Vannacci senza freni: normalizza le Leggi Razziali fasciste e minimizza il delitto Matteotti

Roberto Vannacci, generale diventato europarlamentare della Lega, vicesegretario del partito di Salvini, ha deciso di celebrare l’anniversario delle leggi razziali fasciste

Vannacci senza freni: normalizza le Leggi Razziali fasciste e minimizza il delitto Matteotti
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10 Novembre 2025 - 12.03


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È il 9 novembre 2025 e l’Italia si sveglia con un pugno nello stomaco. Roberto Vannacci, generale diventato europarlamentare della Lega, vicesegretario del partito di Salvini, ha deciso di celebrare l’anniversario delle leggi razziali fasciste regalando al Paese una lezione di storia scritta non al contrario ma a capocchia.

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Il post su Facebook è lunghissimo, titolato “Ripetizioni per chi la storia l’ha studiata nei manuali del Pd”, e dentro c’è di tutto: la Marcia su Roma ridotta a “poco più di una manifestazione di piazza”, l’omicidio Matteotti trasformato in un dettaglio, il fascismo fino al 1938 dipinto come un regime perfettamente legale che rispettava le regole del Regno.

Ma la frase che fa deflagrare l’indignazione è una sola, una riga che pesa come un macigno:
«Tutte le principali leggi, dalla riforma elettorale del 1923 alle norme sul partito unico, fino alle stesse leggi del 1938, furono approvate dal Parlamento e promulgate dal Re, secondo le procedure previste dalla legge».

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Leggete bene: le leggi del 1938. Quelle che cacciarono gli ebrei dalle scuole, dagli impieghi pubblici, dalle professioni, dalle case, dalla vita. Quelle che prepararono il terreno alla deportazione di 7.680 italiani verso Auschwitz e gli altri campi di sterminio. Quelle che il 10 novembre 1938 Vittorio Emanuele III firmò con la stessa penna usata per firmare il Gran Consiglio del Fascismo.

Vannacci le mette nello stesso calderone della riforma elettorale del 1923, come se fossero semplici atti amministrativi, come se la legalità formale bastasse a lavare il sangue.

Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, non ci sta e usa parole che tagliano come lame: «Vergognose. SS e alleati fascisti hanno sterminato gli ebrei giustificandosi con il rispetto di ordini e decreti».

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Francesco Verducci, senatore Pd, va dritto al punto: «Revisionismo falso, subdolo e inaccettabile. Salvini cacci Vannacci da vicesegretario, subito». Alleanza Verdi-Sinistra parla di «provocazioni fasciste» e chiede l’espulsione dal Parlamento europeo. Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, non commenta direttamente ma il suo silenzio pesa più di mille parole: ha già visto tutto questo, ottantasette anni fa.

Intanto la Lega tace. Salvini non scrive una riga, Giorgetti guarda altrove, Zaia si nasconde dietro il prosecco, Fedriga dietro la nebbia friulana. Nessuno prende le distanze dal proprio vicesegretario che paragona le leggi razziali a una leggina sul catasto. Il partito che sventola il crocifisso e la Madonna di Pontida oggi lascia correre chi riabilita il regime che mandò gli ebrei italiani a morire.

È la stessa Lega che voleva il museo del fascismo a Predappio, la stessa che ha accolto nei suoi ranghi nostalgici di Salò, la stessa che oggi ha un vicesegretario che scrive che il fascismo era legale fino a quando non ha deciso di sterminare.

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E poi arriva il colpo di grazia: sotto il post di Vannacci compare il commento di Caio Giulio Cesare Mussolini, pronipote del Duce, che ripete quasi alla lettera la stessa frase: «Tutte le leggi a partire da quelle ‘fascistissime’, anche le famigerate e odiose leggi razziali, erano approvate dal Parlamento e firmate dal re».

Due righe identiche, due cognomi che pesano come macigni, due generazioni che si stringono la mano sopra le fosse comuni di Auschwitz-Birkenau.

Vannacci non arretra di un millimetro: «Spesso la verità è scomoda e i fatti da me riportati sono poco contestabili». Poi aggiunge, con quel ghigno che ormai conosciamo tutti: «Se continuano queste polemiche il mio prossimo libro sarà intitolato La storia al contrario».

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Già, perché per lui la storia è al contrario: i persecutori diventano vittime della cancel culture, i carnefici diventano statisti che rispettavano le procedure, gli ebrei che finirono nei forni diventano un dettaglio burocratico.

Su X il post diventa virale in poche ore. #VannacciFascista schizza in tendenza, le foto di Piazzale Loreto tornano a girare, qualcuno posta la firma di Vittorio Emanuele III sotto il regio decreto, qualcuno ricorda che proprio il 10 novembre 1938 gli ebrei italiani persero la cittadinanza.

I commenti sono un fiume di rabbia: «Vergogna», «Fascista», «Fuori dall’Italia», «Salvini rispondi». Ma Salvini non risponde. La Lega non risponde. L’Italia che dovrebbe ricordare tace, o peggio, lascia che un generale in doppiopetto riscriva la sua vergogna più grande.

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Questa non è una polemica politica. È un oltraggio alla memoria di 7.680 italiani che non tornarono più. È un insulto a Liliana Segre, a Primo Levi, a tutti quelli che portarono il triangolo rosso cucito sulla giacca. È la prova che il fascismo non è mai morto, si è solo messo la cravatta e ha imparato a usare Facebook.

Ottantasette anni dopo quelle firme, c’è un vicesegretario della Lega che ci spiega che era tutto legale.

La storia non è al contrario, generale Vannacci. La storia è questa: voi siete dalla parte sbagliata. Sempre.

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