Giorgia Meloni torna a parlare agli Stati Uniti e lo fa con toni che confermano la sua crescente sintonia con la destra trumpiana. In un videomessaggio inviato al galà per il 50° anniversario della National Italian American Foundation (Niaf), la premier ha affermato che «Stati Uniti e Italia insieme non sono solo alleati ma sono le colonne del mondo libero». Parole che ribadiscono una visione rigidamente schierata, dove il mondo è diviso tra “liberi” e “nemici della libertà”, secondo uno schema tipicamente reazionario.
Meloni ha poi spiegato di non aver potuto partecipare di persona alla cerimonia perché «ci sono troppe cose da fare qui per il Paese che tutti amiamo», frase che suona come un esercizio di patriottismo di maniera, volto a rafforzare l’immagine di una leader impegnata e devota alla nazione.
Ma il passaggio politicamente più significativo è arrivato quando la premier ha denunciato che «ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Con queste parole, Meloni si inserisce pienamente nella narrativa della destra radicale americana, che usa il termine “woke” come spauracchio contro ogni forma di progresso sociale e culturale. L’attacco alla cosiddetta “cultura woke” diventa così un modo per delegittimare le battaglie per l’uguaglianza, i diritti civili e la revisione critica del passato coloniale e razzista.
La premier ha aggiunto che si tratta di «un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione», promettendo che «non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare». Difendendo una festa sempre più contestata negli Stati Uniti per il suo legame con la figura di Cristoforo Colombo e con la violenza coloniale, Meloni mostra di preferire la conservazione del mito alla riflessione storica.
A rafforzare questa impostazione, la premier ha voluto ringraziare esplicitamente Donald Trump «per aver ripristinato quest’anno la celebrazione», citando la «bellissima proclamazione che il presidente Trump ha fatto la scorsa settimana». Nel riportare le parole dell’ex presidente — «Mentre celebriamo l’eredità di Colombo, riconosciamo anche il contributo degli innumerevoli italoamericani che, come lui, hanno contribuito incessantemente alla nostra cultura e al nostro stile di vita. Ancora oggi, gli Stati Uniti e l’Italia condividono un legame speciale radicato nei valori senza tempo della fede, della famiglia e della libertà» — Meloni ha commentato: «Ben detto, Presidente Trump, grazie».
Un ringraziamento che va oltre la cortesia diplomatica e che segna un evidente allineamento politico. Trump, non a caso, ha ricambiato rilanciando sul suo social Truth un video di Meloni e un post che la elogia: «Giorgia Meloni sfida l’Ue e cerca di ottenere un accordo commerciale diretto con Trump. Ben fatto Meloni. È una mossa brillante», scrive l’utente LynneP, in un messaggio che l’ex presidente ha voluto amplificare personalmente.
In questo scambio di consensi, Meloni appare sempre più come una figura subordinata al modello trumpiano: stessa retorica identitaria, stesso linguaggio contro i “nemici interni” della nazione, stessa ostilità verso i movimenti sociali. Dietro la celebrazione del legame italoamericano, si delinea un patto ideologico tra due destre che si nutrono di nostalgia e contrapposizione, più che di visione e dialogo.
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