.

Il cessate il fuoco a Gaza consente di iniziare a porre riparo a quella popolazione, così provata da brutale sofferenza.

Ci auguriamo che il negoziato in atto sulle tappe successive si concluda positivamente e conduca, al più presto, a un’interruzione definitiva delle ostilità e delle violenze nella Striscia, a beneficio anche della generale stabilità del Medio Oriente e della condizione dei Luoghi Santi, per rilanciare la soluzione di uno Stato per ciascuno di due popoli, la sola in grado di consentire la possibilità di un futuro in cui tutti – Israele e Palestina – trovino pace e sicurezza.     

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Vorrei riaffermare che la pace vera, duratura, risiede nell’animo dei popoli. Diversamente, sotto la cenere della fine delle violenze cova il rancore, pronto a divampare nuovamente alla prima occasione che possa essere sfruttata, per rendersi conto allora che la fine delle violenze si trasforma, purtroppo, in una parentesi tra due esplosioni.

Ucraina e Medio Oriente sono soltanto due dei principali scenari di guerra, quelli a noi più vicini.

Il numero dei conflitti e delle crisi umanitarie in corso è purtroppo più alto, come Vostra Santità più volte ci ha ricordato.

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Anzi, di fronte a tanta efferatezza un rischio che non possiamo sottovalutare è che – accanto ai tanti che si sentono chiamati all’opera di costruire la pace – parte dell’opinione pubblica rimanga come assuefatta, che la sofferenza di milioni di esseri umani non scuota più le coscienze.

Non aspiriamo soltanto a una interruzione nelle violenze: non possiamo sentircene appagati. Aspiriamo a una condizione che faccia riprendere ai popoli uno stabile percorso di pace e di collaborazione nella vita del mondo.

A fare le spese di un mondo nel quale la convivenza pacifica è messa così in pericolo, sono sempre i più vulnerabili, soprattutto bambini e giovani, Non è accettabile che venga sottratto il futuro a intere generazioni.

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Spesso a pagare un prezzo alto nelle guerre sono le comunità cristiane, prese di mira per il ruolo di stabilizzazione e di moderazione che tradizionalmente esercitano, in particolare nel Vicino Oriente.

È un quadro allarmante, Santità, che contrasta con le aspirazioni dei cittadini di ogni popolo. I suoi riflessi non risparmiano neppure le nostre società, alle prese con frequenti fenomeni di polarizzazione, di integralismo, di emarginazione dei poveri e degli svantaggiati.

Vecchie e nuove povertà si contrappongono nel mondo a ricchezze sempre più smisurate.

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Interpellano le coscienze i richiami di Vostra Santità alla povertà dei molti, come esito di ingiustizie interne e di squilibri internazionali; così come i richiami alla necessità di sviluppare un nuovo umanesimo, di fronte alla sfida dell’intelligenza artificiale, e l’incessante Sua esortazione alla ricerca di autentici percorsi di riconciliazione.

Punti di riferimento chiari e coinvolgenti, tesi a realizzare società umane nelle quali il rispetto dei diritti di ciascuno, il contemperamento delle disparità, l’uguaglianza nelle possibilità siano cardine per il perseguimento del bene comune.

Le esprimo, Santità, la riconoscenza più alta per l’insegnamento e l’orizzonte presentati dalla Dilexi te, l’Esortazione Apostolica diffusa nei giorni scorsi, che sollecita all’indispensabile trasformazione di mentalità.

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Non vogliamo arrenderci alla prospettiva di una società dominata da oligarchi o, meglio, da privilegiati, in base al censo, alla spregiudicatezza, all’indifferenza verso gli altri, che si profila rimuovendo i valori di uguaglianza, di solidarietà, di libertà.

Accanto a questi – in contrasto con tante generose iniziative, anche in Italia – vi sono fenomeni sovente mossi dalla paura dello sconosciuto, dall’arroccamento di fronte a processi strutturali di rilevanza globale che stanno modificando le nostre realtà: il cambiamento climatico, le migrazioni, lo stesso uso delle nuove tecnologie.

