Meloni, sconfitta morale ed etica: la Libia arresta Almasri, il torturatore che l’Italia aveva lasciato libero
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Meloni, sconfitta morale ed etica: la Libia arresta Almasri, il torturatore che l’Italia aveva lasciato libero

Una figuraccia internazionale, un insulto alle vittime e un colpo pesante alla credibilità dell’Italia sul piano del diritto internazionale.

Meloni, sconfitta morale ed etica: la Libia arresta Almasri, il torturatore che l’Italia aveva lasciato libero
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5 Novembre 2025 - 19.01


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Una figuraccia internazionale, un insulto alle vittime e un colpo pesante alla credibilità dell’Italia sul piano del diritto internazionale. L’arresto in Libia del generale Osama Njeem Almasri, accusato di tortura e omicidio nel carcere di Mitiga, segna non solo la fine di una latitanza, ma anche la resa dell’Italia di fronte ai propri doveri morali e giuridici.

Meloni aveva promesso di dare la caccia a tutti i trafficanti di esseri umani “del globo terracqueo”, eppure quando ne ha avuto uno tra le mani — un uomo accusato dei peggiori crimini contro l’umanità — ha scelto di lasciarlo andare. Non per un errore tecnico, ma per calcolo politico. Per convenienza.

Almasri, già capo della polizia giudiziaria di Tripoli, era stato fermato in Italia ma poi rilasciato, nonostante su di lui pendesse un mandato di cattura della Corte penale internazionale. Il governo ha assicurato al Parlamento che non vi fossero elementi per trattenerlo.

Una versione che oggi, alla luce dell’arresto eseguito a Tripoli su mandato della stessa Corte, si rivela semplicemente falsa. Meloni e il suo esecutivo hanno mentito, scaricando la responsabilità su presunti cavilli giuridici per coprire una scelta politica chiara: non compromettere i rapporti con le autorità libiche e non aprire un caso che avrebbe messo in imbarazzo la linea dei “porti chiusi” e della cooperazione con le milizie di Tripoli.

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A rendere il quadro ancora più grave è il fatto che il Tribunale dei ministri, dopo aver esaminato il caso, ha ravvisato possibili ipotesi di reato e chiesto al Parlamento l’autorizzazione a procedere contro alcuni esponenti del governo. Una richiesta respinta dalla maggioranza, che ha così scelto di proteggere i propri ministri invece di consentire alla giustizia di fare il suo corso. Non solo dunque l’Italia ha lasciato fuggire un presunto criminale di guerra, ma i membri del governo Meloni si sono anche sottratti all’accertamento giudiziario sulle proprie responsabilità dirette.

Il risultato è stato devastante. L’Italia ha perso prestigio davanti alla Corte penale internazionale, che non ha mancato di sottolineare come Roma non abbia rispettato gli obblighi derivanti dallo Statuto di Roma. Mentre l’Unione Europea tenta di rafforzare la cooperazione con l’Aia, il governo Meloni — sotto pressione di Fratelli d’Italia e della Lega — studia invece norme per ridurre o annullare i doveri di collaborazione con la giustizia internazionale. Una scelta miope e autolesionista, che rischia di isolare ulteriormente il nostro Paese e di minare la nostra posizione nelle istituzioni europee.

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L’immagine è paradossale e insieme tragica: l’Italia, patria del diritto e della civiltà giuridica, ha liberato un uomo accusato di crimini di guerra, mentre la Libia — un Paese dove lo stato di diritto è fragile e intermittente — lo ha arrestato e posto sotto indagine, in collaborazione con la Corte penale internazionale. È la misura esatta del nostro declino morale e diplomatico.

L’arresto di Almasri a Tripoli rappresenta un atto di giustizia tardiva, ma anche un atto d’accusa nei confronti di chi, in Italia, ha scelto di guardare altrove. È una figuraccia internazionale che segna la distanza abissale tra le parole e i fatti di un governo che si vanta di difendere la legalità, ma che nei fatti la piega ai propri interessi politici. Ed è, soprattutto, un’offesa alle vittime delle torture nei centri libici, molti dei quali finanziati e sostenuti, anche indirettamente, con fondi italiani.

Mentre a Tripoli un generale accusato di atrocità finisce in manette, a Roma resta il silenzio imbarazzato di chi ha tradito la promessa di giustizia. E ha trascinato con sé la credibilità dell’Italia.

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