Massimo D’Alema torna sulla scena politica con un appello destinato a far rumore. L’ex presidente del Consiglio vede nel momento attuale una deriva che ricorda le fasi più delicate della storia repubblicana e invita le opposizioni a ritrovare la capacità di unire ciò che oggi appare disperso. Un ritorno esplicito al modello dell’Ulivo, non come nostalgia ma come metodo: costruire un campo largo, plurale, capace di incidere.
In un’intervista a la Repubblica, D’Alema sostiene la necessità di un “manifesto delle opposizioni” che restituisca coerenza a un fronte frammentato. Un documento — spiegano fonti vicine al progetto — che definirà un’agenda comune: dalla difesa del lavoro dignitoso e dei diritti sociali alla parità di genere, dalla transizione ecologica alla necessità di rilanciare il percorso europeo su basi federali, fino a un impegno concreto contro la corruzione sistemica. Obiettivi che, secondo l’ex premier, devono diventare la piattaforma condivisa per chiunque voglia contrastare l’attuale maggioranza.
Il riferimento al pensiero del politologo ugandese Mahmood Mamdani non è ornamentale. D’Alema vede nella lettura postcoloniale dell’intellettuale africano una chiave per interpretare il presente europeo: “La decolonizzazione non è finita”, afferma, denunciando come le politiche migratorie dell’Unione continuino a riprodurre logiche di dominio. Un tema che, a suo avviso, deve essere affrontato non con la retorica emergenziale, ma riconoscendo una responsabilità storica dell’Europa.
L’ex presidente del Consiglio attacca apertamente il governo Meloni, accusandolo di aver indebolito i contrappesi democratici e di aver alimentato un clima politico “avvelenato”, nel quale i conflitti istituzionali diventano routine e il pluralismo mediatico si restringe.
Da qui la necessità — insiste D’Alema — di una risposta compatta. Non un’alleanza elettorale improvvisata, ma un progetto politico riconoscibile, strutturato e capace di parlare al Paese “con una voce sola”. «L’Ulivo non è un’epoca andata, è un metodo ancora attuale. E può tornare a essere la base per ricostruire una speranza progressista».
Nelle prossime settimane, il manifesto dovrebbe entrare nella sua fase pubblica, con una serie di incontri e confronti che coinvolgeranno partiti, movimenti, amministratori locali e realtà civiche. D’Alema, nel ruolo di “padre nobile”, punta a trasformare un’idea in un cantiere concreto: una nuova casa comune delle opposizioni, stavolta con uno sguardo che va oltre i confini nazionali.