Dopo tre anni di governo, ci sono ancora persone che attribuiscono al governo Meloni l’intento di perseguire l’obiettivo (erroneamente identificato con la politica interna del fascismo storico) riassumibile nello slogan “legge e ordine”.
In realtà, il governo di Giorgia Meloni sembra avere un disegno politico molto chiaro, che ha senz’altro a che fare con l’ordine, ma poco con la legge, e che sta mettendo in atto attraverso due strategie fondamentali: garantire l’impunità alle classi dirigenti, e avviare la democrazia verso una torsione autoritaria.
Dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti che il ministro della giustizia, Carlo Nordio, più che a Paolo Borsellino, si ispira a Silvio Berlusconi. Dall’avvisare preventivamente chi deve essere arrestato, alla limitazione dell’uso delle intercettazioni telefoniche, dall’eliminazione dell’abuso di ufficio, alla proposta di avvisare preventivamente anche chi deve essere perquisito, emerge chiaramente che “legge e ordine” non sono gli ideali regolativi del ministro.
Per i nostalgici o sedicenti tali, poi, conviene precisare che, al di là della propaganda, il ventennio fu l’epoca dell’ordine garantito dalla violenza, non dalla legge, in un contesto di assoluta corruttela, impunità e malaffare delle classi dirigenti.
E proprio quest’ultimo punto sembra stare a cuore anche ai meloniani, che, mentre cancellano i reati per i colletti bianchi (vedi l’abuso d’ufficio), moltiplicano quelli della criminalità comune: dai rave party, all’eco-attivismo, dai blocchi stradali alle truffe agli anziani, passando perfino per l’per l’“omicidio nautico”. Come se prima di questo epocale intervento legislativo fosse stato legale truffare un anziano o uccidere qualcuno su una barca.
Insomma, il richiamo alla legalità, all’ordine e alla sicurezza si può derubricare a semplice fumo negli occhi dei poveri elettori, indotti a scambiare queste iniziative con una stretta contro il crimine.
Anche l’intento di sottoporre la magistratura all’esecutivo – presagio che emerge dall’attuale riforma sulla separazione delle carriere dei pubblici ministeri e dei giudici, oltre che dai continui attacchi che la presidente del consiglio Meloni scaglia contro la
Magistratura – suscita il timore che questo governo persegua sì l’ordine, inteso come gestione autoritaria del potere, ma molto meno la legge. Soprattutto quella che vale per tutti.
D’altronde, l’ostilità della destra verso qualsiasi forma di controllo terzo sull’operato dell’esecutivo – indirizzo programmatico evidentemente in profonda continuità col fascismo come categoria storico-politica – ha ben poco di legalitario.
E ancora: Giorgia Meloni ha recentemente definito “intollerabile” la presunta “invadenza” della Corte dei Conti e della magistratura nel campo d’azione del governo: un’affermazione che, se fosse pronunciata da un comune cittadino, sarebbe considerata ai limiti dell’eversione.
Come ogni persona democratica sa, la Costituzione è una magistrale opera di bilanciamento dei poteri dello Stato, finalizzata proprio ad evitare che uno di essi – in genere il governo – superi i limiti delle proprie competenze.
La democrazia per funzionare ha bisogno di corpi intermedi, di poteri di controllo, di procedure da rispettare.
Il rapporto diretto fra un leader e il popolo, derivato dalla presunta investitura “assoluta” del popolo nei confronti del governo, cioè sciolta da ogni forma di controllo, è molto più vicino alla cosiddetta “democrazia illiberale” di Orban, che non alla democrazia liberale italiana. Altro che “legge e ordine”: illegalità e disordine.
Si spera che gli elettori di Fratelli d’Italia, almeno quelli che credono davvero nella legge e nell’ordine, se ne rendano conto.
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