“Chi non salta comunista è”: il teatrino di Meloni a Napoli diventa un insulto al Sud
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“Chi non salta comunista è”: il teatrino di Meloni a Napoli diventa un insulto al Sud

Nell'osceno balletto dettato dall'osceno e anacronistico motivo di "Chi non salta comunista è!", che ha visto protagonista la Meloni, ci ho visto un sostanziale oltraggio, un'offesa a Napoli.

“Chi non salta comunista è”: il teatrino di Meloni a Napoli diventa un insulto al Sud
Giorgia Meloni
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

15 Novembre 2025 - 11.05


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Nell’osceno balletto dettato dall’osceno e anacronistico motivo di “Chi non salta comunista è!”, che ha visto protagonista la Meloni, ci ho visto un sostanziale oltraggio, un’offesa a Napoli. E siccome Napoli, con Palermo, è la capitale del Sud, un’offesa a tutto il Meridione.

Oscena “l’etoile Meloni”, ancor di più i componenti del corpo di ballo che sul palco di Napoli non potevano non seguire, con passo ruffiano, il gesto del presidente del Consiglio. Come Tajani che all’osceno ha accoppiato il comico, non avendo, certo, il fisico più adatto per lanciarsi in un ballo, seppure non impegnativo.

Quel ballo – ennesimo segno di come la Meloni intenda il suo ruolo istituzionale – è un’ offesa a Napoli perché Napoli è teatro, ma non è un teatrino. E alla Meloni andrebbe spiegata la profonda differenza tra teatro e teatrino. E a Napoli è facile spiegarle cos’è teatro. E dovrebbe impararla la differenza se vuole iniziare a masticare cultura per opporsi a quella egemonia di chi, però, ha studiato, letto, scritto, elaborato qualcosa che ha saputo volare sopra la mera propaganda dispiegata al livello più basso.

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Va detto che anche per scimmiottare ci vuole mestiere, e quel che fa la Meloni non è paragonabile al costante teatrino imposto all’America da Trump. Scimmiottare la scimmia ha un costo, in qualità, scimmiottare abbassa ulteriormente il livello di tutto, ci si sporca nella polvere e nel fango.

Napoli è teatro, un grande e nobile teatro, con protagonista assoluto un popolo che ha sofferto e che soffre, che ha avuto coraggio ( Le dicono niente, presidente, “Le quattro giornate”?), che ha pagato e paga per errori lontani nel tempo, certo, ma che non escludono quelli che ha fatto e stanno facendo la Meloni e il suo corpo di ballo, comprese le maschere del teatrino locale. Napoli, tutto il Sud sono ogni giorno più poveri. Lo dicono i numeri, i giovani se ne vanno, la loro formazione al Nord e all’estero comporta una fuga di soldi, spesso di risparmi, e loro, le loro professionalità non torneranno. Due volte povera Napoli, due volte povero il Sud.

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Napoli e il Sud non hanno bisogno di scalcagnate compagnie di avanspettacolo, non hanno bisogno di cappellini che scimmiottano Trump, non hanno bisogno di Maria Rosaria Boccia e del suo sponsor Bandecchi, certo non di Rita De Crescenzo. Da tutta la politica si richiede responsabilità, impegno. Oggi appare arduo chiederlo alla destra vista sul palco di Napoli, è doveroso pretenderlo dagli altri. Un’ultima cosa va detta sulla sgangherata campagna elettorale che Meloni e compagnia bella hanno fatto a Napoli: poco valgono le critiche elettorali alla barca di Fico se poi non si punta il dito sulle barche di chi cumula milioni su milioni evadendo il fisco ed è ogni giorno rassicurato: le sue ricchezze non saranno mai intaccate da norme che pensino ad un riequilibrio sociale. Così continuando, la sua barca sarà ogni anno più lunga, e più corto il respiro di Napoli e del Sud.

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