Processi che richiederebbero, al contrario, nella vita internazionale, un deciso recupero dei valori della convivenza e del dialogo. Valori che consentirebbero di gestire questi fenomeni ordinatamente e con spirito cooperativo, impegnandosi a non lasciare nessuno indietro, preservando così la dignità di ciascuno e il benessere della società.

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Un’indicazione di grande significato proviene dall’Europa e dalla sua storica svolta che ha visto popoli che si erano a lungo duramente combattuti raccogliersi insieme intorno ai principi di pace e di collaborazione per un futuro comune. 

Un nucleo di valori, che, nei padri fondatori – molti di formazione cristiana – ha trovato ispirazione nel rispetto della dignità di ogni persona, della solidarietà, della giustizia, e che costituisce l’anima delle nostre democrazie, intese non soltanto come rispetto delle “regole del gioco”, ma nella essenza più profonda di garanzia di libertà, uguaglianza, partecipazione. Tutti antidoti alla contrapposizione irriducibile, ai conflitti di ogni genere, alla guerra.

Come ricordò Pio XII, nel suo storico messaggio del Natale 1944, l’ordine democratico include l’unità del genere umano e – come disse – “da questo principio deriva l’avvenire della pace”.

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Si tratta di un appello a bandire per sempre la guerra come mezzo per risolvere le controversie.

Un appello che, attraverso il magistero dei Pontefici che si sono susseguiti da allora ad oggi, trova in Vostra Santità un nuovo instancabile messaggero, come dimostra il Suo primo intervento dalla Loggia delle Benedizioni.

Una pace – come Ella ha sottolineato – che “comincia da ognuno di noi”: per questo è così essenziale disarmare gli animi e disarmare le parole.

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In questo una responsabilità specifica spetta ai decisori politici e a quanti influenzano l’opinione pubblica, nel rifuggire dall’esaltazione dei contrasti piuttosto che nel coltivare dialogo e reciproca comprensione.

Santità,

in un contesto internazionale in cui sono presenti ostentazioni di un pericoloso spregio del diritto, è significativo che la relazione fra la Repubblica e la Chiesa in Italia si basi su una cornice di regole condivise e rispettate da ambo le parti.

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I Patti Lateranensi, che, nel 1929, misero fine alla cosiddetta “questione romana” e che furono inseriti, nel 1947, dall’Assemblea Costituente nella Costituzione repubblicana, l’Accordo che, nel 1984, ha pienamente allineato quadro pattizio, disposizioni della Carta fondamentale d’Italia e sviluppi promossi dalla Chiesa con il Concilio Vaticano II.

Il nuovo Accordo, riflettendo una concezione matura ed equilibrata dei rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica, afferma una piena libertà di religione e di coscienza, condizione perché la persona possa manifestare la sua dignità e, con essa, la sua vocazione all’affermazione della propria autonomia e responsabilità.

La cornice pattizia invera ancora oggi la fruttuosa alleanza tra Chiesa Cattolica e Stato italiano, “ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani”, ma uniti nel comune obiettivo di tutelare e accrescere il bene comune.

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La solidità del rapporto con la Chiesa cattolica ha significato per l’Italia – e tengo a ricordarlo in questa occasione – un rafforzamento del patrimonio vitale e indivisibile dell’unità nazionale, accrescendo la coesione del nostro popolo, contribuendo alla consapevolezza della responsabilità che ciascuno reca verso la comunità in cui vive.

La Chiesa cattolica ha svolto e continua a svolgere un’azione mirabile a sostegno delle frange più deboli della popolazione. E per questo Le siamo profondamente grati.

Un impegno che vediamo, quotidianamente, promuovere opere sociali di grande valore, accoglienza ai migranti, impegno per la legalità.

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Beatissimo Padre,

Grazie per la Sua visita. Sono certo di interpretare sentimenti unanimi, esprimendo sostegno e solidarietà alla Sua azione, in un contesto internazionale così difficile e travagliato.

Formulo gli auguri più sinceri, a nome di tutte le italiane e tutti gli italiani, oltre che miei personali, per un fecondo Pontificato e per il benessere spirituale e personale della Santità Vostra.   

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