La destra post-fascista tenta di 'reclutare' Pasolini: un convegno forzato che ignora il suo pensiero autentico

Il 25 novembre, a Roma, presso la Biblioteca del Senato, si terrà uno spregiudicato convegno dal titolo “Pasolini conservatore”, promosso dalla Fondazione Alleanza Nazionale, naturalmente in collaborazione con l’autorevole Secolo d’Italia

La destra post-fascista tenta di 'reclutare' Pasolini: un convegno forzato che ignora il suo pensiero autentico
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Giovanna Musilli Modifica articolo

17 Novembre 2025 - 12.29


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Che la destra italiana sia sostanzialmente priva di riferimenti culturali è cosa nota. D’altronde rivendicare l’eredità culturale di Giovanni Gentile, o di Alfredo Rocco, pare brutto. C’è quell’indimenticato statista di Giorgio Almirante, ma parliamo pur sempre di chi fu segretario di redazione della rivista fascista “La difesa della razza” e funzionario della Repubblica di Salò, per di più mai pentito. Certo, D’Annunzio sarebbe una preda facile, ma già troppo compromesso. Il futurismo, troppo di nicchia. Giordano Bruno Guerri e Marcello Veneziani, evidentemente, paiono un po’ poco perfino a Giorgia Meloni. Franco Cardini, troppo eterodosso. Rimane l’appropriazione della letteratura fantasy – vedasi la mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma dedicata a Tolkien – ma i risultati in termini di credibilità culturale hanno lasciato un po’ a desiderare.

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Perciò, non resta che rivolgersi dove la cultura c’era davvero, cioè a sinistra. Non la sinistra neoliberista dei nostri tempi, ma quella vera, di una volta. Ed ecco da dove deriva l’improvvido tentativo di impossessarsi financo dell’intellettuale marxista forse più famoso nell’Italia della prima repubblica: Pier Paolo Pasolini.

Il 25 novembre, a Roma, presso la Biblioteca del Senato, si terrà uno spregiudicato convegno dal titolo “Pasolini conservatore”, promosso dalla Fondazione Alleanza Nazionale, naturalmente in collaborazione con l’autorevole Secolo d’Italia dell’illuminato direttore editoriale Italo Bocchino. Al prestigioso evento prenderà parte il gotha degli intellettuali di destra: il deputato e presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, il direttore del Comitato Scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale Francesco Giubilei, e il deputato e vicepresidente della stessa Fondazione Antonio Giordano. Modererà la giornalista Annalisa Terranova, nota al pubblico per le sue intemerate a Otto e Mezzo, in cui viene invitata solitamente per difendere l’indifendibile. Dulcis in fundo a tirare le somme, in spregio al senso del limite, sarà il presidente del senato Ignazio La Russa. Mica da ridere.

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Ci saranno poi gli interventi del deputato Alessandro Amorese, di Paolo Armellini, docente della Sapienza Università di Roma, della presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia Gabriella Buontempo, ex moglie del suddetto Bocchino, dello scrittore Andrea Di Consoli, del caporedattore Cultura de Il Giornale Alessandro Gnocchi, e dello scrittore tradizionalista cattolico Camillo Langone. 

Si presume, per decoro, che siano tutti studiosi del pensiero pasoliniano da anni e anni, naturalmente. Perché poi, nell’anno del cinquantesimo anniversario della morte di Pasolini, non intervenga al convegno del Senato una nutrita rappresentanza di professori universitari o scrittori esperti di Pasolini, lo possiamo solo supporre. 

In realtà, il tentativo non è nuovo: già nel 1988 la Federazione romana del Movimento sociale italiano guidata da Teodoro Buontempo aveva organizzato alcuni incontri pasoliniani, finalizzati a una rilettura (fuorviante) di un intellettuale che è sempre sfuggito a etichette troppo rigide. 

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In ogni caso, non si può certo mettere in dubbio che il leitmotiv del pensiero pasoliniano sia stata la difesa degli emarginati, dei poveri, dei dimenticati dalla società, insieme alla fine quanto tagliente critica alla società capitalistica dei consumi. Si aggiunga poi il celeberrimo j’accuse apparso nel 1974 sul Corriere della Sera (Io so. Ma non ho le prove) nei confronti delle connivenze delle classi dirigenti conservatrici colluse con la strategia della tensione e con la protezione di criminali neofascisti e neonazisti (coadiuvata dai servizi segreti d’oltreoceano) atta a tenere in piedi l’ipotesi di un colpo di stato, pur di contrastare l’avanzata elettorale del PCI. 

Ora, al netto di quel minimo di sincera pena rivolta a una classe dirigente evidentemente afflitta da un complesso di inferiorità culturale molto più profondo di quanto non sembri, ci sarebbe da capire quali siano le ragioni, gli agganci testuali, e le arrampicate sugli specchi con cui verrà condotta un’operazione tanto spericolata. 

A naso, azzardiamo qualche ipotesi. Probabilmente, qualche sottile interprete del caso, farà riferimento alle parole di Pasolini nei confronti degli studenti e degli operai in occasione della battaglia di Valle Giulia della primavera 1968, teorizzando un Pasolini paladino delle forze dell’ordine. Il che sarebbe un fraintendimento assoluto del suo pensiero. In quell’occasione, infatti, Pasolini non fece altro che denunciare, una volta in più, il conflitto di classe, l’insuperabile distanza fra benessere socioeconomico e condizione sociale senza possibilità di riscatto. Ergo, anche allora disse semplicemente ciò che solo un marxista raffinato come lui avrebbe potuto dire, e cioè che la vera battaglia non avrebbe dovuto essere quella fra poliziotti, operai e studenti, ma quella degli ultimi contro i potenti. 

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Anche lo struggente richiamo pasoliniano alla dimensione ancestrale del sacro, da ricercare nell’arcaico mondo contadino, autentico e non (ancora) contaminato dal consumismo capitalistico e dalle ideologie borghesi del profitto – per quanto afferente a una sorta di “destra spirituale” – non va inteso come un riferimento politico, ma come “la destra sublime che è in noi”, come ebbe a dire Pasolini stesso, a due settimane dalla morte, in un liceo di Lecce. Anche in questo caso, il lessico provocatorio non deve indurre in errore. Pasolini non rivendicava nessuna forma conservatorismo morale, né tantomeno vagheggiava un passato mitico e perduto contro il progresso civile. Gli strali polemici erano sempre indirizzati contro gli stessi obiettivi: la società capitalistica dei consumi, la reificazione dell’essere umano, il dominio del pensiero calcolante, lo svuotamento valoriale in nome del dio-denaro. 

Insomma, cosa c’entri la destra di Fratelli d’Italia – che peraltro non fa mistero di richiamarsi al Movimento sociale italiano, per la verità rivisitato in salsa turboliberista e atlantista – non sembra del tutto comprensibile. Ma siamo certi che emergerà indubitabilmente dal luminoso eloquio di Ignazio La Russa. 

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